Approfondimenti » 24/08/2013
L'Estate dei divieti. Di Guido Giampietro
Di divieti, specie nel tempo d’estate, ce ne sono tanti e talmente diversificati da costituire un prezzo troppo alto da pagare per le nevrosi dei poveri cittadini. Addirittura si è avuta notizia che a Shenzhen, metropoli cinese con oltre dieci milioni di abitanti, dovranno imparare a “centrare” il water dei bagni pubblici per evitare una multa piuttosto salata (per la Cina): 100 yuam, l’equivalente di 12 euro…
Questi divieti, però, vengono sempre più disattesi, soprattutto a motivo della loro ridondanza. Proprio come avveniva per le gride di manzoniana memoria le cui “pene severissime” facevano ˗ è il caso di dire ˗ un bel baffo ai bravi dell’epoca.
Personalmente ritengo che sia meglio l’assenza di ogni regola piuttosto che averne anche solo una inapplicabile. Evidentemente non è dello stesso avviso l’Amministrazione comunale che, facendo concorrenza all’originalità del divieto cinese, ha inteso disciplinare in maniera inconsueta una delle realtà più vive e vitali della quotidianità cittadina.
È di pochi giorni fa, infatti, la pubblicazione del nuovo Piano del commercio che l’assessore alle Attività produttive e Turismo presenterà quanto prima in Consiglio comunale per l’approvazione.
Ebbene, insieme alle norme che dovranno regolamentare lo sviluppo commerciale ed artigianale della città per i prossimi tre anni, il documento detta anche le regole contro gli inquinatori acustici. Tra queste, quella di “non richiamare gli acquirenti con grida ed altre forme sonore”. Divieto che si estende anche al commercio itinerante per il quale si stabilisce che “è vietato l’utilizzo di altoparlanti o altri strumenti sonori per reclamizzare i prodotti messi in vendita”.
Trasecolo! Ma come? La movida serale e notturna impazza in questa torrida estate, i decibel sparati dalle mega casse acustiche delle band che si esibiscono soprattutto nel centro storico attentano al riposo di persone e animali, auto e moto sfrecciano con marmitte super potenziate e il volume delle radio a palla… E poi si proibiscono le grida “umane” (direbbe Fantozzi) di chi si guadagna onestamente la giornata nei mercatini rionali?
Così ho fatto quello che Baudelaire chiamava “flâneur”, vale a dire il gentiluomo che vaga per le vie della città gustando il piacere di scoprirla. Ovvero, per una volta, abbandonata la comoda nicchia degli approfondimenti più o meno culturali, mi sono catapultato nel mondo più movimentato della cronaca cittadina, di solito riservata ai giovani aspiranti giornalisti in cerca di gloria futura. A dirla in breve, ho fatto un giro per mercati sotto i dardi del sole agostano.
Dapprima, per una forma di deferenza, mi sono recato in quello centrale di piazza Mercato. E sapete da cosa sono stato colpito? Dal silenzio! Un silenzio più cupo e mistico di quello che si respira in chiesa durante la Quaresima. Ha dunque ragione ˗ mi sono detto ˗ il Nobel José Saramago quando afferma: “Forse solo il silenzio esiste davvero”. O forse no.
Ho pensato che nella piazza, la più vicina alla sede dell’assessorato alle Attività produttive, forse per timore delle multe, avessero già applicato l’ordinanza in corso di approvazione. Grande è stato perciò lo stupore quando, da un venditore d’ortofrutta, mi sono sentito rispondere che il divieto delle urla è sempre esistito, anche se mai applicato… E che, in questi tempi di magra, per attrarre i pochi compratori, più che i richiami verbali valgono gli sguardi supplichevoli. Questa, dunque, la spiegazione dell’irreale silenzio di una piazza che, un tempo, cantava a squarciagola.
