15/12/2006

Lo Zingaro ed il Comunista. Recensione di Angelo Lippo


LO ZINGARO E IL COMUNISTA
- Ritratto di Pietro Alò -
Pietro Mita
Edizioni Punto Rosso – Milano
pp.160
10 euro

Non abbiamo conosciuto né l’uomo né il politico di cui si interessa Pietro Mita, eppure egli è stato Senatore della nostra Repubblica, ma quel che conta è che egli aveva origine pugliesi.
Era nato a Villa Castelli, in provincia di Brindisi, e il libro di Mita, compagno di lotte di Pietro Alò, mette in luce una vicenda travagliata, ma allo stesso tempo fervida di passioni, di battaglie, di sogni, di speranze, di delusioni, le stesse che hanno accompagnato un po’ tutti noi, uomini del Sud, caparbiamente radicati nei nostri ideali di riscatto morale e civile.
La terra di Puglia è stata teatro da sempre di scontri violenti, dapprima sul fronte del bracciantato agricolo, ora un po’ meno, da quando l’industria ha catapultato quella condizione e ne ha instaurata un’altra con la quale ci si deve scontrare e confrontare ogni giorno.
Il libro di Mita si articola in undici capitoletti, nei quali l’autore ripercorre con sintesi felice ed intelligente, il cammino dell’uomo e del politico Pietro Alò, dalla sua nascita sino alla sua scomparsa, non concedendo nulla alla retorica del ricordo o dell’affetto reciproco.
Eccoli in ordine cronologico: “Il formaggio giallo”, “San Pietro degli Schiavoni”, “L’ambasciatore del circolo Lenin di Puglia”, “L’Antifascismo”, “La festa, il piacere di vivere”, “Uomini e Caporali”, “Il disincanto”, “Il fascino della rifondazione”, “Il Senatore scomodo”, “La nuova militanza” e infine “Rialto occupato”.
Nella loro successione temporale è ben visibile come Pietro Mita abbia voluto accompagnare per mano l’amico Alò, utilizzando una prosa leggera e accattivante, per cui anche le problematiche più ostiche, quali potrebbero risultare per alcuni le lotte sindacali, i contrasti ideologici, i fermenti intellettuali, sono state raccontate quasi al confine tra realtà e fantasia. Eppure quegli eventi, quegli episodi, sono stati i segni di un percorso civile e politico sempre vigile, con l’occhio e la mente rivolti a non mortificare il proprio vicino, a lottare perché egli non venisse soffocato dalle angherie dei potenti di turno.

Pietro Alò è “disegnato” con tratti lievi e vivi, senza concessioni al mielismo d’occasione, ma attraverso una prosa che contribuisce a penetrare a fondo la complessità dei fatti esaminati, con una lungimiranza davvero gradevole. Spesso si rimprovera – probabilmente non a torto - agli artisti, ai poeti, di essere assenti o perlomeno distanti dalla realtà politica, ma piluccando qua e là, ci ha fatto enormemente piacere trovare “citati” nel capitolo “Uomini e Caporali”, due carissimi amici, artisti di Ceglie Messapica: Rita Santoro Mastantuono e Uccio Biondi, il quale ultimo è anche l’autore del dipinto in copertina del libro.
Della poetessa Santoro Mastantuono, Mita riporta alcuni versi, pregnanti com’è nel suo stile, sulla condizione dei braccianti : “Ad altri la gioia delle messe e dei granai / ricolmi e dei mercati. / A te meschina ricompensa / le poche lire riscosse ogni due mesi per il pane / e una boccata ogni tanto di trinciato”.
Del pittore Uccio Biondi, ricorda quando “con estemporaneità e rabbia”, era il 21 maggio 1980, egli “creò un intervento artistico pubblico con cenno grafico e un cenno ad una lirica di Rafael Alberti…E la gente del posto comprese il gesto dell’artista e con sdegno e coraggio andò a firmare il ‘pezzo di carta disegnata e colorata a mano ed appeso sulla parete di marmo’”.
Pietro Mita scandisce tappa dopo tappa il travaglio di una regione, la Puglia, travolta dai cambiamenti nelle campagne, nei rapporti sociali, nelle condizioni di vita, nelle stesse forme di lotte sindacali, con la necessità di recepire le novità e le nuove vie che si andavano prospettando con l’avvento successivo dell’industrializzazione. Tutti momenti, dei quali Pietro Alò fu protagonista assoluto, che pagò anche coll’emarginazione e col dissenso dei ceti più retrivi, ma che non mollò mai, e anche se negli ultimi anni, dice Pietro Mita, “un po’ era cambiato, ma negli anni aveva conservato la stessa passione per la politica, lo stesso calore umano, lo stesso animo ribelle”.
E la penna dell’amico ce lo restituisce – con questo libro – alla sua interezza di uomo e di politico.

Angelo Lippo