01/02/2006
"Puglia dal cielo" di Luca De Napoli
Venerdì 3 Febbraio 2006, alle ore 19,30, presso il Comando III Regione Aerea di Bari sarà presentata l’Opera fotografica «PUGLIA DAL CIELO» del fotografo-comunicatore Luca De Napoli.
Si tratta di un volume fotografico di grande pregio di una regione che, fotografata dal cielo, mostra il suo abito più bello.
Realizzato in collaborazione con il Comando della III Regione Aerea, la Squadriglia Collegamenti del 32° Stormo di Amendola e l’84° Centro S.A.R. di Brindisi, contribuisce a fornire una rappresentazione del territorio che colga in pieno le caratteristiche paesaggistiche, ambientali, agricole e culturali di questa terra, attraverso immagini da elicottero di forte spessore artistico e di grande impatto emozionale.
L’Opera editoriale ha una prefazione di Raffaele Nigro ed è divisa in quattro capitoli commentati con testi di: Lino Patruno per «Luci e Spazio», Nino Lavermicocca per «Le radici della memoria», Giovanni Dotoli per «Uno sguardo dall’Altopiano» e Arnaldo Colasanti per «Immagini e Immaginario».
Edita da Progress Communication Divisione Editoria, è in libreria nella versione pregiata da 144 pagine e in due versioni ridotte da 64 pagine.
Una Puglia inconsueta tradotta in immagini che spesso sono fucilate impressionistiche, specialmente sul mare, dove l’altitudine spiazza l’acqua e scava nei fondali, deforma i colori e dov’era un blu ti torna viola e dove era verde schiarisce verso tinte pastello. Una Puglia che si fa astratta, una sequela di solidi colorati. Più si sale, più sale l’obiettivo con cui Luca De Napoli ha voluto raccontare questa volta la terra degli olivi e della calce e più si perde il senso della realtà e si fugge verso l’astrazione.
Luca De Napoli non è nuovo a giocare questi tiri, lo ha fatto in altre circostanze, fissando con l’obbiettivo la pelle del mare, intricandosi nelle chiome degli olivi o nelle siepi di edere o sulle cortecce degli alberi. E’ un artista che gioca tra figurazione e astrazione,tra realismo e concettualità.
Si può girare per esempio intorno ai campanili barocchi del Salento e coglierne monofore stucchi sculture lanterne campane, come immensi teschi traforati dalle intemperie o intorno alle cupole delle cattedrali romaniche della Peucezia e del brindisino o lambire gli strapiombi della costa di Polignano, di Castro, di Mattinata, temere di sbattere contro una parete rocciosa e levigata, da un momento all’altro, o sorvolare a pelo le schiume schiaffeggianti e rubare un’inquadratura che dalla terra era impossibile ottenere. Larga, immensa, infinita. Come la distesa d’acqua sul porto di Brindisi, come la fuga del mare dai bastioni di Taranto o di Otranto.
A volte ci si perde tra stormi di uccelli. Così sono i fenicotteri oltre le saline di Margherita, così le case medievali del rione Junno a Monte Sant’Angelo o i rosari di trulli tra le tende di pietra di Alberobello, i calcinosi saliscendi di Ostuni e di Locorotondo e i labirinti delle città antiche di Bari Molfetta Lecce Brindisi Taranto. E finalmente puoi guardare in faccia le prospettive di Trani, Peschici e Barletta, sui porti visti dal mare, spiare nell’occhio magico dei rosoni con cui le chiese medievali come Polifemi cristiani guardano il mondo, sorvolare il cappellone spinoso del nuovo santuario di Renzo Piano a San Giovanni Rotondo e guardare dall’alto in basso le cale del Gargano, le pinete della foresta Umbra, le zampe rinsecchite dei trabucchi, come Gulliver a Lilliput.
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