25/09/2009

Diario di bordo. Pagina n. 25


Dopo una serata trascorsa in radio, il sonno tarda ad arrivare. Quale migliore occasione per scrivere sul nostro diario? Sono le 2 e 30 di notte, e sento ancora sulla pelle i profumi del rock.
Durante il corso di “RADI@zioni”, a microfoni spenti, ci piace discutere, parlare e confrontarci. Tra un fine turno lavorativo e una cena a base di wurstel e patatine fritte consumate in radio, gli argomenti non mancano: le ultime pubblicazioni discografiche, i concerti, lo sport, “li femmini”. Particolarmente curiosi e per molti versi campanilistici sono gli “sfottò” su alcuni brani in scaletta che scatenano la fantasia e l’ilarità dei conduttori.
Tutt’altra atmosfera si crea quando, negli studi di Ciccio Riccio, sono ospiti le bands che vengono a promuovere i nuovi demos e le ultime pubblicazioni ufficiali. Lo studio, come per incanto, diventa ancora più intimo e ricco di suggestioni, dove la musica dei suoi autori, i cavi, le luci, le chitarre, l’attenzione dei conduttori e lo sguardo compiaciuto e pieno di meraviglia degli ospiti, rendono davvero unica, irreale e ricca di magia l’atmosfera. Nonostante le centinaia di esibizioni organizzate via etere, la tensione, l’adrenalina, le aspettative e quant’altro, rendono la radio davvero unica e stimolante per questo genere di eventi. Anche i muri del condominio sembrano apprezzare i suoni che baldanzosi escono dalle finestre, ma di questo non siamo sufficientemente certi…
Questa è la vita a bordo di “RADI@zioni”… Ogni serata trascorsa è da ricordare a lungo. Due appuntamenti fissi (il lunedì e il venerdì, dalle 22 alle 24) non solo per gli ascoltatori, ma anche per i suoi conduttori-fratelli, che oltre a dividersi il luppolo e l’afa notturna, amano dividersi anche le emozioni, i dischi e i segreti di uno spaccato di vita settimanale diventato ormai irrinunciabile. Da 1.058 puntate, una domanda regna sovrana dopo la sigla di chiusura: “per oggi è andata bene! Ci cacceranno la prossima volta?”.

… Ah, è d’obbligo a questo punto, prima di andare avanti, rivolgere al leggendario “Boss” Bruce Frederick Springsteen i nostri più calorosi auguri per i suoi primi 60 anni!

Divagazioni a parte, non s’era mai visto un galeone pirata, e per di più “radio@ttivo”, gettare le ancore nei laghi che circondano la città di Mantova, creando scompiglio e assieme meraviglia tra gli abitanti del capoluogo lumbard! Come ci siamo arrivati non stiamo a raccontarvelo. Abbiamo semplicemente seguito le indicazioni di rotta proposte dalla nostra vice-cambusiera Gabriella Trastevere. Intanto vi basti sapere che, affamati di parole su carta rilegata, non potevamo rinunciare a fare scalo presso questa città che dal 9 al 13 settembre scorso ha ospitato la 13^ edizione del “Festivaletteratura”.
Per cinque giorni il bellissimo centro storico di Mantova si è popolato, affollato e animato di una variegata umanità composta da scrittori, traduttori, giornalisti ma soprattutto – udite, udite – da lettori. Lettori che credono che i libri abbiano un’anima e che le parole fluenti e sapienti sappiano accarezzare le orecchie e stimolare il cervello e che quelle stesse parole possano e debbano cambiare qualcosa.
Che cosa? Un pregiudizio, un modo errato di intendere le cose... oppure soltanto parole che tengano la mente e il cuore aperti al nuovo, al diverso, al mondo. Citare i nomi di tutti gli autori presenti al festival sarebbe impresa assai ardua e quindi ne ricordiamo solo alcuni in ordine sparso quali Margaret Mazzantini, Melania Mazzucco, Luis Sepùlveda, Nadine Gordimer, Muriel Barbery, Dino Zoff (proprio lui!), Mauro Pagani, Franco Battiato, Tiziano Scarpa e tantissimi altri.
Un turbinio di incontri, dibattiti, letture in giro per i suggestivi angoli della città dei Gonzaga, durante i quali i lettori erano protagonisti, assieme agli scrittori, degli eventi grazie a domande sempre mirate poste da un pubblico colto, curioso ed informato sui fatti. Ma perché parlare qui ed ora di un evento ormai lontano sia nel tempo che nello spazio? Perché si vuole testimoniare che la cultura non è morta, è viva ed è capace anche di produrre ricchezza (turismo e commercio in primis), che anche gli italiani leggono, comprendono e s’interrogano sui più disparati argomenti. Ed infine si parla del “Festivaletteratura” sperando… si, sperando che anche qui da noi, nell’altra città virgiliana, nasca presto qualcosa di simile!

Da “RADI@zioni / The Next Generation” di lunedì 21 Settembre 2009: - Per il frammento radi@ttivo del “Disco Hot / I più ascoltati del momento”, Carmine Tateo, ha proposto “Horehound”, CD d’esordio dei The Dead Weather.
Un altro supergruppo si affaccia sulla scena musicale. The Dead Weather, infatti, altri non sono se non l’ormai famoso ed infaticabile Jack White, chitarrista e voce nei White Stripes ma qui impegnato anche alla batteria, Alison Mosshart, voce dei The Kills, Jack Lawrence, bassista nei The Raconteurs e Dean Fertita, tastierista dei Queens Of The Stone Age. Fatte le dovute presentazioni diciamo subito che, come tutti i lavori realizzati da super bands, anche questo è un disco riuscito a metà. The Dead Weather è sicuramente un progetto interessante. In “Horehound” si può ascoltare il blues più grezzo e duro di questi ultimi anni. L’album si trascina tra ballate folk, schitarrate alla Led Zeppelin e brani scanditi su mid-tempos sorprendentemente simili a quelli dei Rage Against the Machine, ma senza mai scontentare l’ascoltatore appassionato né, tanto meno, ubriacarlo con stupende canzoni. Tutto questo, naturalmente, inciso in bassa fedeltà… perché, come ben sappiamo, tutti i personaggi impegnati nei The Dead Weather, Mr. White in testa, sono i re della bassa fedeltà!

- Per l’approfondimento de “Il Disco Della Settimana”, Camillo Fasulo, vi ha proposto “The Eternal” il recentissimo nuovo album dei Sonic Youth.
La gioventù sonica continua a non scendere a compromessi e, come fa da ormai quasi un trentennio, innalza impenetrabili muri di suono dietro ai quali, ogni tanto, emerge ancora la melodia...a ben cercarla naturalmente! “The Eternal” non aggiunge nulla di nuovo alla loro discografia, se non alcune semplici ma intriganti variazioni, eppure conferma la grandezza di una band che riesce ancora una volta ad emozionare. Non è, quindi, un album fondamentale ma si può considerare come una specie di riassunto della loro storia.
È ipnotico, allucinante, coinvolgente, si lascia ascoltare facilmente ed ha il merito di aver fatto uscire il gruppo da una crisi artistica che, secondo il parere di molti, durava da qualche anno. Quando si dice, andare contro corrente! Dopo quasi 20 anni passati alle dipendenze della Geffen, i Sonic Youth tornano ad accasarsi presso l’indipendente Matador per consegnare al proprio pubblico uno degli album più compatti e meno astratti della loro produzione.

Marco Greco