11/10/2009
Bruciare fa male. Se la politica aiutasse la salute. Di Maurizio Portaluri
I brindisini se ne saranno sicuramente accorti che in questi giorni di assenza di vento l’aria in città era irrespirabile.
Giungendo a Brindisi da qualsiasi direzione si notava una cappa grigiastra sulla città ed i focolai di combustione, quelli industriali e quelli agricoli, emettevano colonne di fumo che ristagnavano nella parte bassa dell’atmosfera. Fortunatamente gli impianti di riscaldamento ed i caminetti non erano ancora accesi e la centrale a carbone di Brindisi Nord era ferma.
Storicamente la combustione del carbone è stata associata a sintomi respiratori e mortalità in relazione a brevi periodi di elevate emissioni. Il più famoso di questi episodi accadde a Londra nel 1952 quando, per il verificarsi di un fenomeno climatico noto come inversione termica, si registrò un sorprendente aumento dei decessi. Nell’inversione termica accade che l’aria degli strati inferiori dell’atmosfera, la quale normalmente dal suolo sale verso l’alto per effetto del suo riscaldamento a terra, rimane invece al suolo. Viene così impedito ogni rimescolamento verticale e le polveri sottili e gli inquinanti persistono vicino al terreno. A Londra il fenomeno fu attribuito alla persistenza a terra degli inquinanti prodotti dalla combustione di carbone. Molti altri episodi simili sono descritti nella storia come a Meuse Valley in Belgio nel 1930, a Donora in Pennsylvaniain e negli anni ’70 e ’80 a Philadelphia, Steubenville, Santa Clara, St. Louis, Utah valley, Detroit, eastern Tennessee.
Per verificare se questa associazione tra aumento del particolato in aria ed i decessi non fosse casuale, Joel Schwartz , Professore all’Harvard University di Boston, ha esaminato a Philadelfia i decessi dei giorni con massimo inquinamento con quelli avvenuti nei giorni in cui si è registrato il minimo inquinamento. Nei giorni con elevata concentrazione di particolato il rischio di morte per la popolazione esposta aumentava dell’8%. I decessi per broncopatie croniche aumentavano del 25% e quelle per polmonite del 13%. In aumento anche i decessi per infarto miocardico ed ictus. In giornate come queste è meglio chiudersi in casa o allontanarsi dai centri urbani, soprattutto per cardiopatici e broncopneumopatici.
Tutti i processi di combustione contribuiscono ad aumentare il rischio di decesso a breve termine. Ovviamente anche il traffico urbano, i termovalorizzatori e le cantrali a biomasse. La quantità di sostanze pericolose a breve e a lungo termine che fuoriescono dai processi di combustione è notevole ed è molto difficile testare singolarmente ogni agente inquinante. Per fare ciò, i tossicologi, gli esperti che si occupano degli effetti sull’uomo delle sostanze chimiche, mettono a contatto con cavie misture estratte dalle diverse emissioni. Oppure, dosano nel sangue, nelle urine e nei tessuti delle persone esposte, sostanze che esprimono il passaggio dell’inquinante nell’organismo umano. Un po’ come è avvenuto per la diossina a Taranto, che oltre ad essere trovata in eccesso nel formaggio prodotto col latte degli ovini pascolati nei pressi dell’acciaieria, è stata rinvenuta in elevate quantità anche nell’uomo.
Nel caso di Brindisi sarebbe possibile testare la presenza nell’organismo umano di idrocarburi policiclici aromatici e loro derivati nonchè di altre sostanze “spia” del contatto con inquinanti, confrontandola con i valori di esposizione agli stessi.
Dopo lo studio di Maria Serinelli ed Emilio Granicolo, ricercatori del CNR, sui decessi a Brindisi in rapporto ai valori giornalieri degli inquinanti, quello della ricerca di questi ultimi nell’organismo delle persone più vicine alle fonti di inquinamento è il passo successivo assolutamente necessario.
Recentemente la Regione Puglia ha finanziato un progetto triennale, promosso dall’Ares e dalla ASL di Brindisi, destinato alla realizzazione di studi mirati a valutare il rischio correlato all’esposizione di inquinanti ambientali nella provincia di Brindisi in relazione a presenze industriali ad alto rischio di inquinamento.
Ma oltre le ricerche e gli studi sarebbe necessario mettersi intorno ad un tavolo per un programma di realistica riduzione delle emissioni da combustione, da qualunque fonte provengano. Sarebbe un’azione politica ad elevato impatto sanitario.
Maurizio Portaluri
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