Approfondimenti » 17/08/2013
Agosto. Di Guido Giampietro
La notte di San Lorenzo è passata oramai da una settimana e, complici le nuvole, ci ha impedito d’inseguire le scie delle stelle cadenti. Un cruccio secondario, comunque, di fronte a quello di non aver potuto esprimere nemmeno il primo della lunga lista di desideri accumulati negli ultimi undici mesi (quelli esigibili dalla Befana, ahimè, non ci appartengono più da un pezzo).
E anche un corrucciato Ferragosto se n’è andato lasciandoci insoddisfatti per la fine di un’estate da fornace e per le ferie “mordi e fuggi” che solo i più fortunati si sono potuti permettere.
Quando invece, nell’antica Roma, le “Feriae Augusti”, ovvero le feste in onore dell’imperatore Ottaviano Augusto, erano state introdotte per festeggiare non un solo giorno, ma l’intero mese che a lui era stato dedicato.
Si trattava di festeggiamenti in grande stile durante i quali si organizzavano banchetti, mercati, sagre, gare, con incluse tutte le festività religiose del mese: dalla festa della Speranza e della Guerra, a quella della Salvezza, a quella in onore di Diana, di Astrea, del dio Portuno, di Giove e Venere… Concludevano il lungo ciclo le Consualia (dedicate a Conso, il dio dei granai e degli approvvigionamenti), le Opiconsivia e, per finire, le Volturnalia.
Questa tradizione festaiola non prendeva le mosse dalla politica del “panem et circenses”, cioè dalla furbizia grazie alla quale chi governava si assicurava il consenso popolare con elargizioni economiche e la concessione di svaghi al popolo.
Le feste d’agosto della Roma imperiale, invece, si proponevano di sollevare i contadini dalle faticose dolcezze dei campi prima dell’inizio dei nuovi lavori. Così come la fiamma dei falò che rischiarava le notti dei divertimenti doveva servire a prolungare il caldo estivo e la durata delle giornate malinconicamente destinate ad accorciarsi. Mentre i bagni avevano un significato magico: l’acqua purificava il corpo e lo spirito e, al tempo stesso, ridava le energie necessarie a svolgere il duro lavoro che aspettava i contadini.
Che resta di quell’estate dei nostri lontani progenitori? A noi cittadini “normali” i risvolti di un breve momento d’ubriacatura e… scottatura collettiva. Ai signori parlamentari, invece, un periodo indecentemente lungo di vacanze ben retribuite. La Camera di Laura Boldrini, infatti, ha chiuso i battenti il 10 agosto (per trarre forse auspici dalle stelle cadenti?) e riaprirà il 6 settembre (fatti salvi estemporanei provvedimenti che dovranno essere esaminati da qualche sfigato tirato a sorte). In totale: 27 giorni di fila!
Il Senato presieduto da Piero Grasso, a sua volta, è chiuso dal 9 agosto fino al 3 settembre: 26 giorni tondi tondi. Solo uno in meno di Montecitorio, nonostante l’età media più alta. Per dovere di cronaca va però detto che il “Parlamento” siciliano manda tutti a casa per 40 giorni. Evviva!
Ma che cosa pensano di agosto scrittori e poeti? I giudizi, rispecchiando il vissuto dei singoli, non possono non essere contrastanti.
Gesualdo Bufalino, in “Diceria dell’untore”, così si esprime: “Ed io… non riesco ad amare l’estate. È un tempo di ulcere e sfregi, collerico, tracotante; il tempo che nuoce di più a chi sente avvicinarsi la fine e vorrebbe muoversi nella penombra di decenti omertà, con un ordine nei suoi pensieri, e il sangue in pace, finalmente…”.
Mentre Vincenzo Cardarelli, nella poesia “Distesa estate”, senza aggrapparsi a virgole e punti (quelli mi sono preso la libertà di metterceli io), parla di “una stagione dei densi climi, dei grandi mattini, dell’albe senza rumore; ci si risveglia come in un acquario dei giorni identici, astrali; stagione la meno dolente d’oscuramenti e di crisi, felicità degli spazi… Nessuna promessa terrena può dare pace al mio cuore quanto la certezza di sole che dal tuo cielo trabocca…”.
Con Roberto Saviano ritorna l’amarezza: “Agosto non è crudele. È feroce. Si presenta come un mese del passato e ti costringe a ricordare… Ora agosto è solo un mese di promesse non mantenute, la dimostrazione che la vita ti ha tradito e quello che ti aspettavi non arriva…”.
Per Claudio Magris, invece, “Come gli indiani nei romanzi di Cooper, anch’io indico istintivamente gli anni non come primavere ma come estati, perché è soprattutto in estate che si sente la vita”.
Torna ancora una volta l’amaro con Guido Ceronetti. “L’agosto ˗ dice ˗ è un gran vuoto civile… Ahimè, mi è toccato anche nascerci, ma in quel tempo era un mese normale… I dentisti avevano sempre i trapani al fresco… La parola stress non era ancora entrata nell’uso universale… Il medico rispondeva al telefono perfino il giorno dell’Assunta… L’agosto era una belva che si svegliava di quando in quando: sbranava qualcuno e si riaddormentava… Oggi è diventato normale, e accettato da tutti, essere sbranati dalla malignità essenziale di agosto…”.
Anche per Ceronetti, dunque, agosto è il più crudele dei mesi: quello della solitudine a vita per i vecchi. E l’Italia è un Paese dove chi abbia riguardi per gli altri è perduto, addirittura perseguitato per eccesso di civiltà!
Tutti giudizi da rispettare, nella loro positività o negatività. In particolare è vero che ad agosto è la figura dell’anziano a colpire la nostra sensibilità. L’anziano (e indigente) che, seduto accanto al bastone (o magari alle stampelle), si gode ˗ si fa per dire ˗ il carnevale del caos cittadino insieme ai propri dolori e ai rimpianti (che sono ancora più dolorosi).
Ed è anche vero che c’è la difficile estate dei disabili per i quali ci sono ancora posti off limits (a cominciare proprio dalle spiagge) e disagi a non finire. Un problema che non riguarda solo chi ha una disabilità fisica, ma anche tante famiglie con prole in passeggino e anziani non autosufficienti al seguito.
E poi ci sono i rumori. Le città sono oramai foderate nel rumore. I Comuni (e Brindisi non fa eccezione alla regola) stringono la cinghia (dei cittadini) per undici-mesi-undici per potere presentare trionfalmente il calendario dell’Estate.
Un lungo elenco di spettacoli che, fatta qualche eccezione, grazie a diluvi di musiche sparate a centinaia di decibel, raggiungono lo scopo d’aumentare la rumorosità, in specie notturna. Per non parlare di eventi ˗ come la mellonata (prediligo la forma arcaica del termine) nel parco Cillarese ˗ nel corso dei quali uno sparuto (?!) numero di partecipanti non perde occasione di dare un saggio della propria inciviltà ed imbecillità!
Nonostante la lista dei disagi bisogna però ammettere che agosto rimane un mese unico nel suo genere. Lo è per chi lo vive a venti anni o giù di lì, quando ancora non ha deciso cosa farà da grande. Ma anche per chi lo ri-vive andando a perdersi tra i propri ricordi più belli.
Perché agosto è il tempo della libertà e della spensieratezza. Il tempo degli orizzonti espansi all’infinito. Il tempo in cui credere non è una possibilità, ma una certezza.
Guido Giampietro
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