01/01/2007
Brindisi: la stagione teatrale
03 Novembre 2006 (recupero della stagione 05/06 - FUORI ABBONAMENTO)
Alessandro Gassman
LA FORZA DELL'ABITUDINE
di Thomas Bernhard; traduzione e adattamento di Alessandro Gassman e Carlo Alighiero
con Alessandto Gassman, Paolo Fosso, Sergio Meogrossi ed Colombaioni
regia di ALESSANDRO GASSMAN
La forza dell'abitudine è, come tutti i testi di Bernhard, una meravigliosa metafora della vita e dell'incapacità degli artisti a veder realizzata compiutamente la propria arte. Un'utopia che il nostro protagonista, il direttore del Circo Caribaldi, da anni non solo anela di raggiungere ma che tenta di imporre ai propri squinternati "subalterni".
La comicità assurda che scaturisce dal gruppo di circensi descritti da Bernhard, coinvolge inevitabilmente tutti noi: chi non ha, almeno una volta nella vita, desiderato di raggiungere nell'arte, nel lavoro, mete più alte di quelle che prevedibilmente si era prefissato? Il raggiungimento della perfezione, senza compromessi, senza interruzioni, senza volgarità? Il mestiere dell'attore è curioso.
Col passare del tempo, con l'accumularsi delle esperienze, può succedere, come è successo al sottoscritto, di cominciare a vedere i propri limiti, di non accettare le proprie incapacità, di divenire curiosi del lavoro degli altri attori, di sentire forte il desiderio di partecipare in altra maniera alla creazione di uno spettacolo. Quando a tutto ciò va ad aggiungersi l'amore, più che decennale, per un autore come Bernhard, il passo verso la regia diventa quasi una necessità. Il Circo, la cui arte è in via d'estinzione, offre infinite possibilità per comunicare allo spettatore, divertendolo, il senso d'impotenza che noi, artigiani dello spettacolo, proviamo di fronte all'avanzare della volgarità, della sordità, dell'appiattimento culturale favorito dai moderni mezzi di comunicazione. Il mio semplice intendimento sarà quello di far emergere la straordinaria capacità di Bernhard nel descrivere la condizione umana, attraverso le ridicole e tenere imprese del direttore Caribaldi, del giocoliere, del domatore, della ballerina e del buffone. Il comico tentativo dei nostri eroi di suonare tutte le sere, dopo lo spettacolo, il quintetto de "La trota" di Schubert, l'incapacità tecnica e psicologica che li attanaglia, l'incomprensione per l'importanza della "missione", scatena nel direttore una rabbia crescente. La sua maniacale ansia di perfezione e lo sgomento di non riuscire nel suo intento, ne fanno un protagonista esilarante, a volte tirannico, nel quale, onestamente, mi riconosco (condividendone, ahimé, tutte le paure) e al quale dovremmo tutti volere un po' bene… Buon divertimento.
Thomas Bernhard (1931-1989), poeta, romanziere e drammaturgo austriaco, dallo stile graffiante e ricco di humour, perennemente in lotta contro il suo paese. Nato nel febbraio del 1931 a Heerlen (Olanda), si trasferì in Austria l'anno seguente e questa fu la sua autentica patria. Iniziò la sua carriera di scrittore, come giornalista e come critico letterario, cinematografico e teatrale. Pubblicò il primo racconto nel 1953 e da allora la sua attività sia di narratore che di drammaturgo proseguì con sempre maggiore successo e in mezzo a molteplici polemiche. La biografia dello scrittore austriaco è infatti costellata di processi per diffamazione, denunce e aggressioni verbali: tutto "merito" del suo carattere teso al disturbo e alla critica feroce, rivolta soprattutto contro l'Austria e Salisburgo in particolare, accusati, con i suoi abitanti, di ottusità, bigotteria, grettezza e mancanza di fantasia. L'attacco di pleurite e la tubercolosi contro la quale dovette combattere per tutta la vita costrinsero Thomas Bernhard ad una costante, e soprattutto solitaria, battaglia contro la morte e segnarono il suo carattere già controverso, misantropico e nichilista piegandolo verso un'intransigenza per tutto ciò che è abietto, meschino. In un saggio sul teatro, Luigi Forte osserva come in Bernhard "gli eventi si registrano soltanto nel linguaggio". C'è una incessante invenzione linguistica che arriva fino al grottesco, con effetti di comicità che attenuano il clima di tragedia: "Come Kafka, anche Bernhard è stato un grande autore comico: nel suo humour nero, egli mette a nudo ogni forma di mistificazione. I suoi eroi drammatici sono spesso clowns che sbeffeggiano il destino, sorridendo per la loro totale impotenza ma affermando così anche la loro precaria libertà".
