30/03/2012
Tornare ai luoghi collettivi della Politica. Di Salvatore Tomaselli
La contrastata riforma del lavoro vede una crescente sofferenza in buona parte del sindacato e nello stesso Partito Democratico, una delle forze maggiori che sostengono in Parlamento l'esperienza del Governo Monti: la discussione, in particolare, verte su uno degli aspetti più delicati e controversi, ovvero la revisione dell'art.18 che disciplina i licenziamenti individuali, che, nella nuova versione, esclude il reintegro per i lavoratori licenziati per motivi economici.
Il Parlamento nelle prossime settimane sarà impegnato in un confronto che si annuncia sicuramente non facile.
Una riforma importante, che deve veder prevalere la consapevolezza, in tutti gli attori istituzionali e sociali coinvolti, che lo sforzo per costruire finalmente un insieme di nuove regole volte a diminuire la precarietà e ad aumentare le opportunità di accesso al mondo del lavoro per giovani e donne, non può essere compensato in alcun modo dall'arretramento sul fronte dei diritti dei lavoratori. Sono e devono poter restare due questioni distinte e che non vanno confuse.
La crisi grave, che il nostro paese vive da alcuni anni, nei suoi aspetti sociali più drammatici non è ancora del tutto alle nostre spalle: ed il prezzo più alto finora è stato pagato senza dubbio dai ceti più deboli, dalle centinaia di migliaia di lavoratori che hanno perso la loro occupazione ai tanti che hanno visto in una notte cambiati i loro programmi di vita con l'allungamento dell'età pensionabile, dal crescente numero di giovani e donne che conoscono solo precarietà o il ritorno dell'emigrazione, specie intellettuale, ai tanti che il lavoro non lo hanno mai conosciuto.
Insomma, si può davvero sostenere che, di fronte ad una così devastante crisi, qualcuno in questo paese la propria parte l'ha già compiuta fino in fondo! Ora dovrebbe poter toccare ad altri.
Questo è il tempo, infatti, di cominciare ad immaginare come vogliamo l'Italia nei prossimi anni, rilanciandone lo sviluppo e le capacità di produrre nuova ricchezza e nuova occupazione, nonché aumentandone il tasso di equità e di giustizia sociale.
L'esperienza del Governo Monti, del tutto originale nella sua composizione e nella sua base parlamentare, si sta rivelando positiva per la riacquistata credibilità internazionale dell'Italia, per aver messo in sicurezza i conti pubblici e per aver avviato importanti riforme di sistema.
Le prossime settimane saranno decisive per delineare il nuovo assetto del sistema politico italiano: a cominciare proprio dall'esito che avrà l'iter parlamentare della riforma del mercato del lavoro. Una soluzione positiva, nel senso che abbiamo appena richiamato, non solo eviterebbe tensioni sociali di portata non marginale ma rafforzerebbe l'esperienza del Governo Monti, consentendo, nel contempo, che si concretizzino le condizioni politiche tra le forze che sostengono il Governo per avviare una autonoma iniziativa parlamentare volta a realizzare alcune non rinviabili riforme.
A cominciare dalla approvazione di una nuova legge elettorale che verta sul ripristino del diritto, oggi negato, dei cittadini-elettori di poter scegliere i propri parlamentari e, nel contempo, capace di superare il bipolarismo forzoso di questi anni a favore di un bipolarismo costruito su omogeneità politica e programmatica.
Possono, altresì, maturare le condizioni per alcune riforme istituzionali su cui vi è un largo consenso, a cominciare dalla riduzione del numero dei parlamentari e dal superamento del bicameralismo perfetto, una delle cause di inefficienza della politica e della lentezza del processo legislativo.
Insomma, i prossimi mesi possono consegnarci una fase di importanti riforme o di cocenti delusioni e, quindi, di ennesimo "fallimento" della politica verso le aspettative del paese.
Per questo, in tempi di profonda disillusione dei cittadini verso la politica ed i partiti, c'è un bisogno vitale di riforme e di risposte concrete e coerenti.
In una stagione in cui, peraltro, da Milano a Bari, dal centrodestra al centrosinistra, le cronache giudiziarie ci raccontano di gravi accuse verso diversi esponenti istituzionali - nelle more che la giustizia compia per intero il suo corso e certifichi eventuali reati e responsabilità - dalla politica e dai partiti i cittadini si attendono non imbarazzati silenzi o scontate prese di distanza, ma parole chiare ed atti conseguenti.
A cominciare da maggiore trasparenza nella selezione delle candidature, da scelte efficaci per contrastare ogni conflitto di interessi, dalla rottura di ogni sudditanza della politica e delle istituzioni ai poteri economici.
Non sembri un ingenuo paradosso: ma continuiamo ad essere convinti che alla cattiva politica bisogna rispondere con più politica e con un rilancio della funzione propria dei partiti.
Agli "errori", chiamiamoli così, in cui alcuni sono incorsi purtroppo anche nella nostra regione e nel centrosinistra pugliese negli ultimi anni, non c'è antidoto più efficace da opporre se non il ritorno ai luoghi collettivi della politica, alla partecipazione diffusa, all'affermazione di leader che si muovano con l'autorevolezza figlia del consenso e della responsabilità, rifuggendo dal populismo frutto della rinuncia alla mediazione dei corpi collettivi.
Tutto ciò riguarda anche le nostre città e la politica locale, in cui i partiti anziché vivere quali organismi che favoriscono la partecipazione dei cittadini alla cosa pubblica, troppo spesso vengono soppiantati dai comitati elettorali e perdono ogni autonomia di iniziativa e di elaborazione, appiattiti sulle rappresentanze istituzionali e su logiche di conservazione e autoriproduzione del consenso.
Ma questa è un'altra storia, molto più diffusa e vicina di quanto non appaia ai più, su cui torneremo, magari in una discussione aperta e a più voci, se le preoccupazioni e le speranze che abbiamo qui manifestato non sono solo le nostre.
Sen. Salvatore TOMASELLI
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