30/03/2012

Silenzi di Scena. Di Domenico Summa @ Nuovo Teatro Verdi - Brindisi


SILENZI DI SCENA
nell’espressione artistica di Domenico Summa

Luogo: Foyer Nuovo Teatro Verdi - Brindisi Dal 30 Marzo al 6 Aprile 2012
Visite: durante gli orari di apertura mattutina del botteghino (dalle 10.30 alle 13) e di sera nei giorni di programmazione degli spettacoli sino alla fine della stagione, oppure su prenotazione (info 0831.22.92.30).
Inaugurazione: Venerdì 30 Marzo 2012, ore 18.00


La mostra raccoglie 32 scatti del giovane fotografo brindisino, che ha cercato l’istante quando il buio scende in sala, le luci si accendono in palcoscenico e l’artista lascia le quinte per rimettere al giudizio del pubblico i sentimenti che lo spettacolo gli ha affidato.
In quel momento l’atmosfera si fa magica, l’inquietudine tangibile, e non c’è maschera, non c’è trucco, che possa filtrare l’emozione che si espande oltre la quarta parete.
Una performance è fatta di guizzi, e ogni istante comunica le sue profondità e le sue leggerezze.
E mentre l’uomo e il personaggio diventano un solo individuo, ogni confine vacilla, e il tempo si ferma.
Sono queste le impressioni che Domenico Summa ha fissato nei suoi click, cogliendo il sottile diaframma tra interprete e personaggio.
Perché, come ha scritto l’autorevole critico teatrale Ugo Volli nei vagabondaggi teatrali intitolati «La quercia del Duca», per un fotografo che si occupa di teatro si tratta di «ritrarre la persona dentro il personaggio», di «cogliere quell’ambiguità, quella doppiezza di ruolo, quel punto di oscillazione in cui si deve mettere un attore per essere insieme se stesso e dare forza al suo personaggio».
Così, nella sequenza di immagini colte da Summa, gli attimi prendono forma e si ripetono in frammenti di una nuova e silenziosa messa in scena, allestita con la sensibilità e gli occhi del reporter che ripercorre i momenti più esaltanti delle ultime due stagioni artistiche.

RECENSIONE DI CARMEN DE STASIO
Sentire la voce che parla dall’interno è un’abilità che l’artista possiede come virtù dell’essere.
Nel momento in cui quest’abilità viene a coinvolgere sensi ed emozioni, allora si tratta di rappresentazione scenica di uno stile. Di questo si nutre il percorso silenzioso che connota l’attività di Domenico Summa, fotografo di sensibilità che si incontrano con la precipua voglia di cogliere le essenze del visibile da diffondere sul nudo schermo di una carta patinata.
Non è la prima volta che scrivo di arte configurata in fotografia. In fondo l’artista si incontra nel momento lungo di decodificazione di messaggi che, incastrando ambienti esterni e ambienti percettivi e proiettivi intimi, si inoltrano in profondità; assolvono al grave compito di dileguare le frantumazioni e le dissociazioni che sconvolgono l’occhio-mente e convergono nell’attimo dello scatto con la dimensione simbolica, metalogica di situazioni che procedono nell’oltre visibile squarciato, dilaniato dall’energia del vedere oltre.
Si potrebbe considerare questa come la strategia vitale di Domenico Summa, del tutto assimilabile al braccio che ferma quelle vibrazioni facendone emergere respiri, intonazioni, incantamenti, fragori e fermenti in una sinfonia che è gesto e parola, colore e sognante bianco nero.
Un teatro del silenzio, nel quale tutto ha lo spessore della vita. Nel quale risuona l’algido flusso che intreccia la rappresentazione visiva proseguendo lungo il tracciato che diviene storia rigenerante a motivo di un movimento che scalpita oltre il velo. Domenico Summa sente che le sue creature in quel momento consolidano un’unione di corpo e sensi, ritmi ondulatori e scosse di vitalità dilagante, coinvolgente.
L’arte è co-scienza/conoscenza che avvicina all’infinito, a una dimensione distante dalle meteoriti aspre e vagheggianti e irrompe a dar dimestichezza con i volti nascosti dell’anima. E’ una forma di amore con la quale l’arte imbastisce l’unicità di un’occasione per porsi domande sulla natura dell’uomo e sulla motivazione del suo errare. Domenico Summa sostiene con innato pudore l’incidenza di quest’amore che si confronta sovente e mirabilmente con Eos, l’alba perenne che avvolge l’intenzione nel momento in cui prende forma in forma di acquisizione-amplificazione di convivenza in un tempo ideale per celebrare l’idea dell’arte come stile che elogia l’enciclopedia del conoscere al di là del visibile.
Esso stesso conoscenza, perché l’arte del concepire in immagini è trazione danzante e per assolvere a questo compito occorre spostarsi continuamente da sé, catapultarsi in una dimensione inventiva che configura la finzione del palcoscenico nella luce-ombra di dettagli emergenti nella trama di una storia continua; che supera lo sguardo strabico sopraffatto dall’abitudine. Che chiude il sipario e con questo il pensiero.
Domenico Summa incornicia l’idea come condizione di un viaggio che riporta ad un flusso di contemporaneità l’incontro ermeneutico del solo pensabile con ciò che non emerge evidente, non è riscontrabile e che pure esiste. L’immagine si fa ombra e in essa trova riscontro il linguaggio composto da miriadi di sollecitazioni interpretative che abbattono l’iconografia statica nel nome di una libertà che sconvolge l’assolutezza retorica del visibile.

Carmen De Stasio