15 Novembre 2006
Simona Marchini
SORELLE MATERASSI
di Aldo Palazzeschi
regia di MAURIZIO NICHETTI
"II poeta si diverte / pazzamente / smisuratamente / Non lo state a insolentire / Lasciatelo divertire / poveretto / queste piccole corbellerie / sono il suo diletto."
Così scriveva Palazzeschi rivendicando il suo diritto: "Lasciatemi divertire" e da questa angolazione ironica guardava il mondo e faceva muovere i suoi personaggi ,.. .ma non solo per divertimento.
Perché riprendere oggi la storia di Teresa e Caterina Materassi?
Le due improvvide zie capaci di rovinarsi per amore di un nipote impunito" cosa possono insegnarci? Molto, perché la loro è anche la nostra storia, la storia dei nostri anni. La misura e il buon senso minati da nuove e affascinanti promesse. Mille tentazioni che si intrufolano nelle nostre case attraverso le mode, i canali televisivi, gli inserti patinati. Nuovi scenari tecnologici e finanziari che ci illudono continuamente, ci ammaliano, promettono e poi ci abbandonano più poveri e più tristi di prima. La speranza di facili successi e di popolarità gratuite illudono i nostri giovani sempre alla ricerca di scorciatoie non di strade maestre, proprio come Remo. E noi, come Teresa e Caterina Materassi, ci perdiamo in un'altalena di sensazioni, attratti e delusi continuamente da quelle grida gioiose di giovanili entusiasmi dispensati a caso in palinsesti televisivi tutti uguali.
Remo è il volto sorridente di un politico. Remo è l' Euro. Remo è un'azione della New Economy, Remo è la voglia di un futuro migliore alla quale ci attacchiamo disperatamente tanto più ci sentiamo in crisi. Per questo risentire le corbellerie di Palazzeschi può essere salutare, saper ridere delle nostre debolezze può essere utile, rivedere le Sorelle Materassi può essere molto attuale.. ..e poi "lasciateci divertire".
01 Dicembre 2006
Ente Nazionale del Balletto - Balletto di Roma
LO SCHIACCIANOCI
con la partecipazione straordinaria di
ANDRÈ DE LA ROCHE
Coreografia e regia di MARIO PIAZZA
Lo Schiaccianoci è divenuto, in un tempo relativamente breve (in Italia debutta nel 1938) un balletto popolarissimo, spesso usato - e abusato - come una sorta di 'strenna' natalizia, una specie di fiaba gioiosa dedicata all'infanzia. In realtà, Lo Schiaccianoci è semmai dedicato, verrebbe da dire, alla tragedia dell'infanzia ovvero al doloroso e traumatico atto del crescere, al difficoltoso abbandono del mondo dei giochi e delle sicurezze, al superamento di quella “linea d'ombra” che segna il passaggio verso le tortuosità dell'adolescenza…
Adottando l'andamento e gli espedienti del thriller e coniugandoli con il linguaggio della danza contemporanea, Lo Schiaccianoci - con la sua dilatazione mostruosa della dimensione domestica, le sue mini-battaglie, la violenza e l'orrore sottesi in tutta la narrazione - si presta a farsi specchio fedele delle generazioni odierne, precocemente private dell'infanzia (e quindi del diritto all'innocenza) dall'informazione ossessiva dei media, che hanno ormai trasformato la guerra e ogni altra violenza in 'spettacolo' da guardare con distratta indifferenza in qualsiasi momento della giornata…
