20/09/2007

Tutela del lavoro agricolo e dei vitigni autoctoni del territorio salentino


In questi giorni di vendemmia, che io ricordavo di festa, della quale oramai non se ne sente più la gioia tanto è lontano il tempo in cui tutta la Comunità ne era coinvolta.

Era tutta una frenesia, in giro rumori e odori riempivano gli angoli, ma su tutto una cosa nella memoria mi è rimasto impresso: il sorriso caratteristico, appena accennato, sui visi dei contadini con la loro immancabile faccia sempre seria, quando dicevano, come per ogni vendemmia, che “andava male”.
Noi figli (ce lo siamo dimenticati, ma siamo stati tutti figli di contadini) non ne eravamo conviti, avevamo imparato, infatti, ad interpretare la coloritura della frase dalla quale capivamo se era vero o no che fosse una annataccia.
Non è più cosi da anni. La vendemmia non è più una festa.

La campagna continua ad esercitare una attrazione strana solo a chi la pratica, e nessun al di fuori di questi riesce a cogliere i motivi veri per cui uno continua a dannarsi conducendo un pezzetto o qualche pezzetto di terra, buttandoci via, nel frattempo, un pezzo della propria vita, non ricevendo attenzione e rispetto.
La terra non è più una festa, avendo perso “ritmi e stagioni”, essendo stata abbandonata da tutti coloro che la potevano aiutare: politica e Istituzioni.
Sono restati a baluardo, in sua difesa, ma ancora per poco solo i contadini.
Che io ricordi il modello produttivo agricolo nella mia zona è stato rappresentato quasi esclusivamente da agricoltori con possedimenti esigui, ma costati a loro tanta fatica perché in buona parte comprati a caro prezzo da latifondisti che avevano dismesso le terre avute chissà come e da chi.

Questo modello ancora permane accanto ad imprenditori agricoli i quali comunque non se la passano meglio. Io però vorrei fermarmi ai contadini, utilizzando il termine “contadino” cosi come io l’ho interiorizzato, e per come Veronelli lo intendeva, tutti coloro che veramente lavorano la terra.
Questi contadini ancora rappresentano una percentuale discreta, seppur anziani e pochi giovani, con una conduzione a modello familiare; i quali vivono una condizione che sarebbe necessario verificare per poterne cogliere veramente il loro profondo disagio economico ed emotivo.
Per tutto quello che fanno non hanno mai ricevuto alcun riconoscimento del loro lavoro. Sbaglia chi pensa che coltivare un terreno sia un fatto privato, un lavoro che il contadino ha scelto per avere reddito: coltivare un terreno è un fatto pubblico che dovrebbe avere riconoscimento sociale, un lavoro che i contadini non hanno scelto e del quale oggi non hanno mai, men che meno adesso, ricevuto reddito soddisfacente..

Il loro è un lavoro che riguarda solo gli altri: un terreno coltivato diventa luogo legale, mantiene e preserva l’ambiente, previeni incendi e disastri idrogeologici, un luogo che crea bellezza.
Uno dei pochi motivi per la mia zona, accanto alle tradizioni ai nostri centri storici e alla nostra connaturata accoglienza per cui riusciamo, e potremmo ancor più riuscire, ad attrarre turismo, pur non avendo “grandi cose” e strutture recettive adeguate.
Un territorio che avrebbe bisogno di maggiore attenzione e progettualità, mentre sembrerebbe che Istituzioni e Politica vogliano affossarlo ed affossare quel modello di agricoltura familiare che sino ad ora lo ha preservato e curato.
E’ il territorio che disegna i nostri paesi con la sua poesia, a volte struggente, per i malinconici tramonti, a volte con allegria e speranza nelle troppe giornate di sole. Un tributo a questa poesia l’hanno data e la danno i contadini, con queste terra spezzettata che coltivata grazie a loro appare a noi e agli occhi dei forestieri un magico mosaico.
Un territorio che non è stato mai accettato e riconosciuto, sempre criminalizzato perché polverizzato nei possidementi, posizione questa troppo comoda per una politica che ha trovato facile alibi alla propria incapacità di creare condizioni adeguate di sviluppo, accanto certamente a una cultura, la nostra, che non ha mai trovato propensione a mettersi insieme, ma che non ha mai visto neanche troppa voglia di cambiarla.

Un territorio che presto sarà drammaticamente ancor più modificato; i contadini, che proprio non ce la fanno più, hanno già in parte ridotto i lavori di coltura e presto abbandoneranno tutto, estirperanno vitigni storici ad alberello, una coltura, questa, originaria ed originale che il territorio non ha saputo valorizzare le cui uve scandalosamente non hanno mai superato come valore di un euro in più rispetto ad altre uve.

Non trovo in giro preoccupazioni per tutto questo non sento solidarietà e speranza per questi contadini, non trovo preoccupazione per il nostro territorio presto sarà trasformato perdendo tutta la propria peculiarità e attrattiva.
In questi giorni di vendemmia non sento aria di festa il mosto sembra essere tanto b2uono, ma non sufficientemente da pareggiare la scarsità dell’uva ( si cerca la qualità ma l’uva si paga ancora in quintali), molti l’uva l’hanno persa completamente per siccità e peronospora, altri non vendemmieranno perché non vale la spesa per l’impresa.
A fronte di tutto questo quello che sto sentendo in giro, invece, che c’è solo un forte interessamento da parte dell’Ispettorato del Lavoro che sta girando per le campagne dove si sta svolgendo la vendemmia ad effettuare controlli.
Ho sentito e visto contadini terrorizzati per la visita di Ispettori e Carabinieri, terrorizzati non solo all’idea di dover pagare multe ma soprattutto perché feriti nella loro dignità.

Conosco queste persone da anni e posso dire che fanno parte di quei contadini a cui andrebbe si diceva dover dare riconoscimento per il loro ruolo sociale.
Sono persone che meritano rispetto e che, credo, vadano aiutati a poter modificare e legalizzare “formalmente” la propria condizione lavorativa, spesso possibile solo con pratiche di autosoccorso.
Credo che a queste persone, ma non ci si preoccupi perché saranno ancora meno, vada dato invece immediato riconoscimento aiuto concreto per poter trasformare il proprio modello lavorativo senza perdererne le caratteristiche territoriali.
La vendemmia potrebbe ritornare ad essere una festa, deve ritornare ad esserlo se vogliamo salvare il nostro territorio.
Dovremmo sviluppare tutti più consapevolezza del lavoro che fanno i contadini, e dobbiamo farlo adesso prima che sia troppo tardi.
I controlli vanno fatti, soprattutto va sempre considerata la condizione della sicurezza lavorativa. Ma francamente lascia perplessi questo interessamento da parte dell’Ispettorato nei confronti di questi contadini cosa che agli occhi di molti compreso ai miei appare un accanimento.

La presente viene indirizzata ai destinatari in epigrafe al fine di predisporre ciascuno per la propria competenza un O.d.G per il prossimo Consiglio Provinciale.

Mario Giuseppe Gennaro
Consigliere Provinciale
Vicepresidente Cultura e Turismo
Componente Commissione Agricoltura