Per non accrescere lo stato di sofferenza del povero venditore non me la sono sentita di anticipargli che la bozza del Piano del commercio, alla luce del progetto di riqualificazione di piazza Mercato, prevede una ulteriore riduzione degli stalli. Figurarsi se andavo a confessargli che, secondo la mia personale opinione, i superstiti banchi di alimentari e ortofrutta dovrebbero andare a fare compagnia a quelli altrettanto scarsi dell’adiacente mercato ittico! Liberando in tal modo la piazza che, con la bellissima tettoia liberty, si presta a un utilizzo più qualificante…
La situazione sì è invece completamente ribaltata quando mi sono recato al mercato rionale di via Santa Maria Ausiliatrice. Lì ho avuto la sensazione di trovarmi al centro di un suk orientale, sopraffatto com’ero da un caleidoscopico inviluppo di colori, odori e suoni. È stata l’animazione di questo mercato a farmi tornare in mente i versi di Jacques Prevert: “Sono andato al mercato degli uccelli e ho comprato uccelli per te amor mio…”. E c’erano anche i fiori e la ferraglia citati dal poeta. Solo gli schiavi non c’erano.
Altro che multe, ho pensato. Qui i Vigili li sbattono tutti dentro questi disturbatori della quieta pubblica. Così ho parlato con Salvatore, la voce più tenorile dell’intera piazza. Quello che alternava “Ssaggiàti l’uva a n’euru” a “L’ùrtimi pircòchi paesani” a “Cu la prova li peschi, cu la provaaa”.
Sì, Salvatore sapeva del divieto (passato e imminente), ma lui doveva portare il pane a casa. E per fare questo doveva vincere la concorrenza al ribasso dei Centri commerciali. In che modo? Con la forza della sua voce unita a quella del dialetto. Quel dialetto oramai relegato proprio nei mercatini rionali e al Villaggio pescatori. Ché le mamme stanno ben attente a che la prole non ceda al vizio del dialetto. Italiano, per carità. Sgrammaticato, ma italiano. Ancora meglio l’inglese…
Signor assessore Iaia, mi permetto di farle notare che con il divieto di gridare in questi posti si dà perciò un calcio anche alla colorita vitalità del dialetto. Si fa tacere l’immediatezza vernacolare e viscerale che riesce a toccare il cuore di chi partecipa di quella peculiarità. Si sotterra il nostro passato fatto di modi di dire e di una saggezza che non si ritrova nei libri di scuola. Perché è la saggezza della vita vissuta dai nostri avi.
Non a caso Buttitta ˗ me lo immagino con le lacrime agli occhi ˗ scongiurava: “Un populu diventa povero e servu quannu ci arrobbanu a lingua additata di patri: è persu pi sempri”…
Abbassando il volume dei coloriti richiami dei venditori dei mercatini si corre perciò il rischio di mettere il bavaglio alla lingua che ci contraddistingue, oltre a quello di far sparire per sempre il piccolo commercio. E se proprio un divieto dev’esserci, rimanga quello per i furgoncini che, affidandosi a gracchianti altoparlanti, avvertono le massaie che è arrivato l’arrotino…
Chi ricorda le due sonde spaziali del Programma Voyager? Lanciate nel 1977 avevano incisi ˗ in un disco d’oro ˗ suoni e immagini scelti per portare nello spazio le varietà di vita e cultura del nostro pianeta. Oltre a 115 immagini c’era un gran numero di suoni naturali come quelli delle onde, del vento, dei tuoni, del canto degli uccelli e delle balene… C’era anche una selezione musicale proveniente da diverse culture ed epoche. E i saluti degli abitanti della Terra espressi in cinquantacinque lingue diverse.
Ebbene, se mi fossi trovato ai tempi del Presidente Jimmy Carter l’avrei supplicato a far declamare ˗ che dico? ˗ a fare urlare in brindisino, da un Salvatore qualsiasi di piazza Mercato, il messaggio destinato alle possibili forme di vita extraterrestre…
Guido Giampietro
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