02/11/2013
Attendenti e Maggiordomi. Di Guido Giampietro
In principio fu l’attendente, cioè il soldato addetto alla persona di un Ufficiale. In particolare, nell’Esercito e in Aeronautica, era il militare che serviva personalmente un Ufficiale mentre, in Marina, era quello che gestiva il servizio personale e la mensa degli Ufficiali.
Un compito per nulla facile quello degli attendenti, additati spregiativamente come “le serve”. Non che l’epiteto non calzasse a pennello. Anzi. Specialmente ai tempi della Grande Guerra, quando gli attendenti dovevano montare e rimontare la tenda con qualsiasi condizione meteorologica; caricare e scaricare la cassetta contenente biancheria di ricambio, divisa, documenti e piccole munizioni di scorta; pulire le armi; e, soprattutto, salvare la pellaccia propria e quella dell’Ufficiale a lui affidato.
Poi, con il tempo, gli attendenti sono divenuti una prerogativa degli Ufficiali Superiori e degli Ufficiali Generali e le mansioni paramilitari si sono trasformate in quelle di un vero e proprio maggiordomo di una casa nobile: provvedere alla spesa mattutina, ritirare la posta, curare l’arredo dell’appartamento, occuparsi dei ricevimenti serali, avere cura dei figli degli Ufficiali, badare ai cagnolini, ai gatti, ai canarini…
In compenso non sapevano nulla di marce e di corvè e potevano usufruire di numerose licenze premio (cosa di non poco conto dal momento che, in un periodo in cui il servizio di leva non era stato ancora regionalizzato, la morosa aspettava impaziente al paesello del Nord o della Sardegna).
Nonostante la “legitima suspicione” di mansioni non in linea con il principio della dignità umana, gli attendenti continuarono a esistere, anche se sempre più numerosi presso le abitazioni dei loro superiori che nelle camerate delle caserme. Fino a quando la VII Commissione della Difesa, nella seduta di mercoledì 22 settembre 1971 presieduta dall’on. Italo Giulio Caiati, non discusse ˗ oltre all’aumento del soldo ai militari e graduati di truppa delle Forze Armate ˗ anche il divieto del servizio di attendente.
Ma l’istituto non scomparve “ope legis”. Continuò ancora per un po’ a essere gestito dalle consorti dei colonnelli e dei generali che proprio non se la sentivano di perdere quel benefit tanto prezioso.
Anni dopo, con l’istituzione delle scorte “ad personam” assegnate a parlamentari e politici di vario livello il servizio ha subito una evoluzione (meglio, una involuzione): non più militari in divisa, ma gente in borghese appartenente ai servizi di sicurezza. Una trasformazione solo di facciata, dunque, che ha consentito a signore quali Anna Finocchiaro (ma a chissà a quante altre tutelate dalla “necessità” della riservatezza) di farsi dare una mano (a loro insaputa, ovviamente!) nel condurre il carrello della spesa dentro e fuori un supermarket.
Il dado era oramai tratto: l’attendente militare, il fantaccino imbranato e affezionato al suo Ufficiale era divenuto il maggiordomo tuttofare che poteva essere gestito dai centri del potere!
Nulla a che vedere ˗ è da augurarselo ˗ con il servizio di Maggiordomo aziendale del cui progetto, un momento prima che le Province esalino l’ultimo respiro, è addirittura capofila la Provincia di Brindisi.
Il progetto B-FREE” è stato sostenuto da un partenariato pubblico-privato costituito da Provincia di Brindisi, Centro Risorse Famiglia, Osservatorio sociale, Camera di Commercio, Consorzio ASI e Sintesi Srl, società in house della CNA, Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa, Associazione provinciale di Brindisi.
Le aziende i cui dipendenti usufruiranno del Servizio sono: Provincia di Brindisi, Camera di Commercio, Consorzio ASI, Sintesi s.r.l., Mauro componenti s.r.l., Hotel Villaggio Nemo, Convertino s.r.l., Cna, Ecip, Caf Cna, STP, PromoBrindisi e Isfores.
