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Approfondimenti: No! gli ulivi no… Di Guido Giampietro



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Approfondimenti » 22/11/2013

No! gli ulivi no… Di Guido Giampietro

Riusciamo a immaginarlo un cielo verdastro? Sicuramente no. E un mare violetto? Meno che meno. E una distesa di ulivi gialli? Bè, qui siamo a buon punto grazie a questo batterio che sta distruggendo la vera grande ricchezza del Salento.
E pensare che Galileo diceva: “I peschi e gli ulivi hanno pur radici nei medesimi terreni, sono esposti ai medesimi freddi, ai medesimi caldi, alle medesime piogge e venti, e insomma alle medesime contrarietà: e pur quelli vengono distrutti in breve tempo e questi vivono molte centinaia di anni…”.
Migliaia di anni, caro Galileo… Migliaia!
E non bisogna andare chissà dove per ammirare queste meraviglie. Un Grande Vecchio di oltre tremila anni ce l’abbiamo a due passi, nell’antica masseria Brancati di Ostuni. Un ulivo che i turisti, a ragione, chiamano l’Immortale, l’albero di Adamo ed Eva.

Appare un po’ esagerato l’accostamento ai nostri progenitori? Allora possiamo spaziare nel vasto repertorio della mitologia greca e latina. L’ulivo selvatico ˗ l’oleastro ˗ era sacro ad Apollo, mentre quello domestico venne dai Greci consacrato a Pallade Atena, protettrice dell’Attica.
Senza contare che dell’ulivo ne parla la Bibbia e una moltitudine di scrittori e poeti: da Omero a Erodoto, da Lisia ad Aristofane, da Ovidio a Plinio, a Virgilio, a Eschilo, a Sofocle… Fino ad arrivare ai nostri Dante, Boccaccio, Pascoli, Alberti, D’Annunzio, Quasimodo…

Cinquanta milioni di ulivi ci sono in Puglia, tutti diversi tra loro. Si tratta di opere uniche scolpite dal Tempo. I più antichi si trovano quasi tutti allineati a 18 metri l’uno dall’altro, cioè a sessanta piedi romani, distanza ottimale per coltivare l’ulivo, secondo il primo trattato completo di agronomia, il “Res rustica” di Lucio Giunio Moderato Columella, un contemporaneo di Gesù.
E di questi cinquanta milioni metà sono secolari (quasi cinque milioni con più di 400 anni di età) e parecchie centinaia di migliaia hanno oltre duemila anni. Piante che, per la legge regionale del 2007 “Tutela e Valorizzazione del paesaggio degli ulivi della Puglia”, sono state censite come Monumenti Naturali, dopo che il Cnr ˗ ai fini della datazione ˗ ha eseguito esami al carbonio 14 sui prelievi di legno fossile. Ma l’età si deduce approssimativamente anche dalle dimensioni del tronco che dev’essere di un diametro uguale o superiore a un metro misurato all’altezza di centocinquanta cm dal suolo.

A conferire agli ulivi plurisecolari l’aspetto di sculture contribuiscono i polloni che si formano sulla corteccia e che, in qualche modo, li fanno somigliare alle nuvole che, rincorrendosi nel cielo, stimolano la fantasia a vedere in esse le strisce a fumetti dei nostri sogni. In una visione meno poetica, invece, quei mammelloni dimostrano la vocazione di queste piante all’eternità. Funzionano infatti come le gobbe dei cammelli, ricchi di gemme dormienti e di sostanze di riserva, deputati alla conservazione della specie. Per l’eternità, appunto!

