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Approfondimenti: Quattro semplici idee sul romanzo. Di Gabriele D'Amelj Melodia



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Approfondimenti » 20/12/2013

Quattro semplici idee sul romanzo. Di Gabriele D'Amelj Melodia

QUATTRO SEMPLICI IDEE SUL ROMANZO
Il fascino della parola scritta che racconta storie probabili e fantasie certe
(con un finale a sorpresa incentivante la lettura di un bel libro nostrano...)

Non è certo mia intenzione tracciare un ponderoso profilo critico sulla teoria del romanzo, e cioè sui vari generi, sugli stili narrativi, sui linguaggi, su plot e focal point, sulla tecnica di scrittura o di definizione dei personaggi. Non ne avrei titolo e comunque sono temi che afferiscono più che altro alla cerchia degli addetti ai lavori.
Posso però tentare di esprimere le mie personali convinzioni su quello che per me deve essere un romanzo.
Una storia, vera o immaginaria che sia, può essere raccontata in tanti modi e in varie forme. E può avere un ventaglio di funzioni di prima, immediata percezione: può divertire, spaventare o commuovere, qualche volta anche istruire.
In quanto agli stili, il romanziere può avvalersi della forma colta o popolare o ancora gergale o dialettale, o sperimentale...

Ma tutti questi liberi canoni hanno un imperativo categorico. Debbono trasmettere emozione, suscitare sentimenti e coinvolgimento interiore.
Operazione non facile perché la maggior parte delle narrazioni si ferma a strati più superficiali, generando un interesse volatile, effimero come il sentimentalismo spicciolo e appiccicoso di certi romanzetti in voga.
Una storia ben scritta deve contenere dentro di sé degli ingredienti precisi.
Intanto l'elemento base di un talento naturale che esprima il quid affabulatorio del narratore.
Poi un'accorta capacità tecnica nella creazione dell'intreccio portante e nell'insufflare anima vitale (mi verrebbe da dire pneuma) ai personaggi che agiscono sulla scena degli eventi.
Il tutto amalgamato dal ritmo che deve conferire tonicità e brillantezza anche tramite l'uso di un linguaggio fluido e pertinente.
Una ricetta con almeno quattro stelline di coefficiente di difficoltà...
E ancora non è finita perché, per scongiurare il pericolo di un libro “bruciato” come un qualsiasi prodotto di consumo, è indispensabile che il racconto contenga un messaggio incisivo in grado di arrivare al cuore e al cervello del destinatario, in modo tale da poter essere metabolizzato in una riflessione che va oltre il piacere della prima lettura.

Torna così, accanto al concetto di “piacere del testo”, quello della complicità del lettore che deve avvertire quasi un senso di coinvolgimento attivo, come se avesse.. .collaborato alla formazione della storia.
In questo senso, già cinquant'anni fa, Umberto Eco parlava di “Opera aperta”.
Ci sono romanzi che catturano l'anima per il semplice fatto di riuscire a far avvertire ai lettori l'esistenza di un tratto d'unione non solo con il tema trattato, ma anche con lo stesso autore.

La reazione più comune, quando si legge una bella frase o un dialogo sapientemente costruito è: “E' vero! E' proprio così”.
Se la trama e i suoi fantastici abitatori operano nei luoghi dei nostri affetti, e incidono nella nostra memoria attraverso il mezzo della macchina del tempo che li porta avanti e indietro negli anni, non potremo che fare nostre quelle vicende per continuare a farle rivivere dentro di noi, con la magica sensazione di averle davvero vissute.
Tempo e memoria, così gli scrittori veri lasciano nel lettore un seme da coltivare.

Di romanzi godibili ce ne sono tanti e per tutti i gusti. Ma solo qualcuno di essi ci rimane dentro. E questo succede quando il faticoso, paziente scavo dell'autore tocca le nostre radici.

Uno di questi romanzi è certamente “In viaggio con Cecilia”, di Guido Giampietro. Guido, tarantino per nascita ma brindisino fin nel midollo, brillante pubblicista già noto nell'ambiente letterario per precedenti opere di narrativa, ha elaborato un testo che, snodandosi in due storie asincrone, intreccia un ordito avente come leitmotiv l'amore per la nostra terra, e ci parla del passato incubato in noi e dei sentimenti umani che attraversano il tempo immutabili, pur se mascherati dalle ansie e dal cinismo della contemporaneità.
Una narrazione fluviale, equivocamente in bilico tra realismo e visione fantastica, appunto una realtà sublimata nell'incanto dell'immaginario autoriale.
Un fitto gomitolo di antiche immagini, ricordi, sogni, leggende e speranze, nostalgie “positive” e voglia di tenere ben vivi i valori irrinunciabili di un'orgogliosa identità determinata al recupero dei luoghi e dei costumi violentati nel periodo dell'urbanistica fascista e poi ancora negli anni del “boom economico”.
Il tutto legato con una tecnica narrativa di prim'ordine, ricorrendo ad un linguaggio scorrevole, chiaro, che non rifugge tuttavia termini tecnici, parole eleganti e qualche colto accenno a personaggi e fatti del mondo classico mitologico.
Dialoghi ben congegnati con cifra stilistica richiamante la sceneggiatura filmica e figure molto definite, anche nell'aspetto psicologico.
Un lavoro niente affatto naif in cui si avverte l'accurato labor limae, una fatica intellettuale attenta e scrupolosa intorno ad un preciso nucleo narrativo, con qualche indugio alla riflessione storica e morale.

Vi imbatterete in una storia d'amore sullo sfondo dell'antico quartiere delle Sciabiche, riscoprirete la poesia di vecchi scorci nascosti e le vicende della prestigiosa Saca, respirerete l'aria del primo dopoguerra e il profumo del mare di una volta.
Nel secondo filone, seguirete il viaggio a Brindisi di padre e figlia(Rino e Cecilia), alla ricerca delle proprie radici e del tempo perduto... Il felice intarsio di vita reale e di vita di memoria e di sogno è sempre giocato sul filo di una nostalgia mai sdolcinata o rassegnata rievocazione di un tempo che fu.
Questo è in fondo il messaggio finale dell'autore, virtuosamente impegnato in progetti culturali finalizzati a conservare quel patrimonio di idee, documenti, tradizioni e storie che rappresenta l'humus del cittadino consapevole.
E un romanzo che può essere goduto a vari livelli, anche dalle persone comuni magari non particolarmente usi alla lettura. Con la sola avvertenza di leggerlo con attenzione ed amore.

Dopo quarant'anni, sono infatti sempre attuali le parole scritte da Ennio Flaiano in un elzeviro pubblicato sul “Corriere della Sera” -”La disattenzione è il modo più diffuso di leggere un libro. Molti romanzi sono letti a caso o per abitudine o per noia.
Tra i vizi la lettura distratta è quello più impunito”. Vi consiglio quindi di non rinunciare ad arricchire il vostro personale tesoretto di brindisinità.
Se siete anziani come me per rammemorare fatti e luoghi conosciuti e rinsaldare i valori di una memoria fiera e consapevole, se siete giovani, magari come Cecilia, per apprendere storie e sentimenti del passato che già sono dentro di voi e attendono solo che qualcosa li faccia prepotentemente riaffiorare.

Gabriele D'Amelj Melodia


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