12/11/2009

La favola del CDR in combustione a Cerano. Di Francesco Magno


E’ noto a tutti che il Piano Energetico regionale prevede la combustione di CDR nella centrale di Enel Brindisi Sud (Cerano), nella misura di circa il 5% in co-combustione con il carbone; tale quantitativo, stimato ad un consumo di 7 milioni di tonnellate anno, corrisponde a 350.000 ton./anno.
Nel Piano, fra l’altro, non si riporta mai il concetto e la possibilità di utilizzare il CDR, cosi detto, di qualità; tale “rifiuto”, ove adeguatamente raffinato e trattato, porta ad un miglioramento delle caratteristiche merceologico e fisiche, senza escludere però la presenza di nessuna delle componenti pericolose alla salute quali: l’arsenico, il mercurio, i polimeri clorurati, il cadmio, ecc.; infatti, la normativa vigente (Dlgs 152/2006) individua nella differenza fra CDR e CDR-Q solo un miglioramento dei limiti di accettabilità di alcuni parametri ma non la totale esclusione.
In merito alla possibilità offerta dalla normativa nazionale di poter portare in combustione il CDR e/o CDR-Q ed ottenere anche i così detti “certificati verdi”, che altro non sono che benefici economici forniti a chi è stato incapace di gestire il ciclo dei rifiuti ed evitare la combustione, vi è stata una sentenza della Corte di Giustizia Europea (C-283/07 del 12/12/2008) che, nel condannare l’Italia, ha riconosciuto al CDR e/o al CDR-Q la classificazione di “rifiuto” e, come tale, impossibilitato a poter produrre anche benefici economici ove portato in combustione, sia questa in termo inceneritori o in centrali termoelettriche.
La condanna dell’Italia è avvenuta, fra l’altro, a seguito di una chiara mancata rispondenza alla normativa europea sui rifiuti che vede nella politica delle “3R” (recupero-riciclo-riuso) i propri fondamenti programmatici.
Ancor più sostanziale è stato l’intervento della Comunità Europea, con l’emanazione della Direttiva 98/2008/CE relativa ai “rifiuti” che, riporta due aspetti salienti che interessano questa nota, quali:
1. la “gerarchia” sull’utilizzo dei rifiuti;
2. il recupero dei Combustibili Solidi Secondari (CSS), fra i quali vi è anche il CDR;
In merito al primo punto, la Direttiva all’art. 4 riporta la gerarchia dei rifiuti che si applica quale ordine di priorità della normativa e della politica in materia di prevenzione e gestione dei rifiuti: a) prevenzione; b) preparazione per il riutilizzo; c) riciclaggio; d) recupero di altro tipo, per esempio il recupero di energia; e e) smaltimento.
E’ del tutto evidente, quindi, che le operazioni di preparazione per il riutilizzo ed il riciclaggio costituiscono maggiore priorità rispetto all’utilizzo nel “recupero” di energia.
La Direttiva prevede il “recupero” di energia da rifiuti attraverso le operazioni in R1:”Utilizzazione principalmente come combustibile o come altro mezzo per produrre energia” ma lo condiziona alla “efficienza energetica” dell’impianto di incenerimento; inoltre la Direttiva fa esplicito riferimento ad impianti di incenerimento di RSU e non esplicita alcunché sui così detti Combustibili Solidi Secondari (CSS) dei quali sono anche parte il CDR ed il CDR-Q.
Ove dovessimo ipotizzare che il CDR e/o il CDR-Q fosse utilizzato come “combustibile” in sostituzione del carbone, la centrale termoelettrica di Brindisi Sud dovrebbe avere una “efficienza energetica” uguale o superiore a 0,60 (60%), derivante dall’applicazione di una formula; se pur in termini sommari e da approfondire, l’applicazione della formula porta, per la centrale Enel di Brindisi Sud, a coefficienti di “efficienza energetica” molto più bassi rispetto allo 0,60 previsti.
Da ciò, quindi, appare rilevante che, ove non viene dimostrato che l’utilizzo del CDR e/o del CDR-Q nella centrale di Cerano non porta ad un’efficienza energetica superiore al 60%, lo stesso “rifiuto” non potrà essere mai utilizzato in combustione.
E’ evidente che, ancor prima degli accordi politici per la stesura della convenzione, il “tavolo tecnico” dovrà dimostrare che vi è rispondenza con il coefficiente di “efficienza energetica” e quindi garantire che il “rifiuto” CDR e/o CDR-Q risponde a quanto previsto dalla normativa vigente.
Inoltre, la formula della “efficienza energetica” si applica conformemente al documento di riferimento sulle Migliori Tecniche Disponibili (BAT) per l’incenerimento dei rifiuti e quindi il CDR potrà essere utilizzato nella combustione nella centrale di Cerano ove questa presenta tutte le caratteristiche previste nelle recenti BAT per gli impianti di combustione, per il controllo degli inquinanti, ecc.
