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Approfondimenti: L'amore filiale. Di Guido Giampietro



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Approfondimenti » 27/07/2013

L'amore filiale. Di Guido Giampietro

Non c’è che dire: la Cina non finisce di stupirci. Il primo luglio è entrata in vigore una legge dal titolo “Protezione dei diritti e degli interessi degli anziani”.
E subito ˗ in noi occidentali, oltre che inventori dello “ius” ˗ sono sorte spontanee le domande: si può legiferare in tema di amore filiale? Si possono porre dei paletti in un campo ˗ quello dei sentimenti ˗ che dovrebbe essere vergine come le sterminate praterie del Far West? Si possono stabilire pene e sanzioni per figli e nipoti che a quest’obbligo naturale si sottraggono?

La Cina ˗ vale a dire la Repubblica popolare ancora imbozzolata in un guscio di postcomunismo sottile quanto ali di farfalla, il Paese che condiziona l’utilizzo della Rete e di Twitter a discutibili esigenze di Stato, il Paese che tuttora pone limiti al diritto di procreazione infischiandosene del rispetto dei diritti umani ˗ di fronte al problema dell’abbandono ˗ parziale o totale, volontario o indotto ˗ dei suoi 185 milioni di anziani (!) è stato costretto a ricorrere addirittura a una legge per regolamentare un aspetto della vita universalmente disciplinato dal diritto naturale.
Una legge che introduce l’obbligo, per i figli, di visitare il padre e la madre più frequentemente e, addirittura, concede ai lavoratori venti giorni di permesso all’anno per andare a trovare i vecchi genitori che vivono molto lontano.
Ma sono previsti anche divieti che vanno dall’abbandono agli insulti, fino agli atti di violenza domestica.
In aggiunta al testo legislativo, l’Associazione nazionale per gli anziani (dipendente dal Ministero degli Affari civili) ha diffuso 24 “consigli” tra i quali quello di portare anche moglie e figli a trovare suoceri e nonni, a festeggiare i loro compleanni, a telefonare con una maggiore frequenza, ad ascoltare con attenzione i racconti dei genitori, a insegnare loro l’uso di Internet, ad andare insieme al cinema, a ricordarsi ˗ di tanto in tanto ˗ di dire loro che li amano…

Come si spiega quest’altra rivoluzione cinese? Che significato attribuirle visto che, da sempre, siamo stati abituati a considerare la Cina come una “società confuciana” nella quale il rispetto per gli anziani rientra nella cultura e nella tradizione millenaria di quel popolo?
C’è solo una risposta plausibile: questa crisi sociale è figlia di un accelerato processo di industrializzazione e di affrettate quanto improvvide “aperture di mercato” che hanno minato alla base la famiglia cinese.
Con l’aggravante che la necessità d’andare a lavorare nelle fabbriche disseminate in un territorio sconfinato hanno reso ancora più precario il mantenimento dei rapporti genitori-figli fin qui gelosamente privilegiati dalla società contadina.

Ma questa notizia “made in China” costituisce anche l’occasione per rendersi conto di come vadano le cose a casa nostra.
Si può ancora parlare, qui da noi, di “pietas” filiale”? Dove per “pietas” (la “eusébeia” della Grecia classica) i nostri progenitori romani intendevano il senso del dovere, l’affettività, la bipolarità (destinatari della “pietas” erano sia gli dei, sia gli uomini, in quanto legati da un vincolo affettivo, familiare e sociale) e la reciprocità.
Enea veniva soprannominato “il pio” non perché fosse buono e misericordioso, ma perché era non solo particolarmente devoto agli dei (come si vede dalla cieca fiducia che ripose nei loro presagi), ma anche perché incarnava perfettamente i valori di rispetto dell’unità familiare, come si legge nell’Eneide, durante la fuga da Troia, allorché si fa carico sia del figlio Ascanio, sia del padre Anchise.
Enea obbedisce sempre agli dei e al fato, mettendo in secondo piano le vicende personali come l’amore per Didone. Il motivo della “pietas” è molto evidente nelle sue gesta, come quando è alla ricerca del vecchio padre e lo porta sulle spalle mentre sono in fuga (bellissimo, al riguardo, il gruppo marmoreo di Gian Lorenzo Bernini). Qui l’atteggiamento pietoso dell’eroe troiano consiste nel rispetto dei valori tradizionali quali la famiglia, la patria e la religione.
Ma non c’è solo Virgilio a parlare d’amore filiale.
Anche Licurgo ˗ il leggendario legislatore di Sparta ˗ molto tempo prima ( IX – VIII secolo a.C.) aveva declamato questa straordinaria storia: durante un’eruzione dell’Etna un fiume di lava travolgeva uomini e cose. Tutti fuggivano terrorizzati e solo un giovane, rendendosi conto che il vecchio genitore ˗ oramai circondato dalla lava ˗ non era in condizione d’allontanarsi da solo, lo sollevò portandolo lontano da quell’inferno di fuoco. Per quel gesto d’amore si salvarono solo loro due e da quel giorno il luogo fu chiamato “luogo dei pii”.

Storie lontane anni luce dall’odierna realtà che, per il nostro Paese, coincide con quella triste di badanti provenienti preferibilmente dall’Est europeo. Con la curiosa particolarità, oramai generalizzata, che vede gli anziani assistiti da badanti-donne e le anziane da badanti-uomini.
Forse si tratta del grido silenzioso (ma non per questo meno struggente) con cui i nostri “vecchi” vogliono richiamare l’attenzione dei familiari sul bisogno di una affettività che prescinde dall’incalzare degli anni e degli acciacchi. La stessa affettività non compresa o, peggio, rifiutata proprio nel momento dell’affidamento ai badanti.
E che dire degli ospizi? Eufemisticamente nominati “case di riposo” in virtù del fatto che in quei luoghi in bianco e nero gli anziani riposano il corpo. Non certo la mente che, con un atto di pacifica ribellione contro la regola della dimenticanza, si muove senza sosta alla ricerca dei tanti momenti dedicati alle amorose cure dei figli, prima, e dei nipoti, poi.
Un “abbandono” necessario, si dirà. Indotto dai ritmi e dalle esigenze della vita moderna. Una giustificazione che regge fino a quando non saremo noi a rivestire i panni dell’anziano.

Diceva Oscar Wilde: “I figli cominciano con l’amare i genitori. Dopo un po’ li giudicano.
Raramente, se non mai, li perdonano”.
Se fosse vissuto ai giorni nostri l’aforisma sarebbe stato di gran lunga più amaro…

Guido Giampietro


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