In questa nuova versione, dove spesso situazioni e psicologie vengono letteralmente ribaltate, lo Schiaccianoci - sorta di inquietante alter ego di Drosselmeyer, quasi un Mr. Hyde - diviene il grumo di tutti gli incubi della piccola Clara, sinistro personaggio capace di assassinare il fratellino Fritz o di trasformarsi in una macabra Fata Confetto (simbolo dell'ingannevole 'dolcezza' dei malvagi)… Passando di spavento in spavento, Clara, novella Alice, si desterà quando ormai l'incubo sembra schiacciarla senza più scampo: ritroverà i suoi cari, ma vedendoli ormai con occhi diversi; gli occhi di chi - forse ancora confusamente - comincia a comprendere che da quegli affetti bisognerà imparare a distaccarsi e a fare da soli. Il tutto narrato secondo le regole e i 'tranelli' dei nuovi giochi tecnologici: il sogno si sfrangia nell'incubo di un atroce videogame che ingloba e imprigiona la protagonista, annullando ogni confine tra reale e virtuale, dove non sono più tanto i giocattoli a prendere vita, bensì il giocatore stesso a essere orribilmente trasformato in futile pedina…
Ogni possibile 'riscatto' andrà cercato dunque secondo tali regole, ma al tempo stesso (ricordiamoci che si tratta di una fiaba e tale deve restare) con i mezzi da sempre a disposizione di ogni creatura umana, ovvero la fede in se stessi e nella nostra parte migliore, uniche vere 'armi' per affrontare lo spinoso cammino degli adulti, alla conquista della propria porzione di felicità. (Riccardo Reim)
05 Dicembre 2006 - FUORI ABBONAMENTO
RENZO ARBORE
ORCHESTRA ITALIANA
in Teatro
Dopo la trionfale tournèe estiva, con 20 concerti “Sold out” e oltre 120 mila spettatori, che lo hanno reso uno dei tour più riusciti della stagione, Renzo Arbore torna con la sua Orchestra a calcare le scene dei più prestigiosi teatri nazionali.
La nuova tournèe teatrale dello showman foggiano e della sua orchestra di “all stars” farà tappa, dopo un’assenza di ben otto anni, anche nei teatri pugliesi, in uno straordinario e coinvolgente spettacolo di musica e goliardia, durante il quale saranno proposti i migliori brani della tradizione napoletana, le canzoni che hanno fatto celebre la musica italiana nel mondo, oltre che le innumerevoli invenzioni musicali e non del “Renzo nazionale”.
19 Dicembre 2006
Paola Cortellesi
GLI ULTIMI SARANNO ULTIMI
di Massimiliano Bruno
scritto con Paola Cortellesi, Furio Andreotti, Giampiero Solari
regia di GIAMPIERO SOLARI e FURIO ANDREOTTI
Un’operaia incinta si ritrova disoccupata alla vigilia del parto. La donna è disperata e la sua reazione è improvvisa quanto maldestra: irrompe sul posto di lavoro e prende in ostaggio la responsabile del suo licenziamento.
Questo è il punto di partenza de “Gli ultimi saranno ultimi” una tragicommedia italiana che gravita intorno al mondo del lavoro. Una vicenda vissuta tutta in una notte, in cui si incrociano i destini di uomini e donne normalmente distanti tra loro: una fredda dirigente d’azienda piegata alle leggi di mercato, una ingenua poliziotta di provincia, un transessuale sarcastico e disilluso, un guardiano notturno pensionabile e trasandato, una saggia donna delle pulizie fissata con le canzonette e un bambino che sta per nascere…
E se decidesse di venire al mondo proprio quella notte?
Paola Cortellesi interpreta tutti i protagonisti di questa storia, in uno spettacolo amaro e dissacrante.
