18/01/2008

La Colonna Augustea e quella Bizantina. Di Aldo Indini


Il 23 giugno 2006, durante una cerimonia presso l’Archivio di Stato ebbi modo di informare il Sindaco Domenico Mennitti che avevo iniziato a scrivere un terzo libro riguardante le Colonne, “La Colonna Bizantina”, con particolare riferimento Lupo Protospata cronista bizantino in Puglia, da aggiungere ai due precedenti libri da me pubblicati: La leggenda delle colonne del Porto di Brindisi (2001); Dagli atti di concessione e ratifica la storia della colonna del Porto di Brindisi data a Lecce (2002).

In tale occasione il Sindaco mi ha fatto notare che non sembra opportuno sconvolgere “fatti” che appartengono da secoli al patrimonio storico della memoria cittadina. Ho ritenuto giusto e accettabile richiamo del Sindaco tanto da sospendere ogni ulteriore ricerca.

Con stupore il 1° ottobre 2007, ho appreso dell’istituzione di una commissione di studio di esperti sul tema riguardante: La collocazione di monumenti nel contesto storico di origine: le colonne terminali della via Appia.

Siamo così giunti al 12 gennaio 2007 quando dalla conferenza stampa del Sindaco Mennitti ho appreso, (con un pizzico di soddisfazione), il risultato della commissione di studio di esperti sul tema proposto. Ecco la sintesi:
- Le colonne erano il simbolo di una città che si rivolgeva al mare
- Le colonne non rappresentano il punto terminale della via Appia;
- La colonna che da 500 anni è a Lecce non tornerà a Brindisi;
- Non ne verranno costruite nuove per rimpiazzare la mancante.

Visto che in concreto la Commissione rimarcava quanto da me sostenuto nei miei due libri e la conclusione del Sindaco: Bisogna portare avanti un’operazione di ricostruzione storica, ho ripreso i miei appunti per il terzo libro.

La colonna ancora integra è di ordine composito, con fusto di marmo bigio orientale, piedistallo e capitello di marmo bianco. Sul basamento c’è un’epigrafe di età altomedioevale in cui si celebra la ricostruzione di Brindisi del IX secolo da parte del Protospata Lupo.
Secondo gli studi a suo tempo eseguiti dal Ministero ai Beni Culturali, l’altro basamento, invece, tipologicamente diverso, riutilizza un’epigrafe, attribuita alla tarda età repubblicana o all’inizi dell’età augustea che potrebbe essere appartenuta all’arco di Augusto, che sappiamo da Cassio Dione (LI, 19) eretto al termine della via Appia a Brindisi per decreto senatorio nel 29 a.C. Basamentoche risalga effettivamente all’età augustea e che nel III abbia avuto una riedificazione fortemente modificata.

Rosario Jurlaro, Direttore Emerito della Biblioteca De Leo, nelle pagine dell’ Osservatore Romano del 11 gennaio 1963 dice: Mistero delle Colonne Romane. Riporta: Nel 1775 Cesare Orlandi affermò che una di queste colonne, quella rimasta in piedi, fu costruita in età bizantina, questi sostenuto dall’autorità di Basilio II che restituì al primiero splendore circa l’anno 980 …
Il capitello attualmente posto nell’interno del palazzo Granafei-Nervegna, adorno di dodici figure a mezzo busto, (quattro rappresentano Giove, Nettuno, Giunone e Intride, le altre otto sono Tritoni), è riveniente dalla colonna ristrutturata nel periodo bizantino.
Quello preesistente sulla colonna data a Lecce, (come apprendiamo da Tommaso Cinosa nel suo manoscritto Compendio istorico della città di Brindisi), era composto da quattro cariatidi femminili e principi persiani, provenienza dalla originaria colonna dell’epoca Agustea, il cui basamento ancora oggi intatto.
A conferma della diversità ci si chiede, se sia possibile che, nello stesso periodo augusteo, due colonne simili abbiano un capitello completamente diverso per dimensione, struttura e tipologia, comprese le immagini.
Sulla base della colonna integra si legge un’iscrizione latina, incompleta, secondo il Moricino fatta incidere dallo stesso Lupo Protospata, che accenna alla riedificazione della città ad opera dello stesso.

Il Camassa sul libro Romanità di Brindisi – Attraverso la sua storia e i Suoi Avanzi monumentali, richiama che, sulla base della colonna superstite si legge una iscrizione incompleta del seguente tenore: nella traduzione in italiano
“L’ Illustre e pio per azioni benefiche
Lupo Protospata riedificò dalla fondamenta
questa città, che gl’Imperatori magnifici, benigni…”

parole rimaste incomplete - dice il Camassa - non si può capire per quale motivo. Inoltre quelle parole hanno tratto in inganno qualche scrittore, il quale ha ritenuto che l’erezione della due colonna rimonti al secolo IX.
Negli annali e nelle cronache del Lupo Protospata, non sono riuscito a rintracciare riferimenti alla ricostruzione della città di Brindisi, da parte di Lupo distrutta dai Longobardi nel 674.
Niceforo II Foca, Imperatore d’Oriente dal 956 al 990 con l’istituzione del Catapanato per il controllo delle province sottoposte ed affidato ai funzionari i Catapani fu allo storico Protospata Lupo affidato, dal Catapano di Bari il compito di scrivere una cronistoria come testimonianza dell’operato bizantino in Puglia.
Gli Annales di Lupo Protosphatarii o Chronicun Lupi Protospatae annotano le vicende accadute nell’Italia Meridionale offrendo notizie dall’860 al 1120 e con una non facile ricerca, ho individuato 51 episodi riportati nella cronaca.

Ogni ricerca effettuata sulla Storia del Medioevo per rintracciare la presenza di Lupo Protospata nella ricostruzione di Brindisi non ha prodotto risultati. Pertanto non si ritiene possibile che questa epigrafe marmorea tramandataci sia l’unica cronaca della rifondazione di Brindisi “dalle fondamenta”, realizzata dal Protospatario Lupo, personaggio totalmente ignorato dalla storiografia Brindisina.
Vi è un vuoto da colmare tra i documenti certi per poter accertare le differenti interpretazioni fornite. Necessita appurare se dalle fonti emergano dati discordanti, verificare analogie e divergenze. Affinché si possa scoprire se sia vero o falso che Lupo Protospata, oltre che cronista, sia stato per Brindisi anche costruttore della città, cosa che non è riportata nella memoria storica Brindisina, vuoto che va colmato nel rispetto di quelle “Colonne del Porto di Brindisi”,insostituibili, poichè nei secoli hanno rappresentato l’identità di un popolo.

Aldo Indini