15/09/2006
Lettera ad una donna mai conosciuta. Di Francesca Cuomo
Avevo 12 anni quando, per la prima volta, ho letto “Lettera ad un bambino mai nato”.
Ne sono rimasta sconvolta e affascinata: ho capito quanto un fiore di magnolia possa essere triste, ho capito quanto possa essere umiliante e al tempo stesso necessario lavare sudici calzini, ho capito che si può odiare strenuamente la cioccolata, poi ho capito che tipo di donna volevo diventare.
E’ stato facile vivere la guerra, osservare inerme le brutture e le ingiustizie che produce?
E’ stato facile raccontarle con sguardo fisso e polso fermo?
Ed è stato facile, a distanza di anni, sentirsi dire di “amare la guerra perché ti fa sentire giovane e bella”? Certamente non lo è stato.
Come non deve essere stato facile amare “Un uomo”, Alekos, altrettanto forte, coraggioso e ostinato. Ma anche i giovani astronauti americani lo avevano capito; tu sei stata una “tartaruga”.
Una donna ed una giornalista capace di ammettere l’odio per “l’oggettivo” e che intervistando la storia, l’ha raccontata meglio di qualsiasi testo, attraverso i personaggi che l’hanno scritta.
Dopo l’11 settembre 2001, qualcuno ha detto che eri cambiata, che avevi perso la misura delle cose, che avevi perso la ragione. Questi “qualcuno”, è evidente, non hanno mai letto o capito le tue parole. A chi ti ha insultata, offesa, imitata, sbeffeggiata, minacciata, rispondiamo insieme che non ti importa “Niente e così sia”.
Francesca Cuomo
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