26/02/2008

Io dico no al Termovalorizzatore. Di Francesco Magno


Da alcuni mesi assisto, passivamente, al prodursi di trasmissione televisive e rapporti giornalistici che interessano i temi ambientali relativi al nostro territorio ed evidenzio, sempre più, sostanziali incongruità rispetto alla realtà dei fatti amministrativi e normativi.
Ho ascoltato proclami relativi al nuovo insediamento della SFIR (zuccherificio) e l’enfasi con la quale i maggiori rappresentanti locali (Regione, Provincia e Comune) hanno trovato l’accordo per realizzare a Brindisi il termoinceneritore, già previsto nel Piano Regionale ed aggiudicato a seguito di gara ed a loro dire, unica strada percorribile in grado di chiudere il “ciclo dei rifiuti” ( non sono i Consigli sovrani delle decisioni?)
Ciclo dei rifiuti che, oggettivamente, con ingegno ed intelligenza, la precedente amministrazione comunale di Brindisi era riuscita a definire già dal 1998 ed a completare nel 2003; si badi bene che il “ciclo” è stato realizzato senza incidere per una sola lira sulle risorse comunali, cogliendo invece le possibilità offerte dalla Delibera CIPE 70/1998 e dalle risorse disponibili presso il Commissario Delegato all’emergenza rifiuti in Puglia.
In particolare, l’impianto del CDR, finanziato con 27 miliardi delle vecchie lire è stato previsto con una potenzialità di trattamento pari a 150.000 tonn/anno e, quindi, considerando tutti i rifiuti RSU prodotti dall’intera Provincia e non solo quelli dei comuni dell’ATO BR/1; nel definire la potenzialità dell’impianto si considerò anche l’incremento delle raccolte differenziate che, già nel 1999, iniziava ad individuarsi come “sensibile di miglioramento” ed ipotizzandole in 30-40.000 tonn/anno nel 2002-2003 anno di realizzazione dell’impianto.
Il “ciclo dei rifiuti” era incompleto in quanto mancava dell’utilizzatore finale del CDR ma, se pur con grandi scontri politici, sindacali ed amministrativi, si era individuata la “chiusura” del ciclo accogliendo la proposta di realizzare un impianto di pirolisi con la tecnologia della “torcia al plasma”; l’autorizzazione della “torcia”, non ancora individuata nelle tecnologie previste dalla normativa nazionale di allora è stata oggetto di valutazione e confronti fra il Ministero dell’Ambiente e della Sanità che, sostanzialmente, hanno prodotto, facendo giurisprudenza in quanto il primo esempio in Italia, una Deliberazione congiunta al ministero dello Sviluppo Economico e con la Regione Puglia, con la quale si conferiva alla “torcia al plasma” una valenza normativa.
Non posso non ricordare che nella Conferenza dei Servizi che ha prodotto la richiamata Deliberazione, il Comune di Brindisi pur non avendone titolo, è stato artefice propositivo di un sostanziale abbattimento del 20% delle concentrazioni previste dalla normativa per i termovalorizzatori (Dm 5/2/1998) che inceneriscono CDR, imponendo, fra l’altro, l’utilizzo del solo CDR e non del rifiuto solido urbano (RSU) tal quale.
Già dal 1999-2000 si andava concretizzando la chiusura del “ciclo dei rifiuti” con un impianto a trattamento innovativo per le dimensioni ma del tutto “maturo” per la tecnologia proposta che, anche a seguito della richiamata Deliberazione Ministeriale, è stata riconosciuta nella normativa nazionale inserendola all’art. 2 del DLGS 133/2005, fra le tecnologie possibili al termoincenerimento dei rifiuti; infatti, l’art.2 riporta la tecnologia al plasma, definendola, testualmente, come “processo al plasma”.
Per una serie d’incomprensibili ed ingiustificate ragioni, rivenienti da una mediocre interconnessione fra le interpretazioni tecniche e quelle della politica, si è rinunciato a chiudere, in maniera intelligente e del tutto ecocompatibile, il ciclo dei rifiuti, preferendo lo smaltimento in discarica e l’abbandono di tutti gli impianti del “ciclo” realizzati grazie alla richiamata delibera CIPE (impianto CDR, impianto di compostaggio da raccolte selezionate, di separazione del multimateriale, di frantumazione degli inerti rivenienti da demolizione) e con aggravio di spese ricadenti sui Cittadini di Brindisi (30.000 Euro/mese solo per la custodia dell’impianto del CDR !!!).
Si è sostanzialmente rinunciato ad un impianto, la “torcia al plasma”, che operando fra i 3.000 ed i 4.000 gradi riduce i rifiuti (CDR) in “plasma” che, in natura, costituisce il 4° stato della materia (solido, liquido e gassoso gli altri tre) e che rappresenta il 99% dell’universo; infatti, in questo stato sono il sole, le stelle e le nebulose e sulla terra si riscontra nei fulmini, nelle aurore boreali e nelle fiamme.

