Approfondimenti » 14/09/2013
Cellulari, croce e delizia... Di Guido Giampietro
“Quando, tra il rumore assordante delle turbine ancora in movimento, incominciai a scendere dalla scaletta dell’aereo, mi colpì subito lo schiaffo dello scirocco palermitano. Istintivamente accelerai il passo verso la navetta che, sull’asfalto arroventato del piazzale, appariva e spariva come il miraggio di un’oasi nel deserto.
“Rincantucciato nel fondo dell’autobus osservai che tutti stavano precipitosamente attivando i cellulari rimasti solo per un po’ spenti, dando sfogo ad una loquacità forzatamente repressa. Era la conferma di quanto andavo ripetendomi da tempo: si parla sempre di più con chi è lontano e sempre meno con chi ci sta vicino. Ma poi, che pena vedere persone che, sole in mezzo a una folla, parlano con altre, anche loro sole in mezzo ad un’altra folla.
“Odiavo i telefonini e tutti quelli che, usandoli, ne abusavano. E quando Carla, la mia segretaria, m’implorava d’accettarne uno in regalo «perché, avvocato, così posso rintracciarla quando ci sono casi urgenti», le rispondevo che fino a dieci anni addietro le urgenze si risolvevano senza il telefonino, con buona pace di tutti”.
L’incipit, in un raptus di autogratificazione, l’ho tratto da un mio racconto del lontano 2005 (“Sopra il cielo”, Schena Editore) e dimostra come già da quei tempi fossi contrario all’uso, ma soprattutto all’abuso del telefonino. Purtroppo il progresso (“In questo progresso scorsoio ˗ dice Andrea Zanzotto ˗ non so se vengo ingoiato o se ingoio”) è andato oltre ogni aspettativa e ora anch’io ˗ mi vergogno a dirlo ˗ possiedo un ultratecnologico smartphone. Probabilmente ce l’avrebbe anche l’avvocato del racconto se non fosse un parto della mia fantasia.
Non per niente l’Italia è il Paese europeo con la più alta concentrazione di telefonini: 109,42 per ogni 100 abitanti. Nel mondo, solo Hong Kong ci batte con 114,53 (fonte Agcom nel 2011).
A parte lo stravolgimento delle abitudini connesse a uno smodato uso del cellulare (con conseguente innalzamento del picco di comportamenti maleducati) e l’allarme che un prolungato utilizzo dello stesso (specie se privo di auricolari) può creare danni all’organismo, negli ultimi tempi si è affacciato alla ribalta anche un problema di privacy (o di “privatezza”, come la definirebbe Dacia Maraini, nemica giurata degli inglesismi).
Sono ben note le vicende dell’ex agente Edward Snowden, dapprima tecnico della Central Intelligence Agency (CIA) e poi collaboratore di una azienda di tecnologia informatica consulente della NSA, la National Security Agency.
Snowden ha rivelato pubblicamente dettagli di diversi programmi di sorveglianza di massa del governo statunitense e britannico, fino ad allora tenuti segreti. Tutto ciò “per informare il pubblico su ciò che viene fatto in loro nome e quello che è fatto contro di loro”.
Ora le paranoie che le rivelazioni dell’ex agente hanno alimentato nel pubblico americano, spaventato dall’idea che tutte le comunicazioni elettroniche possano essere intercettate da un Grande Fratello (quello di orwelliana memoria, non certo quello televisivo), potrebbero fare la fortuna di Adam Harvey, un designer esperto in “moda antispionaggio”.
L’idea di Harvey è un po’ l’uovo di Colombo e gli è venuta approfondendo lo strano comportamento di Snowden che, mentre si trovava a Hong Kong, per rendersi non rintracciabile elettronicamente usava mettere il proprio telefonino nel frigorifero dell’abitazione nella quale era temporaneo ospite…
Per evitare che qualcuno potesse spiare grazie al cellulare occorreva dunque creare una sorta di gabbia di Faraday. Questa è stata la conclusione di Harvey. Occorreva cioè qualcosa che inibisse la penetrazione delle onde radio. Così, vista l’impossibilità di portarsi dietro un frigo anche se portatile, Harvey ha ideato un “vestitino”, fatto di nylon ed altri materiali metallici, in cui infilare l’amato/odiato accessorio.
E a questo gadget ha dato perfino un nome: Off Pocket.
Poi, per poterlo realizzare si è rivolto a una società di micro finanziamenti per racimolare almeno 35 mila dollari. E invece, nel giro di pochi giorni, di dollari ne sono arrivati 60 mila, mentre le ordinazioni di Off Pocket (un oggetto che a tutt’oggi esiste solo nella testa del suo ideatore) sono già a quota seicento.
Ecco, dunque, a cosa può portare la difesa della propria privacy/privatezza. Sono lontani i tempi ˗ in quest’era di trionfo del gossip ˗ in cui Ennio Flaiano affermava: “I fatti miei non li racconto, quelli degli altri non li voglio sapere”.
Oggigiorno anche gli utenti giovanissimi e adolescenti dei telefonini e, soprattutto, della Rete stanno divenendo consapevoli dei rischi cui si espongono pubblicando troppe informazioni personali. Senza contare che gli organi di polizia investigativa, proprio grazie all’ “aggancio” dei telefonini alle cellule dei Gestori telefonici, al GPS e alla lettura dei tabulati, sono sempre più in grado di risalire agli autori di fatti criminosi.
In conclusione il popolo della Rete è diventato adulto ed ha capito che, sul “medium” che fino a ieri considerava libero da pericoli e responsabilità, andrebbe apposta la scritta “maneggiare con prudenza”.
È infatti notizia di qualche giorno fa che la startup californiana Topsy ha messo in Rete l’intero database di tweet inviati dal 2006 fino ad oggi: 475 miliardi di elementi! “E così ˗ conclude la giornalista Rodotà ˗ la sconfinata marea di fesserie che ognuno di noi negli anni produceva chiacchierando, è ora massicciamente sui social network e sarà probabilmente per sempre accessibile a tutti, a nostra imperitura vergogna”.
E i “cinguettii”, è superfluo ricordarlo, volano attraverso i telefonini di ultima generazione…
Per quanto riguarda, invece, il popolo della mala, in attesa che si realizzi l’Off Pocket, sarà bene che, un po’ prima di giungere sul luogo del crimine, provvedano a rinchiudere il telefonino in un frigo portatile…
Guido Giampietro
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