10 Gennaio 2007
Antonio Casagrande
Giovanni Esposito – Mimmo Esposito – Ernesto Lama
O’ SCARFALIETTO
(LO SCALDALETTO)
di Eduardo Scarpetta; libero adattamento Eduardo De Filippo
regia di ARMANDO PUGLIESE
“Lo scarfalietto” è una delle commedie più belle di Eduardo Scarpetta, scritta nel 1881 è ispirata all’opera francese “La Boulé” di Meilhac e Halévy.
Il personaggio centrale, don Felice Sciosciammocca, maschera tra le maschere, risponde all’esigenza dell’autore di avvalorare le esigenze della sua variopinta fantasia con il controllo del quotidiano, esprime in sé i caratteri fondamentali della commedia napoletana, i quali ricorrono senza alcun dubbio nell’arte di Eduardo De Flilippo.
Fu lo stesso Eduardo che ne fece uno straordinario adattamento teatrale che è quello da noi messo in scena.
Il primo atto si svolge nella casa di Amalia e Felice Sciosciammocca, giovani sposi, i quali, a seguito di continui litigi, che vedono coinvolti anche i loro camerieri, Michele e Rosella, decidono di separarsi chiamando in causa i loro avvocati Anselmo e Antonio.
Nella lite viene coinvolto anche il malcapitato Gaetano Capocchia, uomo curioso e dal carattere singolare, che si rivolge ai coniugi per prendere in fitto una casa di loro proprietà nella quale sistemare la sua giovane amante, la ballerina Emma Carcioff.
La scena del secondo atto è ambientato dietro le quinte del teatro dove lavora Emma, nel quale fervono i preparativi per il nuovo spettacolo. Qui si reca spesso Don Gaetano, che ricopre di gentilezze la ragazza, non sapendo che la stessa ballerina è amata anche da Antonio. E qui capitano anche Felice e Amalia, che pretendono a tutti i costi che Gaetano diventi loro testimone nella causa di separazione.
Nella confusione generale si inserisce anche Dorotea, moglie di Gaetano, che, venuta a sapere della storia di suo marito con la ballerina, è decisa a chiedere giustizia.
Il terzo atto è ambientato in un’aula di tribunale, dove convengono tutti i personaggi della commedia e dove, dopo le testimonianze e le arringhe degli avvocati, la giuria potrebbe proclamare il verdetto finale. Ma nell’atmosfera esagerata e inverosimile delle storie di Scarpetta, tutto è possibile…….
Eduardo Scarpetta (1853-1910) nacque a Napoli il 13 marzo del 1853 da Domenico e da Emilia Rendina; comincia molto presto a praticare il mondo del teatro e a 24 anni entra nella compagnia di Antonio Petito al Teatro Sancarlino, dove riscuote enormi successi mettendo in scena le pochade francesi tradotte in napoletano e messe in scena dallo stesso autore.
Il 16 marzo 1876 sposa Rosa De Filippo, dal loro matrimonio nascono tre figli, Domenico, Maria e Vincenzo. Dalla relazione extra-coniugale con Luisa De Filippo (figlia di Luca, fratello di Rosa De Filippo) nacquero Titina, Eduardo e Peppino. …
Anno 1921: Eduardo De Filippo (figlio di Eduardo Scarpetta) assume la direzione artistica di una piccola formazione, la “Compagnia Comica Napoletana” da lui diretta con Titina prima attrice. Il debutto avviene il 1° ottobre a Napoli, al Teatro Cavour con un libero adattamento di una delle più divertenti commedie scritte dal padre ovvero ’O Scarfalietto (Lo Scaldaletto). Questa è la prima regia di Eduardo De Filippo.