Fra l’altro, la modalità dell’utilizzo del CDR in impianti termoelettrici aventi potenza termica nominale maggiore di 50 MW, deve essere contenuta nell’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA), come da allegato al DLgs 152/06, che, ad oggi, il Ministero dell’Ambiente non ha ancora concluso, al punto che ha inserito ben 63 richieste di chiarimento.
Quindi, sostanzialmente, se la centrale di Cerano non è adeguata alle BAT e non ha previsto nell’AIA l’utilizzo del CDR, non potrà utilizzare tale rifiuto come combustibile.
Infine, vi è da rilevare che, sempre in ambito comunitario, il “pacchetto clima-energia” (20-20-20), in merito al raggiungimento dell’obiettivo per l’Italia del 17% per le “fonti energetiche rinnovabili”, non fa alcun riferimento all’utilizzo di Combustibili Solidi Secondari, fra cui il CDR, individuando come fonti energetiche rinnovabili solo quelle non fossili costituite da : eolica, solare, geotermica, aerotermica, idrotermica, oceanica, idroelettrica, da biomassa, da gas di discarica, da gas residuati dai processi di depurazione e relativi biogas.
Inoltre, secondo la richiamata Direttiva 98/2008/CE, il CDR-Q perché possa essere portato in co-combustione con il carbone, non può essere classificato come “rifiuto” ma solo come “prodotto”; perché il CDR-Q possa essere considerato un “prodotto”, deve rispondere alla normativa UNI-CEN TS 15359 che individua 5 classi di appartenenza in funzione di tre parametri essenziali che sono: NCV (potere calorifico netto), il contenuto di cloro ed il contenuto di mercurio.
Un materiale recuperato da un “rifiuto” può essere considerato come “prodotto” e quindi portato in combustione, solo se rientra nelle prime due classi della normativa richiamata, anche se ove fosse caratterizzato in “classe 1” il CDR-Q potrà contenere un massimo di 0,2 % (su tal quale) di cloro e se in “classe 2” un massimo di 0,6 % t.q..
E’ evidente che, anche se il rifiuto CDR rientra in quei parametri tali da considerarlo un “prodotto”, portato in combustione, proprio per la possibile presenza di molecole clorurate non è da escludere la formazione ed emissione di diossine, IPA, Furani, ecc.
La favola che la combustione del carbone avviene a 1300-1400 °C e che a tale temperatura non si producono diossine, non può reggere perché il combustore (caldaia) non è omeotermo (stessa temperatura) per cui nelle “zone fredde”, poste ai bordi, si rileva sempre una notevole differenza di temperatura tale da innescare i processi di formazione dei polimeri clorurati e quindi delle diossine in particolare.
E’ rilevante anche l’aspetto quantitativo relativo alla co-combustione del carbone con il CDR-Q; infatti:
- il potere calorifico inferiore (Pci) del CDR-Q (circa 4.000 Kc) è circa la metà di quello del carbone (7.500-8.000 Kc) per cui il rapporto è ½ (1kg di carbone=2Kg di CDR-Q); quindi portare in combustione 350.000 tonnellate/anno di CDR corrisponde a “risparmiare” circa solo la metà in carbone (175.000 t/a);
- 1 Kwh da carbone produce circa 1,2-1,4 kg di CO2
- 1 Kwh da CDR-Q produce circa 0,7-0,9 kg di CO2.
Portare in combustione, come previsto Piano regionale (PEAR) circa 350.000 t/a di CDR, significa risparmiare solo la metà in carbone ed avere un beneficio in termini di CO2 che, comunque, risulta irrisorio nel momento in cui questo costituisce circa il 4-5% rispetto alle 13-14 milioni di tonnellate emesse in un anno.
Francamente non credo che sia confrontabile la riduzione della CO2 con il rischio di avere una produzione di contaminanti clorurati che sicuramente non si ottengono con la sola combustione del carbone; inoltre, tenendo presente che in un CDR-Q la quantità di plastiche è pari a circa il 28-30% del tal quale e che le plastiche pesanti (clorurate) sono mediamente il 40-45% del totale, avremmo in combustione da 39.000 a 47.000 t/a di plastiche clorurate.
Con questi quantitativi di plastiche pesanti e clorurate immesse in combustione, con i sistemi di captazione delle microparticelle presenti nella centrale di Brindisi Sud ( filtri elettrostatici), con la mancanza di omeotermia nella camera di combustione, con gli enormi flussi aeriformi presenti, sfido chiunque a dimostrare che non è possibile produrre più di 0,1 nanogrammi/Nmc (un miliardesimo di grammo) di diossine.
In definitiva, ritengo che la possibilità di aver previsto la combustione del CDR nella centrale di Cerano, sta tutta nella sostanziale incapacità della politica a definire e chiudere il “ciclo dei rifiuti”, così come previsto nella gerarchia della Comunità Europea.



Prof. Dott. Geologo Francesco Magno
(direttivo Legambiente)