Il “processo al plasma” è un metodo industriale che trasforma i rifiuti in due parti essenziali:
- una prima costituita da un gas ionizzato neutro, senza carica che per composizione di sintesi (idrogeno e carbonio) costituisce un “gas d’acqua” e metano (che viene riutilizzato);
- una seconda, solida e vetrosa, simile alla lava, che contiene tutte le porzioni inorganiche che non passano in combustione nella quale sono conglobati tutti i metalli pesanti per cui non si producono polveri e non permette alcuna produzione di composti tossici e pericolosi come: diossine, furani, ceneri, IPA, ecc.
In definitiva il “processo al plasma” rappresenta oggi quanto di meglio è possibile attivare per la combustione dei rifiuti e/o CDR e, senza ombra di dubbio, il meno impattante con l’ambiente.

Ma questa è storia del passato ed alla quale chi ha in mano le sorti del nostro territorio ha rinunciato per beghe politiche ed ignoranze culturali e tecniche.
Mi sarei aspettato però, considerato lo stato di “crisi ambientale” ancora vigente nel nostro territorio, che per la chiusura del “ciclo dei rifiuti” fossero state fatte proposte che dal punto di vista dell’impronta ecologica e dell’impatto ambientale fossero quanto meno al pari di quello del “processo al plasma”; invece registro oltre che ad una persistente ignoranza, intesa come mancanza di conoscenza, anche una evidente supponenza di chi ritiene che l’unica via per la chiusura del ciclo sia quella del termovalorizzatore.
Con enfasi i nostri maggiori rappresentanti istituzionali hanno individuato quale unica soluzione possibile per la chiusura del ciclo quella della realizzazione di quel termovalorizzatore, previsto nella zona industriale di Brindisi, che la stessa Regione, con saggia decisione, aveva nel 2005 ritenuto opportuno non realizzare più; evidentemente anche la Regione, modificando il suo atteggiamento, è stata folgorata sulla via di Damasco o c’è altro….??
Ritengo che coloro i quali hanno sostenuto la tesi del termovalorizzatore non credono alle cose che dicono in quanto essi stessi sono smentiti dalle stesse positive azioni che, in qualche caso, hanno attivato sul controllo e la bonifica del territorio e sulla necessità di incentivare interventi industriali sempre più ecocompatibili con il territorio e con le norme vigenti.

La domanda se, solo dal punto di vista di impatto con l’ambiente è più inquinante un rigassificatore o un termovalorizzatore + SFIR mi sorge spontanea ma, pur conoscendo la risposta, non intendo entrare nel merito lasciando al lettore la determinazione che ritiene più opportuna e prendendo, eventualmente, spunto dalle considerazioni che di seguito riporto.
Per la chiusura del ciclo dei rifiuti, a valle delle raccolte differenziate, vi sono solo due possibilità:
a. Processi di incenerimento;
b. Processi meccanici ed “a freddo” di “recupero” e “riciclo” di tutte le componenti costituenti il CDR.

In merito ai processi di incenerimento aventi come combustibile il CDR prodotto dall’impianto di Brindisi e con tutti i rifiuti rivenienti dall’ATO BR1 e dall’ATO BR2, sono mature tecnologie quali:
1 “terminceneritore e/o termovalorizzatore”;
2 “ processo al plasma”: ritenuto il migliore in assoluto e sul quale si è già fatto cenno;
3 “pirolisi”: processo che avviene fra 400-800° e senza immissione di ossigeno; si conoscono e sono attivi tre differenti tipologie:
3.1 “pirolisi lenta”: produzione di “syngas” ( gas sintetico)
3.2 “pirolisi a media velocità”: con produzione di TAR “olio di pirolisi”;
3.3 “ pirolisi lenta” : con produzione di “Syncoal” ( carbone sintetico);
4 “ gassificazione”: processo che avviene fra 800-900° e con immissione di ossigeno; si conoscono e sono attivi due metodi differenti quali:
4.1 “gassificazione” con produzione di “syngas” / gas sintetico)
4.2 “ gassificazione” con metodologia Husavik (temperature massime di 400°).