Al momento, però, c’è la Xylella Fastidiosa che si oppone a questo progetto portando al disseccamento rapido gli ulivi e all’imbrunimento le loro chiome argentate.
L’allarme si diffonde rapidamente grazie alle testimonianze di contadini e produttori e ˗ caso abbastanza insolito ˗ tecnici e politici si mobilitano per cercare di capire quello che sta succedendo. Forse spinti dal rimorso di non avere gestito bene un’altra emergenza, quella delle palme distrutte dal Ryinchophorus Ferrugineus, il coleottero killer meglio conosciuto come punteruolo rosso.
E pensare che lo storico Fernand Braudel, parlando del Mediterraneo, l’aveva descritto come quello che “si estende dal primo ulivo che si raggiunge arrivando dal Nord ai primi palmeti che si levano in prossimità del deserto”. E ora che rischiamo di perdere gli uni e gli altri quali saranno i confini del “Mare Nostrum”? Soprattutto: cambierà anche la nostra identità?
Dunque, con un tempismo che ha dell’incredibile, i tecnici nostrani invitano nel Salento Rodrigo Almeida, l’entomologo americano dell’Università di Berkeley. Costui, dopo avere attraversato l’Atlantico, stringendosi nelle spalle ammette di non avere mai visto una situazione del genere: «Zone con il cento per cento di ulivi attaccati dalla malattia sono un fatto del tutto nuovo per la mia esperienza…».
E aggiunge: «Di certo ci vorranno molti soldi da destinare alla ricerca e comunque, al momento, non esistono armi contro la malattia. Xylella è solo una delle componenti il cui ruolo deve essere verificato con ricerche scientifiche… Ora, francamente, è difficile dire come la malattia potrà evolvere. La situazione è molto seria: il batterio è una concausa, poi ci possono essere i funghi, gli insetti…».
Eppure, negli Stati Uniti, dove con Xylella ci si confronta da oltre un secolo, le armi dell’uomo sembrano funzionare, quantomeno sul fronte del contenimento dell’epidemia che il batterio può generare. Ma negli USA sono stati identificati i vettori di cui Xylella si serve. Un passaggio che da noi non è stato ancora fatto. E allora perché questo precipitoso consulto al capezzale del moribondo ulivo da parte del prof. Almeida? Nell’era delle videoconferenze c’era proprio bisogno ˗ in questa prima fase ˗ di spendere un po’ di soldini per fargli toccare con mano lo scempio di ulivi nell’agro gallipolino?

E precipitosi si è stati anche nel diffondere un certo allarmismo. Milioni di ulivi distrutti in tutta la Puglia… Una Regione in ginocchio… Richieste di aiuto al Governo (che, dal canto suo, non riesce a mettere ancora in piedi uno straccio di legge di stabilità. Figurarsi se può accollarsi il salvamento degli ulivi pugliesi!) e all’Unione Europea…
Poi, provvidenziali, arrivano le parziali smentite. È l’assessore regionale all’Agricoltura Fabrizio Nardoni a precisare che la zona interessata dalla diffusione della Xylella è meno estesa di quanto si credesse: è limitata alla parte nord-occidentale della provincia di Lecce ˗ circa ottomila ettari ˗ e non ha colpito gli uliveti delle province di Brindisi e Taranto. «Dei 234 campioni analizzati ˗ riferisce Nardoni ˗, in nessuno è stato trovato il batterio, le analisi sono tutte negative… e questo ci conforta perché possiamo sperare che il batterio non si stia diffondendo».

Naturalmente si dovrà continuare a percorrere la via della richiesta di fondi sia alla Giunta regionale che all’Europa e sarà anche opportuno chiedere agli incaricati della Commissione Europea di venire nel Salento per rendersi conto di persona della situazione.
In ogni caso importante rimane la scelta della soluzione tra lo svellimento massico (ma difficilmente perseguibile) degli alberi e il contenimento finalizzato all’individuazione della popolazione dei vettori e all’eliminazione delle piante infestanti. Ma parimenti importanti saranno l’oculata e trasparente gestione delle risorse destinate all’intervento e il necessario dialogo ˗ attraverso l’Osservatorio Fitosanitario regionale, i laboratori del CNR, l’Istituto Agronomico del Mediterraneo (di Valenzano) e il comparto dell’Agroalimentare ˗ con i contadini che degli ulivi rimangono i più strenui difensori.
Meglio ancora se a combattere questa battaglia si impieghino le truppe fresche dei nostri giovani ricercatori che, così come stanno emergendo in altri campi, vengano stimolati a trovare le soluzioni all’emergenza della loro terra.
La battaglia è, insomma, agli inizi, ma bisogna condurla con fermezza e professionalità. E intanto il Servizio agricoltura della Regione, al fine di circoscrivere il fenomeno, ufficializza il divieto per i vivai salentini a movimentare piante infette.

Come diceva Indro Montanelli, “Ogni filare di viti o ulivi è la biografia di un nonno o bisnonno”. Tocca anche a tutti noi essere i gelosi custodi di queste biografie viventi.

Guido Giampietro


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