17/09/2003
Focus: Tassa rifiuti: dove la verità ?
E’ bagarre in città sul tema della Tassa sui Rifiuti Solidi Urbani (più nota come TARSU o tassa sulla spazzatura); al dibattito (finora a distanza e a volte rovente), oltre che imprenditori, organi di stampa ed alcune associazioni di categoria, hanno partecipato anche le cariche istituzionali localmente più rappresentative (leggi Sindaco di Brindisi e Presidente della Provincia), del resto gli interessi economici – e non solo – in gioco sono elevati.
Come mai tanta maggiore incidenza della tassa sulle tasche di cittadini nel 2003 ? Questo l’ambito della controversia.
In brevi note, si intende ripercorrere l’iter dei fatti (con l’aggiunta di qualche dichiarazione rilasciata dalle autorità comunali) senza fronzoli né commenti e soprattutto per quello che è dato di sapere da fonti di stampa. Questo affinché il contribuente, eventuale parte lesa della vicenda, possa valutare autonomamente la legittimità della pretese impositive del Comune; ci limitiamo a fornire solo gli opportuni supporti normativi perché tale valutazione sia resa quanto più possibile consapevole.
I fatti
Ad agosto, forse anche prima, scoppia la bomba: gli imprenditori della zona industriale insorgono perché ricevono dalla Gestor, l’esattore comunale (alias concessionario per l’accertamento e la riscossione dei tributi locali in città) una sfilza di cartelle esattoriali, ribattezzate “pazze” secondo una oramai usuale terminologia giornalistica, attestanti cioè pretese impositive a carico dei contribuenti giudicate stravaganti (per eccesso), aventi ad oggetto appunto la cosiddetta “tassa sulla spazzatura”.
Le ragioni dei contribuenti (gli imprenditori e come vedremo di seguito non solo loro) si fondano su elementi di merito che vanno da aspetti economici a circostanze di fatto: il rincaro degli importi pretesi è stato del 60% (confermato anche da fonti pubbliche) ma soprattutto si è rivelato erga omnes cioè esteso a tutti, in altri termini anche a carico di chi, per ragioni concrete, o non beneficia del servizio di raccolta dei rifiuti (di cui la tassa dovrebbe rappresentare un compenso secondo la ratio dettata dalle norme istitutive) perché ad esempio provvede autonomamente alle proprie esigenze di smaltimento tramite terzisti (come imposto da specifiche normative), o dovrebbe godere di agevolazioni a livello di aliquote (ad esempio le imprese lontane più di 300 metri dal cassonetto ovvero quelle che effettuano investimenti cosiddetti ambientali).
Il tempo di ricevere anche loro qualche sgradita sorpresa ed anche i privati cittadini hanno storto il naso: innanzitutto quest’anno la tassa è risultata più esosa anche per loro, inoltre il criterio impositivo basato sulla superficie della proprietà immobiliare - dicono - non convince, piuttosto sarebbe più equo il criterio della effettiva quantità di rifiuti prodotta; infine pare che le agevolazioni spettanti per legge ad alcune categorie di contribuenti come pensionati, nuclei familiari ridotti, residenti all’estero, agricoltori abitanti in zone rurali ecc. (e i portatori di handicap ? ndr) non siano state opportunamente rese note agli interessati affinché potessero legittimamente rivendicare i propri diritti ed accedere ai benefici.
Dalla voce del Comune si riceve conferma del netto aumento delle aliquote impositive ma in conformità, sostengono, alle opportunità concesse alle amministrazioni locali dalle norme dello Stato (anche se il Decreto Ronchi istituisce anche dei termini temporali per spalmare gli aumenti in più anni e non in uno solo ndr) ed in ragione dell’incremento dei costi di gestione del servizio raccolta e smaltimento che devono trovare copertura dal gettito.
Nessun errore quindi negli addebiti, parole del Sindaco, ma una promessa ed un impegno seri perché la qualità del servizio sia all’altezza delle aspettative del cittadino – anche a costo di rescindere il contratto con la Slia.
Qualche accenno normativo
Com’è noto la Tarsu è essenzialmente disciplinata (perché il resto lo fanno i Regolamenti Comunali di attuazione ed il Decreto Ronchi), dagli artt. 58 e seguenti del Decreto Legislativo n. 507 del 1993. Dalle citate disposizioni, si evince – chiariamolo subito – che l’addebito della Tarsu ai cittadini nulla in più deve essere, se non la controprestazione, o meglio il compenso che gli stessi devono corrispondere a fronte del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti urbani di cui il Comune direttamente o, come spesso accade, indirettamente è gestore. Questa impostazione trova perfetta rispondenza nell’orientamento dettato dal decreto Ronchi che sta appunto portando ad una trasformazione della Tassa in oggetto in una vera e propria Tariffa.
Non è pertanto qualificabile tale tassa come un’entrata per le tasche del comune e non deve esserlo.
Tanto premesso, la stessa norma di legge (cfr. art. 59 decreto 507 cit.) impone una riduzione di imposta per i contribuenti che per ragioni logistiche non possono beneficiare appieno del servizio, ovvero nei casi in cui ci siano inadempienze nella erogazione del servizio stesso.
Sotto il profilo oggettivo poi, per effetto della legge comunitaria n. 128 del 24 aprile 1998, abrogativa di precedenti disposizioni sempre di valenza comunitaria, i rifiuti delle attività economiche precedentemente assimilati ad urbani ordinari, vengono esclusi da questo novero e decretati “speciali” e pertanto dovrebbero essere esentati da Tarsu (essendo il loro smaltimento a carico e cura dell’operatore economico stesso).
Sempre in ambito di esenzioni, l’art. 62 del più volte citato decreto, stabilisce che la tassa non è dovuta in presenza di obiettive condizioni di impossibilità di produrre rifiuti (luoghi impraticabili o interclusi o in abbandono, non soggetti a manutenzione, o stabilmente muniti di attrezzature che impediscono la produzione di rifiuti) ovvero a fronte del particolare uso delle superfici (ad esempio locali non presidiati o con presenza sporadica dell’uomo o adibiti al deposito di materiali in disuso o di uso straordinario ecc.).
Ugualmente l’imposta non è dovuta in caso di produzione di rifiuti speciali, tossici o nocivi su superfici a ciò destinate e strutturate a prescindere dall’adempimento dell’utente ad altri obblighi previsti nelle varie circostanze.
In ambo i casi di esenzione di cui sopra scatta il meccanismo di inversione dell’onere della prova a carico del contribuente che deve dimostrare di riversare in una delle condizioni di cui sopra.
L’art. 66 fissa alcuni paletti, rimessi a discrezione al potere regolamentare dei Comuni, per agevolare particolari situazioni (in misura massima del 30%): per le abitazioni con un unico occupante, per quelle tenute a disposizioni per uso stagionale o discontinuo, per i cittadini che abbiano dimora all’estero per più di sei mesi l’anno, per gli agricoltori in case rurali, ed in generale (art. 67) per categorie di contribuenti per le quali, i Comuni, a loro responsabile giudizio, ritengano equo operare in tal senso riconoscendo loro agevolazioni.
Il tutto con un vincolo sostanziale e cioè che trattasi pur sempre di un compenso per un servizio reso che pertanto mai deve superare il costo del sevizio stesso (e per la verità – dice la legge – non può mai essere al di sotto di una certa percentuale dello stesso).
Ai cittadini ora giudicare l’operato della propria amministrazione comunale.
Gianluca Alparone |