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NESSUNO VUOLE IL RIGASSIFICATORE
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La British gas ha deciso di investire 600 miliardi di lire con l'obiettivo di costruire a Brindisi un terminale per trasformare il metano liquido importato via mare allo stato gassoso.
L'annuncio viene dato in Gennaio a "Il Sole 24 ore", ma solo adesso si muovono le acque:
Blair (principale sponsor del colosso a grosso capitale pubblico) e Berlusconi ne hanno parlato a
Genova durante il G8. Il premier inglese, nei giorni successivi, ha premuto fortemente
l'accelleratore per convincere il governo italiano a realizzare l'investimento.
Tutto parte a Gennaio quando il presidente dell'Ente nazionalizzato d'oltremanica, Yvonne Barton,
comunica l'intenzione di voler costruire lo stabilimento proprio a Brindisi.
600 miliardi di lire, 1.500 addetti nel periodo di costruzione, un impianto in grado di
produrre fino a 8 miliardi di metri cubi all'anno di gas naturale a fronte di un progetto che
avrebbe effetti dirompenti sulla liberalizzazione del mercato del gas, affiancando una fonte di
approvvigionamento alternativa ed in concorrenza a quella della Snam (gruppo ENI).
Buona parte del metano proverrebbe dai propri giacimenti egiziani (alcuni condivisi con la Edison)
e sarebbe fornita ai grandi clienti industriali, ai produttori indipendenti di energia elettrica,
ai distributori di gas, ai partecipanti alla gara per l’acquisizione delle centrali dell’Enel.
Dopo 6 mesi scoppia la bufera.
Ci si accorge che il Documento di Programmazione Economico Finanziaria del governo Berlusconi
riporta testualmente: " Risultano di importanza strategica nuove infrastrutture di
approvvigionamento del gas naturale, in particolare nuovi terminali di ricezione e
rigassificazione di gas naturale liquido" ed è chiaro che si parla di Brindisi e della British gas.
Peccato che nel documento si legga
anche che "il Governo promuoverà l'uso efficiente delle risorse energetiche al fine di diminuire la dipendenza
dell'Italia dall'Estero" e che "verranno potenziati la ricerca scientifica e lo studio di possibili
utilizzazioni di energia prodotta da tecnologie a basso impatto ambientale".
L'on. Carbonella sottolinea la volontà del Governo di portare a Brindisi altro inquinamento, il
presidente della provincia Frugis accusa il centro-sinistra di volere l'impianto in quanto la British Gas
ha dato l'incarico di consulenza ad una società vicina al suo entourage;
L'Assessore regionale all'Ambiente, Saccomanno definisce inconcepibile il ricatto della crescita
contro la salute; il Sindaco Antonino, ribadendo un secco no, ricorda che il
consulente fiscale della British Gas altri non è che il Ministro Tremonti (il redattore del DPEF);
Carmine Dipietrangelo, capogruppo dei DS in regione, evidenzia come il suo partito si sia sempre
dichiarato contrario a questo insediamento.
Capitolo a parte meritano i sindacati: tutti, da subito ed indistintamente, risultano favorevoli
all'iniziativa. Ma non risulta che essi abbiano mai ascoltato in proposito i propri cittadini iscritti.
E' questo il contesto locale nel quale il Comitato Portuale,convocato per il 30 Luglio, ha deciso di
rinviare il rilascio delle relative autorizzazioni alla British Gas.
Si continua a discutere, intanto si attendono le decisioni del governo che pare orientato a
commissariare l'Autorità portuale (colpevole di essere contraria all'investimento) dopo aver mandato a Brindisi gli ispettori.
Risultano oramai evidenti le decisioni già stabilite dal nuovo governo come risultano palesi gli
enormi interessi monetari in ballo ed i giochi di potere economici (ad esempio BG forma diverse joint-venture
con Fiat Avio e Banca San Paolo, ossia con parte della futura EDISONTEL) a discapito dell'ENI
(forse troppo vicina al vecchio esecutivo, ma pur sempre a capitale pubblico).
Allo stato delle cose sembra fin troppo semplice prevedere il triste epilogo della vicenda, ma
poniamo ugualmente la scontata domanda: ma quando si smetterà di prendere decisioni sulla testa e la salute dei
brindisini?
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