16/10/2009
Diario di bordo. Pagina n. 28
Le prime luci dell’alba baciano le onde di un mare in burrasca, già pronto all’inverno, rendendole dorate mentre si infrangono fragorosamente contro la prua del nostro veliero Radi@ttivo. Tento di rendere il mio passo il più leggero possibile, evitando barili di birra vuoti e rovesciati che rotolano nella stiva e trattenendo il respiro passando dinnanzi le cabine dei capitani. Impugnare con la mancina il pennino, intingerlo nel calamaio e iniziare ad imbrattare le gialle pagine di questo diario è quasi una liberazione…
L’adrenalina che scorre a fiumi nel mio corpo mescolandosi all’ancor viva incredulità e a quel non so che di trasgressione, magari contribuirà a rendere il mio racconto un po’ confuso, ma sicuramente lo intingerà di un’enorme carica emotiva.
10.800 secondi di concerto, 180 minuti di puro spettacolo, 3 ore di grandissima musica. Fortissime emozioni che per alcuni sfociano in lacrime, per altri (me compreso) nella totale perdita della voce già al secondo brano in scaletta.
Questi sono gli Afterhours, signore e signori! Loro sono IL Rock Italiano in questo momento, sono la voce infinita di Manuel Agnelli, il suo essere leader sul palco, sono la compattezza del suono che dura 35 brani, senza mai pause, senza cali qualitativi.
Sono dei ladri che ti rubano il fiato quando suonano le loro ballate. Sono rock anche quando, seduto al piano elettrico, Mr. Agnelli si permette di scimmiottare Morgan e quando ad un pubblico come quello dell’Estragon di Bologna strappano un applauso da loggione di teatro che parte in coda alle ultime e sfumate note di “What a wonderful world”.
Ti emozionano e ti esaltano allo stesso tempo ed ecco perché, parafrasando un loro brano, per me è difficile in questo momento essere razionale… mentre mi gira ancora la testa.
Certo, nel “Manuale dell’inviato provetto”, a pagina 23, nel capitolo “dopo il concerto”, ci sono una serie di regole che ogni bravo inviato dovrebbe rispettare, come riuscire ad accedere al back stage, strappare una dichiarazione a caldo agli artisti e successivamente fare loro un’intervista con almeno 10 domande…
Ecco… un mozzo-inviato non è per definizione “l’inviato provetto”. E forse è proprio per questo motivo che di quelle tre semplici regole sono riuscito a rispettarne soltanto una ma, data la mia giovane età, avrò sicuramente altre occasioni in futuro per poter rimediare.
Adesso è davvero ora di andare per me, compiti ben più ingrati di un’intervista mi attendono nella stiva, ed anche se il sole, sempre più alto nel cielo, ha spazzato via le nubi notturne e le mie ore di sonno sono pressoché pari a zero, non sento la necessità di dover riposare, perché la notte scorsa è stata per me come un lungo sogno ad occhi aperti che mi ha cullato tra le braccia di Morfeo con le note e la poesia degli Afterhours. Thanks to Roberta, La fata dei sogni…
Queste sono le emozioni che il nostro mozzo-inviato Michele De Luca ha raccolto il 3 ottobre scorso a Bologna durante il concerto degli Afterhours per i lettori del “Diario di bordo”.
Da “RADI@zioni / The Next Generation” di lunedì 12 ottobre 2009…
Per l’approfondimento de “Il Disco Della Settimana”, Camillo Fasulo vi ha proposto “There Are No Goodbyes”, recentissimo album per Sophia. Uno sfogo a cuore aperto talmente intimo che a volte sembra quasi farsi strada il timore di invadere inopinatamente la privacy del suo autore: Robin Proper-Sheppard. Malinconia acustica e aperture pop trovano qui la loro unione perfetta ma si respira aria di abbandono, di cose e di case lasciate (emblematica, in questo senso, la cover), con la vaga percezione che forse, comunque, non tutto è perduto… Questo è ciò che in definitiva emerge da "There Are No Goodbyes". Un disco necessario. E… occhio alla limited edition: contiene “The Valentine’s Day Session”, un live bonus cd acustico registrato con un quartetto d’archi a Vienna, Austria, il 14 febbraio di quest’anno, autentico valore aggiunto per un già grande disco!
Dalla medesima puntata, scelto da Carmine Tateo tra i “Dischi Hot”, ossia tra quelli più ascoltati del momento, ecco l’attesissimo “Humbug” degli Arctic Monkeys. È la 3^ volta per la band di Sheffield. A sentire i maggior critici musicali avrebbero cambiato o, addirittura, stravolto il loro modo di fare musica. Per farla breve, invece, senza fare grandi teoremi, possiamo dire che, molto più semplicemente, le “scimmiette artiche” hanno rallentato i ritmi. Tutto qui! Disco dal fascino pop “istantaneo”. Al banco di regia, per buona parte del lavoro, si è seduto Josh Homme dei Queens Of The Stone Age, ma la sua presenza si avverte poco, per la verità, a parte qualche sonorità “desertica” che emerge qua e là. Dirà poi il tempo se si tratta di svolta vera o soltanto di una momentanea deviazione…
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Marco Greco
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