Appare del tutto evidente che, a differenza di quanto si continua a ripetere nei dibattiti e sulla stampa, l’utilizzo del CDR può passare attraverso altri 6 sistemi di combustione a tecnologia matura, consolidata e prevista dalle normative vigenti, altro che solo termovalorizzatore!!!
Altri metodi, ancora sperimentali, eccitano le fantasie dei politici, quale ad esempio il famoso Thor del CDR, che altro non è che un processi di comminutazione (riduzione granulometrica) in grado di ridurre il CDR in millimetriche dimensioni, tali da essere iniettati, ad esempio, nelle centrali termoelettriche.

Vi è di più fra le tecnologie riportate, quella a maggior impatto ambientale è sicuramente il “termovalorizzatore” che, se pur di ultima generazione e di piccole dimensioni, ha sempre una “impronta ecologica” notevole nel territorio nel quale si insedia.
A tal proposito qui di seguito si riportano sinteticamente le negatività di un inceneritore:
• temperatura di combustione non sempre superiore a 800-900° e per mantenere tale temperatura è necessario immettere metano in quantità variabile da 3 a 20 mc per tonnellata di CDR, in funzione del potere calorifico dello stesso;
• impossibilità di utilizzare, a causa delle alte temperature, “filtri a manica” per abbattere le componenti incombuste;
• per una tonnellata di CDR portato in combustione si ottengono:
- una tonnellata, in circa 6.000 mc., di fumi;
- 250-280 kg di scorie pesanti da smaltire in discarica per rifiuti non pericolosi;
- 25-30 Kg di ceneri leggere da smaltire in discarica per rifiuti pericolosi;
- 20-25 kg di prodotti sodici residui dei processi di trattamento fumi;
- 600-650 Kg di acqua di scarico.
La combustione di una tonnellata di CDR porta alla produzione di 6.000 mc di fumi, di circa 300-350 (30-35%) Kg di rifiuti pericolosi e non pericolosi da smaltire in discarica ed al prelievo e acqua di processo e ciò con quale giovamento ambientale ?
Si avranno immissioni in atmosfera, smaltimenti di rifiuti in discariche e notevoli consumi di acqua industriale.
Se raffrontiamo i valori riportati per una tonnellata alla produzione di CDR nell’impianto di Brindisi, che è nato per trattare tutti i RSU prodotti dalla Provincia (ambedue le ATO), pari a circa 150.000 tonn. e che permette una produzione di CDR pari a circa 80.000 tonn/anno, si ha una produzione di:
- 480.000.000 di mc di fumi;
- 20.000 – 24.000 tonn. di scorie pesanti non pericolose;
- 2.000 – 2.400 tonn. di ceneri leggere (fly asch) da smaltire in discarica per rifiuti pericolosi;
- 1.600-2.000 tonn. di gessi da smaltire in discarica;
- 48.000 – 52.000 mc di acqua di raffreddamento da smaltire ed ancor di più da prelevare dal sistema idrico dell’area industriale.
Inoltre, in merito agli inquinanti immessi in atmosfera, pur volendo considerare quelle realmente prodotte dal miglior impianto esistente in Italia che è il SILLA 2 di Milano e non quello di Brescia, e considerando le concentrazioni limite dimezzate rispetto a quelle previste in normativa ( DLGs 133/2005 e DLGs 152/2006) si ha, se pur in termini di massima e per un impianto da 80.000 tonn/anno si avrà una immissione in atmosfera pari a:
- per le POLVERI TOTALI (PTS) (l.c. 10 mg/NMc): 2.400 tonn/anno;
- per gli ossidi di azoto NOx (l.c. 50 mg/Nmc): 24.000 tonn/anno
- per anidride solforosa SO2 (l.c. 25 mg/Nmc): 12.000 tonn/anno
- per l’acido cloridrico HCl (l.c. 5 mg/Nmc): 2.400 tonn/anno
- per l’acido fluoridrico HF (l.c. 0,5 mg/Nmc): 240 tonn/anno
- per il monossido di carbone CO (l.c. 25 mg/Nmc): 12.000 tonn/anno
- per il mercurio Hg (l.c. 0,025 mg/Nmc): 12 tonn/anno
- per cadmio e tallio Cd e Tl (l.c. 0,025 mg/Nmc): 12 tonn/anno
- per i metalli pesanti (l.c. 0,25 mg/Nmc): 120 tonn/anno
- per gli Idrocarburi policiclici Aromatici IPA (l.c. 0,005 mg/Nmc): 2,4 tonn/anno
- per le DIOSSINE (l.c. 0,05 ng TEQ/Nmc): 0,02 gr/anno

In particolare, rispetto alla formazione delle diossine che possono risultare del tutto irrisorie in un anno, così non è in quanto l’effetto ricaduta al suolo e l’effetto incremento delle concentrazione negli anni rendono le diossine particolarmente pericolose; non a caso ben 17 aziende di allevamento di bovini poste nell’intorno del tanto osannato impianto di Brescia, hanno dovuto chiudere per la presenza nel latte di concentrazioni di diossine superiori ai limiti, di miliardesimo di grammo, consentiti dalla normativa vigente.

