Approfondimenti » 29/12/2013
Giornalisti si è. Di Pino De Luca
Dottò tutti quelli che se mettono ar comune lo fanno pe’ i cazzi loro, due o tre anni e se sistemano. Poi se je dai tempo sistemano la moje, i fiji, l’amante e i fiji del’amante”. E ce so’ pure li cornuti che sistemano l’amante de la moje …”
È lunga dal centro di Roma al Leonardo da Vinci e la chiacchiera col tassinaro è d’obbligo. Queste sono le parole che, solitamente usa il tassinaro romano proprietario di licenza trasferibile. A parte quando ti racconta “de politici e de mignotte” o quando la discussione verte sul calcio.
Me ne ricordo uno che aggiunse alla fine “ e fanno bene dottò, se stavo io a fa er sinnaco me facevo la villa in mezzo al Colle Oppio, sta’ pieno de froci ma è l’unico posto dove se trova ancora un po’ d’aria fina …”
Il tassinaro romano è l’emblema del “nuovo rivoluzionario” nel paese in cui tutti sanno far tutto ma, assai spesso, evitano di fare il proprio mestiere.
Ed ecco che bisogna intervenire per dire cose ovvie ma che, evidentemente, ovvie non son più.
Prendiamone una: la libertà di stampa, ove per stampa dobbiamo intendere la tipica forma printata su carta e quella edita elettronicamente che l’evoluzione non produce solo problemi, talvolta anche soluzioni.
Scrivere e raccontare è una delle cose più utili alla convivenza umana, che, se qualcuno se lo fosse dimenticato, gli esseri umani, bipedi implumi, sono animali sociali, che vivono insieme stabilendo relazioni funzionali ed anche gerarchiche.
E quando qualcuno decide di fare il giornalista decide semplicemente di raccontare ai suoi simili ciò che vede, intravede o prevede. Magari perché più dotato, più informato o semplicemente più attento.
Vi sono alcuni giornalisti che passano la vita a fare agiografie, encomi, adulazioni ed esaltazioni di questo o quel personaggio, avvenimento, pensiero.
Ve ne sono altri che preferiscono investigare sulla parte oscura che è legata ad ogni luce, sul male che sempre si accompagna al bene, sul celato piuttosto che sul palese.
Ve ne sono altri ancora che non hanno fatto scelte definitive e raccontano le cose come capitano, come arrivano sotto gli occhi.
Sapere che vi possano essere giornalisti che, liberamente, decidano di appartenere a una di queste categorie, dovrebbe essere una garanzia per tutti ed essere salutato come elemento di crescita culturale di una comunità intera.
Trovo molto triste che ci siano persone che si lamentano se vengono criticate a mezzo stampa, se si sottolineano degli errori o si criticano pubblicamente dei comportamenti.
Trovo molto triste che, per la seconda volta, mi tocca mettere il mio corpo tutto intero di fianco a quello di Fabio Mollica spiegando che chi lo offende, offende anche me e tutti quelli che provano a raccontare pezzettini di verità di questa terra.
Chiederò agli amici della Fondazione di mettere questo pezzo sulla pagina di Raccontiamo Sinisi, perché il mio amico Franco non avrebbe tollerato che un giornalista possa essere fatto segno di polemiche personali. La rivoluzione, in questo paese, sarà quella che rimetterà le cose al loro posto: i giudici a fare i giudici, i politici a fare i politici e i buffoni a fare i buffoni. Come devono essere i tassinari che portano i taxi e i calciatori che giocano sul campo.
Se una categoria decide di fare il suo mestiere lo si lasci in pace e lo si incoraggi a farlo, la città di Federico II ricordi che il puer Apuliae assumeva i suoi critici per poter correggere i suoi errori. Ma di Stupor Mundi ne è esistito uno solo ma la pletora di Stupidus Mundi è vasta …
Pino De Luca
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