18 Gennaio 2007
Alessandro Haber – Rocco Papaleo
MIRACOLI E CANZONI
two men show
di Giovanni Veronesi, Rocco Papaleo
regia di Giovanni Veronesi
Due artisti affermati, due attori di cinema e teatro amati dal pubblico e dalla critica, ma anche due cantautori di talento – Haber è al suo terzo disco, e Papaleo ha vinto la scorsa edizione del festival Gaber - uniti in questo spettacolo che dà voce alla loro passione per la musica. Miracoli e canzoni, scritto dallo stesso Papaleo insieme con Giovanni Veronesi, li vede nelle vesti di "cantattori", accompagnati da un gruppo di pregiati musicisti, per chiacchierare, strillare, raccontare, emozionare ed emozionarsi con lo scopo ultimo di comunicare attraverso la musica.
06 Febbraio 2007
Debora Caprioglio
UN CURIOSO ACCIDENTE
di Carlo Goldoni
con Rosario Coppolino
e con la partecipazione di Edoardo Sala
regia di BEPPE ARENA
“L'argomento di questa Commedia non è che un fatto vero, verissimo, accaduto, non ha molto tempo, in una città di Olanda. Mi fu raccontato da persone degne di fede in Venezia al Caffè della Sultana, nella Piazza di S. Marco, e le persone medesime mi hanno eccitato a formarne una Comica rappresentazione”.
Così scrive Goldoni in una nota introduttiva (“L’autore a chi legge”) a “Un curioso accidente”, commedia scritta nel 1760 ed ambientata in una nobile dimora d’Olanda ove l’amore tra un giovane ufficiale e la figlia del padrone di casa viene da quest’ultimo ostacolato (o forse è meglio dire negato) ed alla fine “risolto” dagli intrighi e dalle furberie femminili messe in opera dalla giovane innamorata; al centro della vicenda l’equivoco che porterà il futuro padre della sposa ad aiutare il giovane militare, anche finanziariamente, a rapire l’amata per costringere il di lei genitore ad acconsentire al matrimonio, all’oscuro del fatto che i protagonisti del piano suggerito sarebbero stati proprio lui e la figlia; superfluo aggiungere che la storia d’amore tra i due scorre parallela alla vicenda sentimentale dei rispettivi servi, all’amore non corrisposto di un’altra lei ed al confronto iroso e grottesco tra due padri, l’uno nobile e l’altro borghese; finale con gl’immancabili matrimoni come in qualsiasi altra commedia che si rispetti.
Il gioco della seduzione ed il confronto tra i diversi modi di intendere ed affrontare l’amore (gli uomini vigliaccamente scappano, le donne coraggiosamente restano ed affrontano le difficoltà): questi i temi essenziali attorno ai quali si sviluppa il nostro “accidente”; Goldoni affronta subito l’argomento, nelle prime battute del testo, e lo svela: è sicuro delle proprie capacità drammaturgiche, alle quali non servono segreti da svelare nel finale per mantenere viva l’attenzione del lettore, ma soprattutto è consapevole che, una volta pagato il debito con la “morale” (e prima lo si fa e meglio è) allora si è liberi di mettere in scena il “verosimile” rendendo così credibile la verità, che spesso par davvero incredibile.
In questa libertà il grande commediografo veneziano costruisce il suo meccanismo, semplice e trasparente, privo di trame intricate e complesse, sapiente nella costruzione e perfetto d’equilibrio e di ritmo, squisito nella disposizione armonica delle parti, nello specchio delle simmetrie, nella dosatura e sfumatura degli effetti: il cerchio tracciato (naturalismo ed artificio) racchiude la vita, senza nasconderla e senza spegnerla: e la vita è colma di tenerezze, di sogni, di malinconie, di piccole pazzie e di grandi tracotanze, di cuore e di ragione, di tirannia ed amore.
