21/11/2010

A Zonderwater con Carlo Annese tra i “diavoli” italiani. Di Domenico Saponaro


Lontanissimo, sperduto, Zonderwater si presenta come un posto desolato, un’ampia radura su un altopiano a quarantatré chilometri da Pretoria, Sudafrica. Il suo nome, aspro come il luogo e come il suo significato, in lingua boera vuol dire “senz’acqua”.
La vastissima spianata è un accampamento immenso, migliaia di tende piramidali sono ordinatamente disposte a perdita d’occhio. Zonderwater è un campo di prigionia inglese, Carlo Annese lo definisce “uno dei luoghi più importanti della seconda guerra mondiale, per la storia del nostro Paese e per lo sviluppo del Sudafrica, ma anche uno dei più misconosciuti: il campo di concentramento alleato con il maggior numero di prigionieri italiani di tutto il conflitto”.

Carlo Annese, brindisino, storico inviato della Gazzetta dello Sport e capo redattore di Altri Mondi, è un giornalista di quelli che sanno scrivere bene.
Il suo ultimo lavoro è intitolato “I diavoli di Zonderwater”: un’opera importante, un volume che in trecento pagine custodisce un cospicuo tesoro, frutto di una ricerca impegnativa e rigorosa.
Racchiude la storia – meglio, le storie – di un luogo che tra le sue baracche vede crescere e maturare duramente, nel pieno di una giovinezza violata dalla tragedia della guerra, quasi centomila soldati italiani, prigionieri di guerra internati in quella che tra il 1941 e il 1947 diviene una “città” con 39 chilometri di strade e 14 rioni, due ospedali da 3000 posti letto, 15 scuole, 22 teatri, 16 campi di calcio, 6 campi da tennis, 7 sale da scherma, e numerose altre strutture attrezzate per lo sport, la cultura, l’istruzione, il culto, l’arte, l’artigianato.

A Zonderwater i POW (Prisoners of War), si organizzano al meglio per rendere sopportabile una prigionia lunga oltre misura, quasi dimenticata dai potenti in guerra.
A Zonderwater, Giovanni Vaglietti, Araldo Caprili, Rosito Zeni, Giovanni Manca, Giorgio Fiasconaro, il sergente maggiore brindisino Giovanni Nubile e le migliaia e migliaia di loro commilitoni vivono quella che Gian Antonio Stella, nella sua prefazione al libro, descrive come “l’epopea tragica e formidabile (…) dei 94.000 prigionieri italiani che sopravvissero agli stenti e alla nostalgia anche grazie allo sport”.
E tra i momenti culminanti del libro, sono proprio gli eventi sportivi - metafore di una vita, e segnatamente di una condizione drammaticamente emozionante - a caratterizzare un racconto ricco di episodi toccanti, tutti veri, va detto, come documenta l’ampia messe di note, referenze bibliografiche e testimonianze puntualmente riportate in coda al volume (apprezzabile anche il suggestivo apparato iconografico a centro libro).

Annese, con la sua scrittura piana ed efficace (di nuovo, da bravo giornalista) e con una gradevole mimesi narrativa, riferisce fatti storici importanti, le grandi e piccole tragedie rapportate a un contesto in cui non si sa chi siano i vinti e i vincitori (invero difficile ancora oggi stabilirlo anche fuori dai reticolati di Zonderwater …): siluramenti e affondamenti e naufragi, fughe e deportazioni precedono o fanno da sfondo alle vicende che caratterizzano la vita quotidiana nel campo di prigionia.

Il racconto scorre quasi per immagini, in una corale ricchezza di personaggi e un alternarsi di dialoghi, scene d’interno e ampi totali in esterna, flashback, ellissi e dissolvenze, tipicità proprie di un plot filmico; elementi che, anche in virtù della vividezza e dell’intensità degli episodi narrati, suggeriscono l’idea di una fiction: ipotesi tutt’altro che peregrina dal momento che i diritti del libro sono stati ceduti per realizzare un adattamento televisivo o cinematografico.
Lo sport, si diceva. Nel libro è una componente fondamentale, perché la pratica sportiva è vitale per i POW di Zonderwater. Gli incontri di calcio tra le rappresentative dei diversi blocchi o i combattimenti di pugilato, ma anche le manifestazioni di altre discipline, assumono un tono quasi epico: uno tra tutti l’incontro di boxe dell’8 settembre del ’43 - sì, proprio quel giorno, davanti a quasi trentamila spettatori, tra il monarchico Giovanni Manca e il fascista Gino Verdinelli, tutti ignari di quanto stesse accadendo in patria in quelle ore.
Lì, tra le baracche, assurgono a momenti mitici anche i numeri dell’asso del pallone Giovanni Vaglietti, proveniente dalle giovanili del Grande Torino, divenuto figura di spicco nel campo per la sua personalità e il suo carisma anche fuori dalle linee di gioco.

Infine, il titolo: Vaglietti, come molti altri calciatori a Zonderwater, è un “diavolo”. Non aggiungo altro, il resto lo lascio scoprire ai lettori del libro.

Titolo: I diavoli di Zonderwater. 1941-1947. La storia dei prigionieri italiani in Sudafrica che sopravvissero alla guerra grazie allo sport
Autore: Annese Carlo
Editore: Sperling & Kupfer (collana Saggi)
Prezzo di copertina: € 18,50
Genere: letteratura italiana: testi
ISBN: 8820048841
ISBN-13: 9788820048846
Data pubblicazione: 1 giugno 2010