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Approfondimenti: Confessioni di un non renziano che voterà Renzi. Di Ernesto Musio



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Approfondimenti » 01/12/2013

Confessioni di un non renziano che voterà Renzi. Di Ernesto Musio

Non sono un renziano. Ma, alle primarie, voterò Matteo Renzi. Perché cambino il PD e L’Italia.
Per cultura politica dovrei votare Cuperlo. Per sensibilità ideale Civati. Perfino Pittella, se fosse ancora in campo, per attrazione verso gli orizzonti europei. Di certo non sono un renziano per cultura e forse anche per idealità. Certamente mi sono estranei la sua forma mentis e il suo linguaggio da boy scout. Eppure voterò con convinzione quel matto di Matteo che osa voler cambiare il PD e persino l’Italia.
Perché?
Potrei limitarmi a dirlo con i versi finali di Eugenio Montale in Ossi di seppia: “Codesto solo oggi possiamo dirti, ciò che non siamo, ciò che non vogliamo”.
Dobbiamo avere l’onesta di dire che non siamo il partito che in questi anni è stato rappresentato nei discorsi pubblici di tanti dirigenti nazionali, che oggi vedo riproporre da Cuperlo, in versione aggiornata, più colta e più dotta. Per quanto accattivanti e suggestive, le narrazioni di Gianni sono ormai insufficienti a nascondere la cruda realtà della deriva politica ed etica di un partito, anzi di una storia umana e civile del progressismo italiano, ereditata dal PD, che il citatissimo Enrico Berlinguer aveva compendiato nella questione morale, intesa tutt’uno come vera e propria questione politica. E’ come se la sinistra avesse smarrito da tempo le sue “profezie”, le avesse dimenticate in qualche torre di Babele, facendosi sballottare da tutti i venti, preda delle correnti.
Già, “le correnti”. Per gli esodati del partito, per i senza corrente per scelta politica e di vita come me, oltre che per quella dignità evocata da Cuperlo, rottamare le correnti, come vuole fare Renzi, è la condizione fondamentale per liberare il partito e i suoi iscritti da quei potenti e condizionanti lacci psicologici e da quelle strutture e organizzazioni di potere che nulla hanno a che vedere con il servizio verso la polis e fanno smarrire le finalità sociali della politica, la tutela e l’affermazione dei beni comuni, l’interesse generale.
Gianni Cuperlo, un bravo ragazzo, non può riuscire a trasmettere un sentimento di reale cambiamento, in quanto esso lo si sente tutto innervato nel solco culturale e politico di quella storia che ha caratterizzato non in positivo il partito e la sinistra di questi anni.
Al simpatico Civati va solo ricordato che la sinistra va ri-creata, culturalmente, moralmente e politicamente. Va costruita una nuova sinistra, più che rincorrere Sel e quella sinistra che non c’è.

Ma c’è un elemento superiore a tutti che oggi orienta nella coscienza dei cittadini elettori anche la scelta di un segretario di partito e, l’8 dicembre, il segretario del Partito Democratico: la condizione dell’Italia.
Ciò è dato dal fatto che l’Italia sta scivolando sempre più nella frustrante e drammatica condizione materiale e psicologica di un dopoguerra, e che l’imperativo politico per gli italiani è la salvezza del Paese. Questo il giovane in bicicletta Matteo Renzi lo ha percepito, sentito e capito prima di tutti. E resta anche il cuore di una nuova verità politica.
La crisi della politica e del sistema politico, a cominciare dal nostro partito, è talmente sistemica, che anche e innanzitutto il nostro partito non cambia se non parliamo dell’Italia e di come cambiarla. Il partito lo cambiamo realmente se cambiamo l’Italia, parlando non di noi, ma dell’Italia (direbbe Reiclin, perfino in veste renziana!), ingegnandosi a proporre una via d’uscita dal ventennio berlusconiano e, soprattutto, dallo spaventoso tunnel economico e sociale delle crescenti povertà materiali e valoriali.
Insomma, la sfida è quella di come far riaffiorare, dandole sostanza, quella “speranza”, quella via d’uscita che Renzi osa pronunciare e offrire agli italiani, attraverso la guida collettiva di un partito, di una comunità politica al servizio di una nazione, libera e liberata dalle tossine di un passato non più recente che dobbiamo lasciarci alle spalle, assieme alla deriva economico-sociale del Paese.
Il “come” è il vero congresso di un partito degno di questo nome, quale il PD vuole e può essere.

Forges Davanzati ci ha ricordato in questi giorni che il rapporto fra debito pubblico e prodotto interno lordo del Giappone supera il 240%!, senza che ciò determini ricadute negative sulla sua crescita economica e sull’inflazione! Lo studioso del pensiero economico dell’Università del Salento si chiede di conseguenza, con tautologica ironia, su quale criterio scientifico si poggi il vincolo europeo del 3% nel rapporto deficit/Pil?
La sindrome tedesca di uno “stupido” vincolo è destinato a tarpare per molti anni ogni possibilità di crescita delle Nazioni europee, con i riflessi internazionali di esportazione crescente della disoccupazione, come hanno ammonito recentemente il Tesoro degli USA e il Fondo Monetario Internazionale.
Solare è l’esempio della Legge di Stabilità dell’Italia che si sta dipanando penosamente in questi giorni sotto gli occhi di tutti gli italiani. Il pesantissimo vincolo di rientro dal debito, che dal 2015 ci costerà 75 miliardi annui(!), ci vedrà ogni anno per moltissimi anni ad azzuffarci nel tirare, ognuno dalla parte che può, una cortissima coperta di auspicata crescita di appena lo 0,…%, se non si pone mano da subito a un significativo allentamento del più stupido, antikeynesiano, dei vincoli economici, e non si inietta nelle economie europee, a cominciare dall’Italia, uno botta di diversi miliardi (una ventina dice il consigliere economico di Renzi, Gutgeld), non si attiva cioè un “defibrillatore economico e finanziario” capace di far riprendere il battito a un Paese dal cuore ormai fermo. Altrimenti, far quadrare i conti, sarà sempre una pena, anno per anno, per moltissimi anni!
Un’amica intimamente cuperliana riconosce che finora solo Matteo Renzi ha dimostrato quell’audacia necessaria per porre la madre di tutte le questioni, la madre delle sofferenze economiche e sociali europee, che tutti sanno essere questa. La differenza sta tra i tanti, in Europa e in Italia, che si limitano ad adoperarsi diligentemente a mitigare l’esistente, e chi osa quell’impossibile necessario per tornare a far vivere gli italiani e gli europei.
E’ il momento di avere il coraggio di cambiare completamente il paesaggio al PD e all’Italia.
Come dice Matteo Renzi: se non si fa questo, e, per quanto riguarda queste confessioni, se il Partito Democratico non fa, non osa questo: “finish”!

Ernesto Musio


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