22 Febbraio 2007
Tiberio Fiorilli
SOGNO DI UNA NOTTE DI MEZZA ESTATE
di William Shakespeare;
riduzione e adattamento di Teodoro Signorile
con Flavio ALBANESE, Pietro CONVERSANO, Christian DI DOMENICO,
Guglielmo FERRAIOLA, Maria GIAQUINTO, Dante MARMONE,
Pinuccio SINISI, Tina TEMPESTA, Enzo VACCA, Rachele VIGGIANO… (altri interpreti in via di definizione)
regia di VITO SIGNORILE
La commedia presenta tre storie intrecciate, collegate tra loro dall’imminente celebrazione del matrimonio tra Teseo, duca di Atene e Ippolita, regina delle Amazzoni. Due giovani ateniesi, Lisandro e Demetrio, sono entrambi innamorati della stessa donna, Ermia; quest'ultima ama Lisandro, mentre la sua amica Elena è innamorata di Demetrio. Quando il padre di Ermia impone il divieto di sposare Lisandro, i quattro giovani si rincorrono nei boschi intorno alla città, perdendosi nel buio e nelle loro schermaglie amorose.
Nel frattempo, Oberon, re delle fate, e la moglie Titania giungono nel medesimo bosco per partecipare alle nozze. Titania impedisce ad Oberon di usufruire dei servigi del suo paggio indiano e il re cerca di punirla per la sua disobbedienza facendole spremere sugli occhi il succo della viola del pensiero, che fa innamorare del primo essere che s’incontra al risveglio. Nello stesso tempo, una combriccola di artigiani che, per festeggiare il matrimonio, vuole mettere in scena una rappresentazione popolare sul tema di Piramo e Tisbe, si riunisce nella foresta per le prove dello spettacolo. Oberon ingaggia il furbo folletto Puck, affinché lo aiuti a riconquistare l’amore di Titania e cosparga di succo magico anche gli occhi di Demetrio per farlo innamorare di Elena.
Il tentativo di aiutare i giovani amanti fallisce per un errore di Puck che crea scompiglio poiché anche Lisandro s’innamora di Elena. Bottom scopre che la sua testa è stata trasformata in quella di un asino e proprio di lui s’invaghisce Titania, a causa dell'effetto della viola del pensiero. Dopo innumerevoli peripezie che coinvolgono tutti, Oberon decide di sciogliere ogni incantesimo. Puck, dopo aver fatto scendere una nebbia fatata e fatto addormentare i quattro ragazzi, riutilizza la rosa del pensiero per la generale riconciliazione. Bottom ritorna dai suoi compagni e li incita a prepararsi per lo spettacolo a cui Teseo vuole assistere nonostante gli avvertimenti contrari del cerimoniere.
A questo punto parte lo spettacolo nello spettacolo e i volenterosi artigiani mettono in scena una goffa versione della tragedia. Le conclusioni dello spettacolo sono lasciate a Puck.
14 Marzo 2007
Gian Marco Tognazzi - Bruno Armando - Roberto Tesconi
PRIMA PAGINA
di Ben Hecth, Mac Arthur
adattamento Edoardo Erba
regia FRANCESCO TAVASSI
Tribunale di Chicago 1929. I giornalisti apettano l’esecuzione del’anarco-marxista Earl Williams, condannato con la falsa accusa di omicidio. Il reporte Hildy Johnson che ha deciso di sposarsi e lasciare la vita del cronista per quella del pubblicitario, resiste al suo cinico direttore che tenta di trattenerlo. Ma il condannato fugge e casca in braccio proprio a Johnson.
“Prima Pagina” portato sugli schermi da Jack Lemmon e Walter Matthau, è a prima vista una commedia leggera che analizza le manifestazioni più caratteristiche del giornalismo, ma ad una osservazione più approfondita il reporter ed il suo intrattabile direttore riassumono i pregi e i difetti di tutta una classe sociale americana. Per contrappunto non è difficile rilevare una calda partecipazione,da parte degli autori, al dramma del condannato, crudelmente braccato dai giornalisti ansiosi di notizie e dagli uomini della legge, non tanto preoccupati del rispetto di questa , quanto dalla salvaguardia dei propri interessi.
Questa spietata e movimentata caccia all’uomo, condotta non in nome di un ideale di giustizia ma a semplice soddisfazione di bassi e meschini interessi, alla fine della commedia, danno all’atteggiamento dei protagonisti un carattere di grottesca sproporzione in cui, al disopra della risata, affiora un gelido, tremendo giudizio.
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