Approfondimenti » 30/08/2013
Lettera aperta a Milly Semeraro e a tutti i collaboratori del "Festival dei Sensi". Di Emanuele Amoruso
Cari Tutti, Vi scrivo per ringraziarvi. Grazie per questa appena terminata 5° edizione del Festival dei sensi che ci portava tra: cieli, stelle, trulli e astronavi.
Abbiamo seguito questa traccia e via via siamo stati presi dall’aura, come ci ricorda Benjamin, che si è impossessata di noi. La notte è sublime, quasi prescrizione di Kant, e arrivano Leopardi, Cvetaeva, la musica delle sfere, Dante, i Magi, Giotto, i mappamondi duecenteschi con Paradiso e Inferno, Eden e immanenza. Eppoi piccolo concerto di campane, stravaganze e letture, quasi alla controra: e le bianche stradine vedono adulti che rallentano, si fermano, si azzittiscono, si guardano ilari e commossi. Il vuoto ed il nulla, che non è il niente, giocano con il bosone di Higgs, mentre l’amor muove il sole e l’altre stelle della macchina desiderante di cui siamo fatti: noi che andiamo per campi tra profumi notturni di erbe schiacciate.
Eppoi tra le pietre di antiche masserie: risuona, nella luce e nel silenzio della notte la voce della Callas castadiva. Ecco un topo prende un giro gratis sul trullo mentre Busi ci narra del cielo che vide Boccaccio, e lui stesso; e corpi volano dalla murgia col parapendio e l’aereo ultraleggero sorvola d’appresso i viaggiatori dei sensi . I bambini si divertono e conoscono la forza della goccia d’acqua e legano emozioni a fili d’aquiloni; e gli adulti guarderanno se stessi negli oggetti di cui si circondano. Altre mappe, oltre al Paradiso inaccessibile, si costruiranno a partire dai luoghi ignoti in cui il Festival ci ha condotto. Altri luoghi che inducono a far mente locale con l’aiuto delle flebili costellazioni immerse nel chiarore della luna piena, oroscopi adiuvanti. Altri luoghi, altre stars di celluloide che giocano con l’illusione del cinema, altre lucciole che nel bosco disegnano il cielo in terra. E fotografi dell’anima ci mostrano la dolcezza di questa e di altra vita. E mostre e forni ci portano tra architetture immaginifiche e prelibatezze mandorlate. Vi è un’astronave quando parte il Festival e, tempo scorrendo, parte cercando ciò che ognuno si porta dentro. D’apprima si sente appena, poi s’avverte con animo perturbato e commosso, ed ecco che si riflette con mente pura.
Ma cos’è, alfine, questo Festival dei Sensi? Da qualche anno alla consueta classificazione dei generi (teatro, musica, canto, danza, folklore, arte ecc.) si è aggiunta la categoria di “sensi contemporanei”. Le manifestazioni culturali si inseriscono nel territorio con la finalità esplicita di valorizzarlo e rendere vitale la trama dei segni identitari, materiali ed immateriali, visibili e intangibili. Chi partecipa crea nuove mappe culturali attraverso luoghi, paesaggi, storie vissute, sapori, persone con le quali si cambiano sorrisi, suggestioni, empatia. Mappe culturali che ulteriori suggestioni di ricercatori, studiosi e artisti amplificano generando significazione del reale e nuova sensibilità olistica e consapevolezza.
Sia detto tra parentesi: ciò dovrebbe essere fondamento “strategico” per la candidatura di Lecce (e Brindisi) a Capitale Europea della Cultura 2019.
Ecco: il Festival dei sensi “produce” questi sensi contemporanei, aiuta la valorizzazione e la sostenibilità dei nostri territori, promuove nel lento e tortuoso andar per campagne la bellezza che appare sfuggita nel cicaleccio e nella confusione dell’oggi.
Per questo: chiunque, individualmente e istituzionalmente, deve sentirsi chiamato a responsabilità perché il Festival non abbia a trovare inciampi e difficoltà continue. Quei campi, quelle stradine, quei tramonti, quelle stelle, quei profumi, quelle pietre faticosamente cavate e modellate, quei frutti, questi nostri volti e queste nostre attese non sopporterebbero tutto ciò.
Grazie ancora a Milly e a tutti coloro che fanno vivere questa magia. Lunga vita al Festival dei Sensi.
Emanuele Amoruso
|