08/06/2008
Il Viaggio. Di Enrico Sierra
Parto che sono quasi le 10 del mattino per essere a Brindisi, se
tutto va bene, verso le ore 16.
Vengo in treno perchè viaggiare con l'auto, per me, è diventato
stancoso e faticoso.
Mi siedo comodamente, si fa per dire, metto a posto i giornali, un libro, il telefonino e la colazione.
Si parte. Sulla destra vedo passare le città, le abitazioni: il
panoramaè un po' monotono, per cui m i tuffo nella lettura, ma il tempo passa lentamente.
Man mano che si va avanti, ad ogni fermata, il treno si riempie.
Dopo Ancona, sulla mia sinistra vedo il Mare Adriatico, verde e
meraviglioso: è il mare che mi porta a Brindisi.
Famiglie intere vanno al Sud, forse tornano a casa, o vanno a trovare i loro cari. Si sente parlare in dialetto barese e leccese, ma non sento parlare in brindisino, peccato.
Alcuni bambini si alzano, sono forse già stanchi. Corrono su e giù per il vagone; saltano sulle valigie e sui pacchi. I più piccoli si addormentano in braccio alla mamma, magari
staranno sognando di fare il bagno nel mare tanto decantato dai genitori.
E, nel sonno spunta un sorriso. E' bello il sorriso di un bimbo!
Il treno corre, ed il sole attraverso i finestrini illumina tanti
visi di persone sconosciute che hanno la fisionomia di gente nostra, di paesani, e, nel loro viso vedo la gioia per il ritorno a casa.
Una signora mi dice che viene da Torino, viaggio lunghissimo, e, va a Lecce, città natale dalla quale manca da più di 8 anni.
Parla di Lecce con una gioia e con tanta tristezza, parla di Lecce, della sua città, come se stesse parlando di una sua creatura. Mi racconta episodi, vissuti quando da bambina giocava con le sue amichette; delle passeggiate in città, delle feste patronali, dei suoi incontri e della sua famiglia, e, si commuove. Non sa, quella signora, che mi commuovo anche io, perchè i suoi pensieri, i suoi ricordi sono anche i miei.
Se ci fosse un brindisino con il quale parlare, sarebbe veramente bello, ma di Brindisi "nci stau sulu iu".
Peccato!
E' bello, però, iniziare un rapporto di amicizia con persone
sconosciute, sentirsi vicini perche i ricordi del passato ci uniscono, ci fanno rivivere giorni che purtroppo non torneranno più; si ascoltano confidenze, si parla di tutto, di familiari, di amici, della scuola. E poi si finisce con il dire che oggi il mondo è cambiato, che non è più quello di una volta.
La signora, alla fine, mi dice che forse tutto ciò è anche colpa
nostra, dei grandi, dei genitori, della scuola. Forse, dico io... Ma!!!!
Il treno corre, si fa colazione, si legge, e tutti pensiamo
all'arrivo.
Abbiamo passato Foggia, e si va avanti.
Ecco Bari. Passiamo tra file di uliveti, alberi immensi ed antichi ci portano l'odore della nostra verde campagna. Olive da cui si estrae quel magnifico e profumato olio, che da piccoli (ed anche oggi) spalmavamo (e spalmiamo) sulle frise con i
pomodorini che ci avvicinavano al Cielo.
Siamo quasi ad Ostuni, la bella Città Bianca ricca di storia
come tutte le cittadine pugliesi, meta di villeggianti, perchè offre mare verde, campagna ricca e, tanta, ma tanta, ospitalità.
Questa è Brindisi.
Preparo la mia valigia, mezza vuota perchè è mia intenzione riempirla di tante cose belle e buone quando ritornerò a Rimini.
L'altoparlante avvisa che presto arriveremo a Brindisi. Saluto e mi avvicino allo sportello.
Una voce avverte che siamo arrivati a Brindisi.
Scendo e mi avvio al sottopassaggio verso l'uscita dove mi aspetta mio nipote.
Ecco il piazzale della Stazione. Mi guardo
intorno sperando di vedere qualcosa di nuovo, come se mancassi chissà da quanto tempo. Ma l'ultima volta che sono venuto a Brindisi è stato appena tre mesi fa.
Trovo il piazzale intasato di auto, di pullman. Vedo a destra
l'albergo dove una vita fa c'era il palazzo della Gil; vedo il chiosco del bar.
Sono a casa mia, respiro l'aria che solo noi brindisini che
veniamo da fuori respiriamo. E' aria che ci inebria. E' strano ma è cosi'.
Gonfio i polmoni per respirare meglio.
Sono a Brindisi, e sono felice.
Enrico Sierra
enricosierra@tiscali.it
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