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Approfondimenti: La calvizie ieri, oggi e domani. Di Guido Giampietro



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Approfondimenti » 21/09/2013

La calvizie ieri, oggi e domani. Di Guido Giampietro

Sinesio di Cirene, vescovo di Tolemaide, in polemica risposta all’“Elogio della chioma” scritto da un certo Dione Crisostomo di Prusa (396 a.C. circa), scrisse l’“Elogio della calvizie”.
“Quasi dimenticavo ˗ dice Sinesio ˗ parlare della cosa più importante: della luna e delle sue fasi, a cui i calvi somigliano di nome e di fatto. L’adorata luna comincia come crescente, diventa mezzaluna, torna a presentarsi doppiamente arcuata, e finisce luna piena. Ecco perché io chiamo “lune piene” coloro che hanno toccato l’apice della fortuna, e nulla mi vieta di chiamarli anche “soli”, dal momento che non presentano una successione di fasi, ma illuminano sempre, con tutto il loro globo, i corpi celesti antistanti.
“Un esempio di tale analogia è contenuto nell’episodio in cui Odisseo è schernito dai Proci, giovani capelluti e balordi che faranno presto una brutta fine, sbaragliati, in più di cento, da uno solo, un calvo. Vedendolo intento ad accendere con una torcia le lampade, essi gli consigliano di non darsi pensiero per simili cose, giacché la sua testa può bastare, da sola, a illuminare tutta la casa!
“Ebbene questa è la caratteristica più divina di una testa calva, caratteristica affine alla divinità e anzi ad essa connaturata: contenere e irradiare luce”.

Con un gran balzo saltiamo secoli di storia in cui gli uomini hanno sofferto per la calvizie industriandosi in vario modo (specie nel periodo dell’Illuminismo) a nasconderla sotto ingombranti parrucconi e giungiamo così intorno alla fine degli anni Sessanta.
Infatti è in quel periodo che comincia ad affermarsi la tendenza contraria: l’esibizione sfrontata di una imbarazzante pelata. A lanciare la moda ci pensa il russo Yulij Borisovich Briner ˗ holliwoodizzato in Yul Brynner ˗ che, dopo aver interpretato ben 4500 volte sul palcoscenico di Broadway il musical “Il re ed io”, lo porta sullo schermo sotto la regia di Walter Lang.
Per interpretare il re del Siam Yul Brynner aveva dovuto rasarsi a zero. Non ci mise molto ad accorgersi che, anche lontano dal set, quel look molto macho mandava in deliquio le fan. Così pensò bene di consolidare la fama di “tombeur de femmes” nei “Magnifici 7”, esibendosi come unico glabro tra capelloni barbuti.

Ma quella moda ˗ il primo, serio tentativo a livello mondiale ˗ non convinse del tutto il resto degli uomini. Si deve arrivare agli ultimi decenni del secolo scorso per vedere apparire gli skinhead (teste rasate) prodotti dal sottoproletariato londinese e tuttavia mossi non da ideologie politiche, bensì da infatuazioni musicali.
Nemmeno in questo caso vi fu però una significativa risposta da parte dei maschi, anche perché il fenomeno nel frattempo stava degenerando e all’orizzonte si profilavano, minacciosi, i politicizzati naziskin con i loro baffi spioventi, gli occhiali nero-pece, i tatuaggi vistosissimi, i costumi infarciti di borchie e teschi e, naturalmente, le teste esageratamente rasate. A colmare la misura c’era (e purtroppo c’è ancora) la loro stupida e gratuita violenza.

Dunque, solo da pochi anni è esplosa questa moda della pelata artificiale, più tranquilla, da gente normale. A fare da apripista, come sempre, gli uomini di spettacolo e coloro ai quali dare spettacolo comunque piace: Bruce Willis, Maurizio Crozza, il “commissario” Luca Zingaretti, Gianluca Valli, Vincent Cassel, Claudio Bisio, Roberto Saviano... Ma anche la soldatessa Demi Moore non ha sfigurato in questa galleria. Oggi, sulla loro scia, sempre più giovani si affidano alle mani dei barbieri dal rasoio affilatissimo.
Naturalmente non si procede a casaccio ma esistono veri e propri protocolli per conseguire i migliori risultati. Per i “fai-da-te” è sufficiente navigare in Rete per carpire tutti i segreti della perfetta rasatura. Si comincia con shampoo e balsamo per ammorbidire i capelli ed evitare che il rasoio s’inceppi e ferisca la cute. Si parte da sotto l’orecchio destro, si spennella con crema da barba prima dell’ultimo contropelo, si sciacqua.
Seguono le misure canoniche della struttura scheletrica: il cranio dovrebbe essere “simmetrico, rotondo e liscio nella parte posteriore fino all’osso occipitale”. Insomma, una testa ben proporzionata, di raggio 3,14…

Mi chiedo se questi maschi modaioli vadano ad accrescere il numero dei forzati della rasatura in virtù della legge imperante della globalizzazione o per altri motivi ˗ diciamo ˗ più pratici. Anche perché ancora scarse sono le armi in grado di combattere la calvizie. Addirittura, a sentire Maurizio Costanzo, “l’unica cosa che arresta la caduta dei capelli è il pavimento”…
Sono i giovani quelli che cavalcano l’onda lunga del “più siamo, meglio sembriamo”. Tutti gli altri stanno approfittando del momento favorevole per allontanare da sé lo spettro incombente della calvizie.
Con la rasatura a zero, infatti, si ovvia all’impossibilità di un costosissimo trapianto tricologico amorevolmente coltivato all’ombra di una bandana. E allo stesso modo si salutano allegramente le stempiature (specie se brizzolate), le fronti ahimè desolatamente spaziose, le nobilissime chieriche curiali, le assolate piazzette sulla nuca, gli arditi riporti vittime predestinate dei malevoli colpi di vento, le chiome asfaltate di chi ˗ dal trapianto ˗ non ha ottenuto i benefici promessi…

Ma la moda, senza volerlo, stende una mano pietosa anche a chi, di questi tempi, combatte la sua personale battaglia contro l’Alieno (così lo chiamava Oriana Fallaci) che avanza imperterrito dentro i corpi della gente. Quella stessa gente che s’illude d’avere tutto fin quando, improvvisamente, si rende conto di non avere niente.
Pietro Calabrese, una delle firme più prestigiose del giornalismo italiano, in un suo coraggioso diario (“L’albero dei mille anni”, Rizzoli) così affronta l’argomento dell’innaturale, odiosa perdita dei capelli da trattamento chemioterapico: “Intanto, come se nulla fosse ci si abitua al cancro. A conviverci. È sbalorditivo come avvenga il cambiamento. È ancora più straordinario il fatto che non te ne accorgi. Un bel giorno mentre cammini per strada e ti carezzi il cranio bianco-panna tutto spelacchiato, sembra di averlo avuto sempre così. Non ci sono stati mai i capelli a coprire quella sconcezza estetica…”.

In tema d’imperante globalizzazione forse si potrebbe fare qualcosa per rendere tutti simili anche nell’aspetto, oltre che nelle idee (qui siamo a buon punto). Accomunare cioè sia i giovani orgogliosi del loro lucido cranio che li affratella a vip e tronisti, sia gli adulti vittime di una vanesia fragilità, sia quelli impegnati nella lotta contro il Male.
Basterebbe una leggina che stabilisse per gli uomini l’obbligatorietà della rasatura a zero. Approfittando del magico momento delle larghe intese e considerato il discreto numero di pelati che vivacchiano in Parlamento la cosa non dovrebbe essere difficile. A questo punto tutti diventerebbero macho ope legis!

Guido Giampietro


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