Approfondimenti » 26/06/2013
Dove eravamo tutti? Di Mimmo Tardio
Assistere ad un fresco albeggiare, in una mattina di febbraio 2013, il sole è una lontananza pallida; provare a disperdere una inquieta notte di pensieri, con nel cuore una nuova ambascia, per noi “ammalati” dell’idea d’una buona politica.
Provare un’amara sorpresa per il terremoto politico di questo 25 febbraio 2013, pensare che non era poi del tutto inaspettato. Pensare a lungo, per discernere e meglio focalizzare, come quando ti trascini dentro un rovello lontano, (ammettere ancora una volta che è dei poeti e dei grandi artisti la grazia del tutto laica della chiaroveggenza e che forse, già per tutti, Pier Paolo Pasolini, aveva già visto e scritto tutto, del paese senza speranza e senza lucciole, aggiunge l’ennesima inquietudine alla questione…). E non trovare intorno che blande parole, un ormai consueto cicaleccio, effimero e supponente, talora urlato, sempre chiuso nella lingua ormai imperante dei porta a porta o delle menate finto radicali dei Toquemada Santoro e Travaglio… Far scorrere gli inquietanti frames di questa sordida scena nella quale tutto è malagrazia distonica, intrisa spesso d’urla e improperi, di scialbe figure (il nuovo che avanza !), alle quali talora pietire almeno un qualche più conchiuso pensiero o comunque delle idee sul mondo e avvertirli sempre contrari, come per ostentata superiorità morale, provare allora ad opporre una qualche dialettica, aspra ma almeno costruttiva, appare a tanti di noi impresa quasi disperata.
Reagire, certo per capire, (è il farsi nelle morsa della storia il senso dell’umana avventura, non nel ripiego dello scontato vittimismo o dell’abbandono).
Provare a discernere il grano dall’oglio, scorgere qualche barlume (“il varco è qui ?” come direbbe Eugenio Montale), leggere in tante parole gridate da loro qualche lacerto d’idee, che avverti talora anche condivisibili, anche tuoi/nostri, fuori dalle urla sgangherate o da certi supponenti e offensivi sarcasmi, che fanno male al cuore… Digerirli a fatica, provare l’angoscia e la vergogna per un fiele forse cresciuto a dismisura e quasi tutto rovesciato sulla nostra pelle, nelle nostre vene, come a rammentarci freudianamente, nostre antiche e consolidate responsabilità, che comunque ci sono, (forse per essere intesi quali padri ignobili o snaturati, per alcuni o tanti di loro, che ci giudicano sempre e comunque abietti!).
Constatare allora in questo disbrigo lungo e nervoso, che nessuna speranza sembra aprirsi, non tanto alla “vituperata “politica, quanto almeno al banale buonsenso, per quel naturale, comune, auspicabile sentirsi figli della nostra Italia… E poi riflettere più a lungo, in questa pericolosa sospensione del tutto, così che la memoria s’acconcia a riprendere le troppe opache sequenze di tanto nostro agire, talora prossimo all’inconcludenza, all’attendismo, che disfaceva, (più della stessa proverbiale Penelope), quella tela di buoni propositi che al sole artificiale dei media facevamo luccicare, in un biancore ed integrità solo apparenti.
Dove eravamo tutti e cosa abbiamo fatto, se il nostro più tintinnante pregio era diventato non spiegare e presentare troppo spesso con almeno plausibile convinzione ogni nostra scelta? Se ogni fervore preelettorale ( sempre in moto e faceto in tanti di noi, solo allora…) spandeva i suoi effetti sovente grazie a non sempre nobili portatori di voti e clientele, dotati di acclarate e doviziose clientele/parentele e famiglie … Provare a comprendere che certo servono i voti: ma con quali facce, esperienze, coerenze e poi con quali IDEE e per fare cosa, e non solo e sempre CON CHI?
Provare spesso, intemerati, a costruire e dire qualcosa a rompere la scorza d’una conveniente (?!) autoreferenzialità e accorgersi che poi non serve, non è richiesto, nonostante i tanti proclami retorici, la CULTURA, IL RINNOVAMENTO VERO, LA FORMAZIONE, L’ISTRUZIONE…..
E constatare che per tanti, anche tra noi, è tutta “roba” che non “fa mangiare”, è cibo per gli allocchi, se la luce d’una idea, d’un qualche progetto, non solo strumentale erano per tanti tra noi “foglie morte. Se una più nuova e devastante miseria, non solo economica , da tempo tracimava, noi fintamente partecipi, di fatto colpevolmente all’oscuro del tutto; e così, mentre noi spesso discettavamo degli umani destini, con la tranquilla e suicida sicumera degli attori che recitano bene la parte dei salvatori della patria, proprio mentre avanzava, dirompeva, s’accresceva, anche grazie ai nostri balbettii o al nostro ormai congenito “amletismo” il divario tra noi ed il paese reale…
Accorgersi di come troppo spesso “la politica” nella sua vulgata più in voga, è stata soprattutto alchimia cencellistica, un tot a tutti non fa male a nessuno, il gioco delle correnti e dei leaderismi (era la pratica vituperata degli allora innominabili democristiani, lo ricordate?)…
Attraversare anche l’aprile del 2013, i furori delle piazze, i contorcimenti politici, il ricorso ad un padre stanco ed addolorato, le altre urla e le offese, gli inganni in Parlamento, la finta democrazia del WEB... L’Italia che va a rotoli, senza più sagaci nocchieri…
Mentre noi del PD, discutiamo delle nostre amene cose, delle nostre belle facce politiche, degli assalti a quel che verrà…
Senza idee, però, bastano le facce e le telegenie, gli accordi e le convenienze, le cordate…
Pensare alfine, è già giugno da tempo, l’estate allontana, rimuove e addolcisce; che tornerà l’autunno senza che si sia sul serio discusso tra di noi, (“Occupiamo le sezioni”, “Vergogna”…), come spesso accade… Ed allora covarsi o illudersi attraverso un pensiero… Ovvero che io provo a tenermela ancora la mia tessera al PD, in questo giugno del 2013, non so bene ancora perché, forse per non annegare in quel qualunquismo che ho sempre odiato, forse perché sarà vero ancora oggi quel che scrisse Montale “solo questo posso dirti, ciò che non siamo, ciò che non vogliamo”, ovvero dire che rifuggo dalla mala pianta del berlusconismo, (cresciuta anche tra noi…), che non sarò mai veramente alleato di un incallito imbonitore travestito da statista e che non voglio la nostra bella Italia ancora più sprofondata dentro un pozzo nero che è figlio d’una crisi morale e culturale, prima che economica.
Me la tengo, anche per un appuntamento che potrebbe venire, sempre rimandato certo, per colpa di tutti e mia, e perché il pensarla possibile come forma di partecipazione democratica, mi serve almeno per attenuare questo disincanto che mi avvolge da troppi giorni e che solo una VERA svolta, con meno retorica e senza ipocrisia, può provare ad attenuare.
Mimmo Tardio
Foto: Domenico Summa
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