Con un avviso pubblico si è proposto un intervento innovativo finalizzato alla creazione e messa in comune di servizi interaziendali di conciliazione famiglia-lavoro, a favore dei dipendenti, attraverso la sperimentazione della figura del Maggiordomo aziendale.
L’esperimento durerà sei mesi e riguarda una proposta, unica nel suo genere, lanciata dal Servizio Politiche Sociali, Pubblica Istruzione e Politiche Giovanili della Provincia di Brindisi. Il progetto è stato finanziato dalla Regione Puglia in base alla Legge regionale 21 marzo 2007 n. 7, DGR n. 2473 del 15 dicembre 2009 “Linee guida regionali per l’elaborazione dei Patti Sociali di Genere”.
Il Maggiordomo aziendale ˗ si legge in una nota della Provincia ˗ “è una figura a metà tra l’assistente personale ed il fattorino di una volta e si farà carico di tutte le incombenze che l’orario di lavoro non permettono di svolgere. Il suo compito sarà quello di prendere nota di quanto può essere utile, sbriga una serie di servizi al posto dei dipendenti mentre sono al lavoro ed aiuta nel disbrigo delle incombenze, anche quelle più noiose. È colui che si occupa di facilitare le vita ai dipendenti dell’azienda eliminando la discontinuità nella prestazione dell’operatore, riducendone lo stress e svolgendo mansioni come ad esempio il ritiro di documenti, commissioni generiche oltre varie incombenze quotidiane”.
Nobili, dunque, le finalità di questo innovativo servizio. Soprattutto quella di ridurre lo stress dei dipendenti. Ma allo stress del Maggiordomo qualcuno ha pensato? Il servizio, infatti, si svolgerà su cinque giorni lavorativi (dal lunedì al venerdì) per complessive trenta ore settimanali e in un raggio geografico non superiore ai 15 km dalla sede servita.
Le attività proposte possono riunirsi in tre grandi gruppi da considerarsi (fortunatamente per il Maggiordomo!) esaustivi.
Vi sono le incombenze salva tempo: ritiro e consegna di documenti fuori ufficio; pagamento bollettini postali; commissioni bancarie; prenotazioni viaggi presso agenzie, ritiro biglietti, ecc.
Seguono le incombenze di vita familiare: ritiro o consegna certificati medici; gestione contatti con personale tecnico per piccole riparazioni domestiche (idraulico, elettricista…); gestione contatti con badanti, baby sitter, ludoteche, fisioterapisti, studi medici, ecc.
Infine ci sono le incombenze di facchinaggio: cambio o ritiro abiti presso attività commerciali; consegna a domicilio di fiori, piante, viveri alimentari; ritiro e consegna capi in lavanderia; acquisti in farmacia…
Personalmente ero rimasto fermo alle iniziative dei Comuni più intraprendenti concretizzatesi nell’inclusione nella Casa di città di asili nido e ludoteche atte a sgravare parzialmente le mamme lavoratrici dalle difficoltà di conciliare impegni famigliari e professionali. Ma nemmeno con la più fervida immaginazione avrei pensato che a Brindisi si sarebbe potuto sperimentare questa figura di factotum “ghe pensi mi”!
Altro che attendente dei tempi che furono. C’è solo da augurarsi che, come succede in questi casi, non si ecceda caricando il Maggiordomo (ma non si poteva continuare a chiamarlo fattorino!?) di compiti che possano entrare in rotta di collisione con la più volte richiamata dignità della persona.
Poi mi assale un altro dubbio. Controllo e ricontrollo freneticamente il lunghissimo elenco dei compiti demandati ai Maggiordomi aziendali e finalmente mi tranquillizzo. Non compare l’accompagnamento dei bambini presso gli asili e le Elementari. Meno male, mi dico. Così lasciamo qualche incombenza anche ai nonni che altrimenti, da un giorno all’altro, rischiano di andare in pensione per la seconda volta… E poi vogliamo mettere un Maggiordomo con un nonno?
Guido Giampietro
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