Approfondimenti » 02/01/2014
Ricordo di un grande cantore del Sud: omaggio a Vittorio Bodini. Di Gabriele D’Amelj Melodia
Ci sono personaggi che, pur essendo grandi, vengono ricordati solo in occasioni storiche come il centenario della nascita o della morte. Dopo queste celebrazioni rituali, sempre un po' retoriche, tutto torna come prima, e il “Maestro” viene riposto, fino alla prossima commemorazione, nello scaffale più alto della memoria collettiva a raccogliere l'onta di un polveroso oblio.
E' il dazio che paghiamo al convulso dipanarsi della contemporaneità, che non sa più selezionare
l'eccellenza , limitandosi a collezionare i prodotti culturali con criteri di ottusa massificazione.
Almeno il 70% dei libri pubblicati sono pattume e gli autori del passato sono ripescati dagli editori soltanto per “tendenza”o, appunto, in occasioni storiche, per motivi metaletterari.
Oggi vorrei parlarvi di Vittorio Bodini, un autore ingiustamente fagocitato dal perverso meccanismo
consumistico del “leggi e getta”. E lo voglio fare prima che scoppi la frenesia della celebrazione a
gettone programmata per fine anno, visto che il 6 gennaio del 2014 sarà il giorno del centenario della nascita del poeta.
Barese per caso e leccese per famiglia ed educazione, ispanista, saggista, intellettuale raffinato, è
balzato agli onori delle letteratura soprattutto per le sue straordinarie liriche. “ Non cerco la poesia,
non l'ho mai cercata. Aspetto che sia essa a trovarmi. ” ha scritto il Maestro con una punta di civetteria. Del resto la vena poetica non si costruisce a tavolino, magari attingendo al proprio bagaglio culturale. Ci vuole ben altro. E' indispensabile il sacro fuoco dell'ispirazione autentica,
un peculiare “quid“ di sensibile comprensione del “miracolo del mondo “.
Molti critici hanno definito sincretica la lirica bodiniana, nel senso che contiene molte esperienze artistiche del '900, dal futurismo all'ermetismo, dal barocco spagnolo al surrealismo. Personalmente,
se proprio è necessario inquadrare Bodini in un contenitore di comodo, mi piacerebbe definirlo, con classico ossimoro, singolare esponente di una forma di “ realismo surreale”. Ma la sua cifra stilistica, oltre che di salsa salentina, è anche intrisa di naturali echi andalusi. I riferimenti a Rafael Alberti e a Garcia Lorca , sia nei temi che nel linguaggio, sono continui. In un articolo pubblicato nel 1951 sulla “ Gazzetta del Mezzogiorno” aveva scritto “ Io sono quasi spagnolo. Madrid dovrebbe essere la vera capitale del mio paese. Vi è in me la medesima combinazione di follia e di realismo che anima gli spagnoli, le stelle inerzie febbrili e lo stesso bianco della calce contro il cielo. In Italia queste cose non le capiscono, vengono considerate frutto di un costume da arretrata provincia “.
Vittorio Bodini filosofo, ispanista, studioso e traduttore di Cervantes, Jimenez, Alberti e Lorca, pur riconoscendosi in alcuni topoi comuni alla cultura ispanica (la luna, il bianco della calce, la polvere
delle strade ecc.) rielabora in chiave salentina immagini, emozioni, ricordi tutti legati al territorio,
alle grotte, alle cave di tufo, alle chiese barocche e alle torri aragonesi battute dal vento. La sua
originalità magistrale sta nella peculiare complessità di una forma poetica solo apparentemente
chiara e facile, perché nella filigrana nascosta di quei versi si intravedono i segni di un raffinato
fonosimbolismo frutto di tecnica, ma anche naturale poiesi dell'animo. Le allitterazioni, i raddoppi anagrammati e il ricorso a “vocali colorate” rimandano spesso a Rimbaud. Ma nel Nostro tutto è rivisitato, “salentinizzato”, finalizzato alla ricerca di una profonda identità meridionale, mediterranea. E le metafore sposano senza forzatura alcuna il bianco della calce e il giallo del tufo barocco. E la “luna verde e tonda come l'orologio della piazza” è quella di Spagna ed è quella leccese, come leccesi sono i carrettieri che di notte cantano tristi sotto “una luna sinistra a forza di essere bianca” Ed ecco ancora zoomate di cose comuni ad entrambe le culture mediterranee: le
ghirlande di peperoncino, le foglie di tabacco al sole, gli ulivi, i cavalli e i gerani ("le piante dei cornuti"). "Tu non conosci il Sud/le case di calce/da cui uscivamo al sole come numeri/dalla
faccia di un dado" è l'incipit meraviglioso di “Foglie di tabacco” (1945-47) che fa venire in
mente il placido verseggiare montaliano della "casa dei doganieri"... "Tu non conosci la casa dei doganieri". In verità c'è anche un'altra poesia in cui riecheggia la cifra del genovese, mi riferisco
ad “Ostaggio”, lirica inclusa nella raccolta “Zeta” (1962-69): " O se il nulla non fosse solo il
nulla/ma nuvolaglia polvere poltiglia/ nella luna/ senza colore/senza nulla". Il suo nichilismo ateo è patente e dichiarato, sia nelle liriche sia nei saggi e nei numerosi articoli pubblicati. Ma anche in questa radicale posizione, quanta pietas e sofferta meditazione ( "O mio Dio a cui non credo/ ti leggo come una poesia profonda/piena di occulti sensi e di fiumi paterni")
Irrequieto, sofferto, voglioso di aprirsi a nuove esperienze, Bodini visse a Madrid, a Roma, a Firenze, a Bari, a Lecce, persino a Torchiarolo (nel 1955) con la sua sposa Antonella(Ninetta) Minelli, che lui chiamava affettuosamente “La Brindisina”, vera musa ispiratrice di tante poesie, sempre ricche di folgoranti immagini che vanno dritte al cuore e si fissano nella memoria, come files pronti poi ad essere richiamati per tutta la vita. Il vero piacere dei sensi e dell'intelletto non si ha leggendo, ma ri-leggendo. Che è poi quello che ha detto di lui Quasimodo, suo amico ed estimatore (al pari di Calvino, Caproni, Ungaretti) perché quei versi amaramente fluidi, semplici, celano sempre qualcosa da scoprire, una cifra criptica ed enigmatica, astratta, sfuggente e perciò particolarmente ammaliante.
Vittorio Bodini dedicò una bella poesia anche alla nostra Fontana Tancredi. Peccato che non
se ne siano ricordati i distratti responsabili del recente restyling dell'intera area. Credo che sarebbe stato opportuno affiggere una targa in memoria del poeta salentino e, magari, la riproduzione della
poesia su uno dei leggii sistemati nello spiazzo. Ma si fa sempre in tempo a rimediare.
BRINDISI di Vittorio Bodini
L'ultimo sole sui carri,/ sulle code dei cavalli,/ l'ultimo sole di oggi/ che non è domani./
Alla fontana col secchio/ i carrettieri/ voltavano le spalle/ a quell'ovale e quasi esile specchio/
ove la sera calumava reti/
ed un viola d'obblio, e annidati/
in qualche parte dell'onda/ i piccoli gabbiani/
chiedevano la storia/
di Moby Dick che muove solitario/
sugli oceani assoluti./
E un palmizio era a guardia della fonte/
che come un ladro io guardavo./
Ladro del tempo che ci ruba tanto./
Era qui che i crociati abbeveravano/ i loro cavalli.
Gabriele D'Amelj Melodia
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