13/09/2009

Il coprifuoco non risolve i problemi. Di Oreste Pinto


Ma che città stiamo diventando? E’ la domanda che mi sono posto dopo aver letto che il Prefetto di Brindisi invitava il Sindaco a fissare alle h. 2.00, “l’orario di chiusura di esercizi pubblici quali bar, pub o discoteche”.
Ecco cos’è diventata la città! E’ la mia sconsolata esclamazione dopo aver scoperto che il Sindaco Mennitti aveva accolto l’invito ed emesso l’apposita ordinanza.
Di certo non mi aspettavo che il Sindaco di Brindisi “prendesse le difese” di giovani e meno giovani che sono soliti gremire i locali pubblici dopo la mezzanotte.
Una scortesia istituzionale non è mai giustificabile. Nemmeno quando un semplice invito sottintende un concetto pericoloso ed irrispettoso; nemmeno quando, cioè, “il popolo della notte”, (quello composto soprattutto da liberi cittadini, studenti e lavoratori) viene bollato come talmente rissoso e rumoroso da distogliere le forze dell’ordine dai compiti di prevenzione di reati più gravi, e quindi, sillogisticamente, di essere responsabile indiretto dell’impotenza delle Istituzioni contro la recrudescenza del fenomeno malavitoso.

“Una città che non parla ai suoi giovani è sorda e muta: non coglie speranze e non trasmette fiducia”.
Così è scritto nelle linee programmatiche recentemente presentate dal Sindaco Mennitti.
Se il Primo Cittadino volesse davvero che le sue belle parole abbiano riscontro nella realtà di ogni giorno, prima di assumere una decisione che incide sulle abitudini di molti giovani brindisini, avrebbe avvertito l’esigenza di incontrare qualcuno di loro, di spiegare le ragioni del coprifuoco e, magari, ascoltare ogni eventuale considerazione sulla vicenda.
Invece no. L’ordine di chiudere i locali viene calato a poche ore dall’invito del Prefetto e dopo aver ascoltato soltanto i rappresentanti delle associazioni di categoria.
Eppure, basta parlare con esercenti e lavoratori per scoprire quanto si sentano danneggiati da una decisione giudicata di sicura lesione per le loro casse e di dubbia efficacia nella lotta contro il racket.
Appare evidente, infatti, che la chiusura anticipata degli esercizi non solo infligge un colpo pesante alla già fragile economia cittadina, ma svuota le strade consegnando la città nelle mani della malavita.
Non solo. Esistono forti incertezze che l’ordinanza abbia effetto contro schiamazzi, risse e incidenti stradali.
In attesa di conoscere, dati alla mano, quante e quali notti i litigi o gli incidenti in città abbiano richiesto l’intervento delle forze dell’ordine, immaginiamo cosa può accadere alle ore 2.00 di un qualsiasi sabato, serata solitamente dedicata allo svago tanto atteso dopo una settimana di duro lavoro (o di studio) e con alle porte l’agognata domenica senza sveglia.
Alle 02.00 tutti i locali si svuotano contemporaneamente, una marea di gente si riversa in strada o in auto per tornare a casa oppure raggiungere le località dove è ancora possibile vivere la “movida notturna”.
Altro che schiamazzi: il caos delle persone per la via ed il rumore delle auto assomiglierà a quello delle ore di punta. E poi non ci vuole un esperto in statistica per stimare che se aumenta il numero di vetture circolanti in simultanea cresce anche la possibilità di incidenti.

Ma il gioco vale davvero la candela?
Non sarebbe stato meglio assumere decisioni più ponderate e condivise?
Perché offrire l’impressione che la città viva, giovane e produttiva debba necessariamente soccombere a quella che genera distruzione e morte?
E’ dandola vinta a questo tipo di cultura che si vuol conquistare il titolo di capitale europea?

Non posso fare a meno di pensare al valore allegorico che assume oggi la vicenda dell’Estoril, il locale che, nell’immaginario collettivo, resta il simbolo di una Brindisi capace di produrre fama e ricchezza economica dal puro intrattenimento. Quella Brindisi abbattuta da scelte calate dall’alto, senza più prospettiva e che corre il serio rischio di essere definitivamente ridotta in polvere.

Oreste Pinto