31/01/2009
I pozzi fetenti. Di Aldo Indini
Goffredo di Guiscardo, nel 1059 assediò Bari e Brindisi, rimanendo di persona all’assedio di Bari, a Brindisi mandò suo fratello Ruggero.
Brindisi è ancora assediata dai Normanni nel 1062; ritenendo Ruggero non conveniente “invecchiare sotto le mura di una Città”, vedendo ferma ogni giorno la speranza di potersi impadronire della Città per assalto, “rivolse l’animo à inganni, che nella guerra molte volte prevalgono alla forza.” Aveva, nella Città, alcuni suoi fidati, ( non si conosce se fossero greci o “naturali”) i quali avevano promesso, in una notte determinata, metterlo all’interno delle mura.
Giunta l’ora stabilita della notte, Ruggero con dei suoi soldati, e con una squadra di quaranta scelti cavalieri, il fior fiore del suo esercito, si recò sotto il muro nel luogo accordato, ma all’interno, o perché insufficiente quanto pattuito per il tradimento, o che la vigilanza delle sentinelle non avesse dato agio ai traditori di effettuare la promessa fatta ai Normanni, non vi fu l’improvvisata da parte del nemico. Furono con furore, ributtati fuori e con grande fatica ritrovarono la strada per il ritorno al campo, restando morti i quaranta cavalieri Normanni ed altri soldati, “di minor conto”.
Pentito Ruggero, di aver tentato una sì dubbia e pericolosa azione si astenne di effettuare ulteriori tentativi.
Lieti i Brindisini, del successo ottenuto, con una imbarcazione, mandarono a Costantinopoli le quaranta teste dei cavalieri normanni, come trofeo della loro vittoria. (Scrisse questo successo Marc’Antonio Sabellico) I Brindisini buttarono quei cadaveri senza testa in alcuni pozzi, dice Della Monaca, (1674), “che sino ad oggi son detti pozzi fetenti”.
Ritengo inopportuno riportare la zona dell’esistenza di detti pozzi fetenti, oggi soffocati dalle fondazioni dei palazzi sovrastanti, onde evitare inutili allucinazioni.
Aldo Indini
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