Approfondimenti » 03/12/2013
A Sud delle nuvole. Di Franco Colizzi
A SUD DELLE NUVOLE,
UNA CITTA’ NUOVA PER LA FRAGILITA’ UMANA
Racconto-riflessione per la Giornata Internazionale delle Persone con disabilità (3 dicembre)
Di seguito una storia vissuta in Cina e una riflessione sul tema della disabilità nelle nostre città.
La fotografia è scattata sempre nello Yunnan assieme a una donna con disabilità dovute alla lebbra.
Vuole essere un contributo ulteriore a ripensare una questione che nel mondo riguarda circa 1 miliardo di persone.
Franco Colizzi
Continua a piovigginare sul costone della montagna. Il terreno è sempre più fangoso e scivoloso, i tornanti sempre meno rassicuranti per le jeep. Tutto sommato, il minuscolo villaggio è ormai vicino. Proseguiamo a piedi. Cosa ci facciamo qui, “cantando sotto la pioggia”, in questa bella e aspra provincia a sud della Cina? Qui, nello Yunnan, “a sud delle nuvole”, ci attende un gruppo di persone un tempo ammalate di lebbra. Quattro donne a cui è stato amputato un arto inferiore fino al ginocchio, circa sei mesi fa, in vista della collocazione di una protesi.
In un misero stanzone, la piccola comunità officia un rito riparativo. Le protesi andranno bene o sarà necessario tornare nel laboratorio della lontana capitale, a Kunming? Qualche difficoltà nel calzare le protesi c’è, ma il tecnico cinese, un giovane volontario, le supera con maestria e amorevolezza. Le prove di cammino sono un piccolo miracolo. Le donne oscillano sulle gambe, si siedono e poi ripartono, un po’ affaticate e ancora insicure, ma camminano.
Più tardi, lo specchio della porta lascia intravedere una delle donne con la protesi che ancheggia nel cortile, esultante ed incurante della pioggerella insistente. La contemplo estaticamente. Quella donna rappresenta in quel momento tutta l’umanità fragile, bisognosa di medicazione, di protesi, di amore attivo, che vuol rialzarsi, camminare, mostrarsi uguale. Quella protesi, artigianale ed efficace, rappresenta il diritto umano fondamentale di poter diventare persona, in una comunità più giusta ed inclusiva.
Il Sud spesso non è un luogo geografico, bensì una vicenda gravitazionale dell’anima umana. Nel suo costituirsi come umanità, il genere umano ha sempre allontanato da sé la condizione disabile, come dimensione delle “pietre di scarto” dei costruttori della storia. Ma la lezione appresa “a sud delle nuvole” ci rammenta che proprio questa parte profonda dell’umanità ne custodisce l’identità più vera. La fragilità è un dato primario dell’esistenza, e reclama lo sviluppo della dimensione antropologica del prendersi vicendevolmente cura. Il primo rapporto mondiale sulla disabilità stima in un miliardo il numero delle persone con disabilità. Le nostre città hanno bisogno di includere nella loro dinamica vivente questo 15% di abitanti, rinunciando alla loro illusione di normalità, a una identità presuntuosa ed arrogante. Dalle povere case di montagna dello Yunnan, come dalle nostre case abitate dalle più diverse disabilità, filtra la luce, fioca ma formidabile, di una visione di speranza. I valori di cui abbiamo bisogno, che riteniamo smarriti, sono ovunque tra noi. Sono i valori viventi della persona, di ogni singola, irripetibile, irriducibile persona, riconosciuta nella sua ricchezza e nella sua fragilità. Adottare un piano regolatore per la fragilità è possibile. Vuol dire (ri)costruire case, edifici pubblici, strade, luoghi di studio e di lavoro, giardini, servizi, mezzi di trasporto e di comunicazione, oggetti e relazioni sociali secondo un disegno universale, che includa ogni persona rendendole accessibile ogni parte della città. Vuol dire che bambini, giovani, adulti, donne, anziani, con cento o mille limitazioni diverse, ma anche con cento o mille colori diversi dell’anima, vengono facilitati nell’autonomia, nella vita indipendente, nelle relazioni umane.
Se alzate lo sguardo, vedrete delle donne camminare con la propria dignità, un tempo espropriata, nella loro comunità “a sud delle nuvole”.
Fissatele bene. Sono l’immagine plastica dell’avanzata degli ultimi, in una rinnovata scena del “Quarto stato”, verso la cittadinanza universale.
Franco Colizzi
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