Approfondimenti » 14/12/2013
Onestà prima di tutto. Di Guido Giampietro
Troppi, tanti sono gli eventi truffaldini che stanno sporcando l’immagine del nostro Paese. La notizia di questi giorni secondo cui ben 5.073 dipendenti dello Stato hanno rubato e corrotto sottraendo alle casse pubbliche più di tre miliardi di euro non può non far pensare.
Soprattutto se a questa somma si aggiungono quelle sottratte dai falsi invalidi, dai finti poveri (ivi compresi gli universitari che viaggiano con la Ferrari di papà…), dagli evasori totali o parziali e dal fantasioso esercito di turlupinatori di pensioni che giornalmente scova la Guardia di Finanza.
Ma prima ancora di affrontare l’argomento bisognerebbe discutere delle responsabilità. Su chi ricadono? Sulle menti dei cittadini che, sconvolte da una crisi economica senza eguali, sono portate a delinquere pur di assaporare ˗ insieme ai pochi fortunati ˗ le delizie consumistiche di oggigiorno? Oppure sulla mancanza di ideali dei politici che tutto riducono alla sfera dei loro gretti interessi personali? O, salomonicamente, su entrambi?
A giudicare con lo stesso metro di Susanna Tamaro le colpe maggiori sarebbero proprio di questi impiegati infedeli. “Non è populismo ˗ afferma la scrittrice ˗ che molti dei nostri problemi economici sarebbero in parte risolvibili con una bella e definitiva pulizia degli sprechi e degli assurdi privilegi che l’apparato statale permette e concede a tutti coloro che sono riusciti a infilarsi sotto le sue ali mafiosamente protettive…”.
E invece quanti di quei cinquemila statali corrotti e corruttori avranno come conseguenza la perdita del posto di lavoro? Nessuno, ritengo. Perché, a parte qualche multa, la conclusione delle singole storie seguirà il lunghissimo e farraginoso iter della giustizia, amministrativa o penale che sia. Ben poca cosa se si pensa che questi “servitori” dello Stato hanno tradito il patto di fiducia etico su cui si regge la società, oltre a danneggiare i loro colleghi che lavorano con serietà e dedizione.
Naturalmente la stessa conclusione vale per tutte le altre categorie di lavoratori ˗ dipendenti o indipendenti, con contratto a tempo determinato o indeterminato ˗ che, a vario titolo, si rendono responsabili di truffe ai danni delle Istituzioni e di enti pubblici e privati.
È però fuor di dubbio che, a mio avviso, le responsabilità maggiori siano di quei politici immersi ˗ quando non delinquono ˗ nelle loro sterili polemiche televisive. Mi chiedo se si rendano conto che, con la loro colpevole inerzia, spingono sempre più i comuni cittadini verso l’indifferenza e il cinismo. O, ancora peggio, li inducono ad uniformarsi alla massa dei malavitosi e di coloro che remano contro il benessere del Paese.
Senza addentrarsi nel campo del penalmente perseguibile è sufficiente soffermarsi su uno dei tanti chiacchierati privilegi (per me il più odioso, perché distrae le forze di polizia dai compiti d’istituto) per rendersi conto del danno ˗ economico e d’immagine ˗ che i politici procurano. Primo tra tutti quello (unico al mondo!) della scorta troppo facile.
A dimostrazione del come questo status symbol sia entrato nel loro Dna vale la pena ascoltare quanto affermato, con disarmante semplicità, dall’on. Gianfranco Rotondi: «In questi anni ho fronteggiato ˗ più che attentatori ˗ cittadini che vedono la politica come un’arena e avendone a tiro un protagonista sgradito esprimono il loro odio. La mia giornata, al pari di tanti colleghi, è piena di sguardi d’odio, di scatti d’ira, persino di coltelli mostrati per dire tutto. Non potete immaginare la professionalità con cui gli agenti fermano queste persone, e l’umanità con cui cercano il dialogo e il più delle volte evitano ogni denuncia…».
Dichiarazione oltremodo scioccante e in stridente contrasto con quella rilasciata negli anni di piombo dall’allora Ministro dei Lavori Pubblici Francesco Compagna a chi gli chiedeva perché, con le brigate rosse che uccidevano chiunque li contrastasse, avesse rifiutato la scorta. «Se le brigate rosse hanno deciso di uccidermi ˗ diceva ˗ lo faranno nonostante la scorta e ci rimetteranno la vita anche gli innocenti poliziotti». E aggiungeva: «Chi decide di fare l’uomo politico deve mettere nel conto dei pro e dei contro il rischio della sua incolumità».
Dunque la madre di tutte le colpe ricade in primis sui politici. Infatti, se solo se ne rendessero conto agirebbero di conseguenza, senza timore dell’impopolarità, sfrondando, pulendo, liberandoci da tutto ciò che è inutile, offensivo e dannoso. È la mancanza di questa semplice azione a spingere sempre più italiani verso l’indifferenza, il cinismo, il disinteresse o tra le braccia dei movimenti come l’ultimo dei cosiddetti Forconi, perché è lì che, alla fine, si annida la disperazione degli onesti (gruppuscoli eversivi a parte).
C’è ancora qualche dubbio in proposito? Provo ad eliminarlo con un esempio tratto dalla realtà locale. Vi sembra “cosa buona e giusta” che in questo periodo (tra l’altro, pre-natalizio) migliaia di brindisini ˗ a causa dei rancorosi rapporti tra gli ultimi due gestori incaricati di svolgere il servizio di riscossione tributi comunali, e della concomitante assenza di un deciso intervento da parte della stessa Amministrazione ˗ siano costretti a “giustificare”, a distanza di cinque anni, i regolari pagamenti a suo tempo effettuati? Si può forse biasimare la voce di questi contribuenti virtuosi quando rimpiangono d’essersi comportati da cittadini onesti?
Ma ˗ minimizzano gli amministratori dopo aver porto qualche inutile scusa ˗ quelle cartelle sono “pazze” e, in quanto tali, alla fine non saranno pagate. Giusto (si fa per dire)! Ma del tempo sprecato dai cittadini non vogliamo tenerne conto? “Time is money”, il tempo è denaro. Lo sanno tutti, dovunque è così, ma non in Italia, non a Brindisi. L’Italia (e con essa Brindisi) è il paese della perdita di tempo, ma è anche il paese dove il denaro è scarso. Che contraddizione! Poco denaro e spreco di tempo, cioè di denaro…
Lo sforzo di rimettere la barca dritta spetta dunque a tutti: agli onesti e ai disonesti. Ai politici ma anche ai semplici cittadini. Diceva infatti Berthold Brecht: “Il peggior analfabeta è l’analfabeta politico. Egli non sente, non parla, non s’interessa degli avvenimenti politici. Egli non sa che il costo della vita, il prezzo dei fagioli, del pesce, della farina, degli affitti, delle scarpe e delle medicine dipendono dalle decisioni politiche.
“L’analfabeta politico è così somaro che si vanta e si gonfia il petto dicendo che odia la politica. Non sa l’imbecille che dalla sua ignoranza politica nasce la prostituta, il bambino abbandonato, l’assaltante e il peggiore di tutti i banditi che è il politico imbroglione, il mafioso, il corrotto, il lacchè delle imprese nazionali e multinazionali…”.
E allora, tutti insieme, impegniamoci perché ci si liberi dalla dittatura della disonestà, restituendo al Paese l’immagine che gli compete. Si tratta, è vero, di un processo a medio-lungo tempo, ma se non si inizia…
Guido Giampietro
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