In tutta sincerità, nel nostro territorio, con tutto ciò che subiamo dal polo energetico e dall’ancor più pericoloso inceneritore della piattaforma del SISRI, che brucia con tecnologia obsoleta rifiuti tossici, nocivi ed ospedalieri e sul quale, ho l’impressione che spesso si stende un velo pietoso di silenzio, sicuramente un termovalorizzatore non è la soluzione che si addice al territorio ed alla salute dei Cittadini.
Ne’ la salute dei cittadini è barattabile con le volontà della politica che, in qualche maniera, pensa di far bene senza invece rendersene conto del danno che va ad arrecare.
E’ necessario accennare anche allo spreco dei soldi pubblici; infatti, mi è difficile da capire per quale motivo si persiste nel voler realizzare a Francavilla Fontana un impianto di “biostabilizzazione”, in un posto che già soffre molto per la presenza della discarica, allorquando il progetto di produzione del CDR, realizzato nell’area industriale di Brindisi, prevede la possibilità di trattare TUTTI i RSU provenienti dalle due ATO della Provincia.

L’impianto di Brindisi è tarato per trattare 150.000 tonn/anno e quindi, a valle delle raccolte differenziate che tendono ad incrementarsi, corrisponde a circa 430-450 tonn/giorno. Le due discariche di Francavilla ed Autigno, a regime, dovranno essere utilizzate solo ed esclusivamente per smaltire il “compost grigio” prodotto dall’impianto di produzione del CDR di Brindisi.
In definitiva, non riesco a rendermi conto come mai l’utilizzo del CDR debba essere visto solo come quello di un combustibile da “bruciare” e non come una reale “RISORSA” dal quale RECUPERARE, meccanicamente ed a freddo, senza alcuna immissione di inquinanti organici in atmosfera, tutte le componenti costituenti il CDR che sono: le plastiche, i cartoni, le carte, i tessili, le materie legnose ed i residui ferrosi e non ferrosi; componenti che possono essere reimmessi nel circuito virtuale del “RICICLO”.

E’ il RECUPERO ed il RICICLO la VIA indicata, già dal 1995, dalla CE per le raccolte differenziate e per il CDR, altro che la combustione!!!
Al punto che la Corte di Giustizia Europea (C. 458/00 del 13/12/03) ha sancito che l’incenerimento di rifiuti in un impianto dedicato (termovalorizzatore, pirolisi, plasma, gassificazione, ecc.) non può essere considerato come RECUPERO, nemmeno sotto il profilo energetico.
In particolare, la Commissione Europea ha sancito che la frazione non biodegradabile dei rifiuti, sottoposta ai processi di combustione, non può essere considerata “fonte di energia rinnovabile”.
Per tali motivi sono stati eliminati gli incentivi ( CIP 6 e certificati verdi) agli impianti che portano in combustione i RSU/CDR e per tali motivi, checché ne possa pensare qualche illuminato dirigente, il conferimento del rifiuto/CDR in impianti di combustione può essere solo ed esclusivamente oneroso per la cittadinanza.
Del resto l’attuale Legge Finanziaria del 2008 ( L. 244/2007) all’art. 2, commi 136-138 esclude i benefici ai nuovi termovalorizzatori, lasciandoli solo a quelli in esercizio e fino al 2015.

Le recenti pubblicazioni in essere vedono da oggi al 2015 un ulteriore incremento della spesa per lo smaltimento in un termovalorizzatore di circa Euro 50/tonn, in più rispetto a quanto oggi si paga.
E’ del tutto evidente come l’azione della Comunità Europea, conoscendo i benefici ambientali che si hanno nel RECUPERO e nel RICICLO, rispetto alla produzione dei rifiuti, spingono sempre di più per l’attivazione di processi di recupero “a freddo” e del tutto compatibili con l’ambiente nel quale si inseriscono.

Mi auguro che questa tendenza, anche se non ancora molto applicata, sia giustamente colta dalla politica e dai nostri maggiori rappresentati per recuperare anche l’orgoglio di affermare di avere realmente un “ciclo dei rifiuti” chiuso, integrato e del tutto compatibile con gli obiettivi rivenienti nella Dichiarazione di Area a Rischio Ambientale che impone il miglioramento delle condizioni ambientale, di vivibilità e minore pericolo sulla salute dei Cittadini.

Prof. Dott. Geologo Francesco Magno