31/03/2007

“Lo Zi” @ Teatro Verdi - Brindisi


…lo scandire del tempo, dalle giornate piovose d’inverno alle torride estati, sempre sulla tua sedia.
Che cos' è?
E’ il prodigio incessante dell’invecchiare quando linee profonde solcano il tuo viso e le mani incidono quaderni di lunghi segni piatti:
ideogrammi, filigrane….
Come sono? Che cosa significano?
Sono poesie, sono romanzi: sono tutti i nomi della libertà…
Questa è la storia di chi non sa raccontare, il cammino difficoltoso di un disabile attraverso i luoghi dell’Italia di Ieri.
(dall’opera teatrale “Lo Zì”)

Chi sono i diversi?
Sono persone che percepiscono la vita diversamente dagli altri e che spesso vedono erigersi muri sempre più alti.
Oggi, nella società dell’immagine e del bello, il diverso appare deforme, cattivo, apolitico.
Per abbattere il mutismo e il semplicismo delle rappresentazioni è stata meditata un’opera teatrale che si prefigge il compito di trattare il problema dell’handicap in maniera alternativa: una rivoluzione copernicana che ribalti le prospettive. Perchè “La disabilità – sostiene Ileana Argentin - è patrimonio anche dell’arte”.
La vita di una persona nell’arco di trasformazione di cinquant’anni, da quando essere uno “storpiato” era sinonimo di piaga infetta e untuosa, fino ai nostri giorni quando si coniano nuovi sinonimi per mortificare e ignorare il problema: “Il diversamente abile”.

Che cosa accadrebbe se un uomo si accorgesse di soffrire di una malattia invalidante? Come dirlo agli altri e come imparare ad accettarsi?
Un’ora e un quarto di spettacolo, uno scoppiettante monologo comico in cui l’attore si mette in gioco dando prova di straordinarie capacità interpretative.
La rappresentazione di un’opera matura come “Lo Zì” può compiere un grande prodigio: il sorriso. “Lo Zì” è uno spettacolo necessario e buono. È evidente che il buono è bello, ma questa volta sarà anche divertente.
“Lo Zì” vince la scommessa della comicità: un’ironia intelligente che, attraverso il sorriso, palesa problemi spinosi raccontando e raccontandosi, mescolando italiano e dialetto in una preziosa partitura musicale.
“Lo Zì” è un’archetipica esperienza conoscitiva, insinua importanti domande che continueranno a bussare dentro di noi anche a sipario calato: “Chi sono, che cosa cerco, che cosa voglio dalla vita? Voglio essere accettato…per come sono!” Un monologo fatto di tante voci colorate fuse nella caleidoscopica e grumosa lingua dialettale di Mimmo Mancini.
Un monologo rocambolesco, momento dopo momento, coinvolge gli spettatori in una seduta d’autopsia nel corpo e nell’anima di un disabile. Una storia ambientata al Sud, in un’Italia povera, poco sviluppata, dai rapporti rozzi e spinosi ma sorprendentemente umani. Mimmo Mancini autore e attore valente figlio di questa terra si sveste indossando gli abiti di tutti i suoi personaggi. Lo spettacolo ha lo scopo di avvicinare il teatro a quelle persone che più di altre sentono l’esigenza di nominare e di chiamare la realtà circostante. Il teatro da sempre è lo strumento per trovare sublimazione e catarsi, un modo per sfogare e ordinare l’ansia delle passioni che tempesta le nostre anime. E’ l’alito che sospinge a superare le prove di una vita molto dura oppure, il rifugio-strumento cui fidare le nostre paure: spazio dove abbandonarci ad aspirazioni o illusioni.
Questo spettacolo non ha nessun compito, non vuole e non può ovviamente risolvere i problemi dell’handicap, ma unire e avvicinare persone colpite dal problema e non farle sentire sole, forse questo in punta di piedi può farlo. Questo monologo vuole urlare a coloro i quali hanno vissuto e vivono il dramma in prima persona e soprattutto alle loro famiglie di non vergognarsi della propria condizione, non c’è nulla da nascondere, è la “società civile”, “gli abili non diversi” che devono chiedersi molte cose, e sarebbe ora.

“LO Zì” di Mimmo Mancini e Pietro Albino Di Pasquale con Mimmo Mancini regia di Enrico Maria La manna