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PERCHE’ NON HO VOTATO A FAVORE DELLA PARTECIPAZIONE ALLA GUERRA

Antonio Gaglione

Avverto l’esigenza di rendere pubbliche le ragioni che mi hanno spinto nella seduta pomeridiana del 7 novembre al Senato a non votare favorevolmente all’invio di truppe italiane in Afghanistan.
Esplicito pubblicamente il mio dissenso anche per evitare che, sulla scia di quanto ha fatto qualche quotidiano nazionale, le posizioni dei "dissidenti" vengano strumentalmente distorte.

Ribadisco la mia solidarietà piena ed inequivocabile nella lotta contro il terrorismo che ha attaccato gli Stati Uniti d’America in modo feroce e disumano e per questo ho creduto che fosse giusta un’operazione di polizia internazionale per catturare i mandanti responsabili di quell’attentato. Tuttavia, dopo un mese dall’inizio delle operazioni, solo chi proprio vuol rimanere cieco non vede come l’intervento si sia trasformato in una guerra totalmente inadeguata a sradicare il terrorismo. Il fatto che si stia rischiando di allargare il conflitto all’intero mondo islamico (alimentando, in maniera esponenziale, il terrorismo dei gruppi fondamentalisti) ormai non è solo un funesto timore o una drammatica previsione degli analisti più pessimisti, ma una constatazione di pura evidenza.
Per di più, il voto a favore dell’intervento dell’Italia è avvenuto proprio nel momento in cui il conflitto ha dato prova lampante di non riuscire a risparmiare la vita dei civili e delle parti più indifese delle popolazioni. In questo modo rischiamo di contrapporre alla violenza irrazionale di chi ha concepito l’attentato alle Torri Gemelle una vendetta altrettanto irrazionale: che differenza c’e’ fra una delle vittime del World Trade Center di New York e l’innocenza di un bambino morto sotto le bombe a Kabul? E’ bene sapere che, secondo l’Unicef, altri centomila bambini afgani moriranno quest’inverno se non arriveranno subito dei rifornimenti e non cesseranno le operazioni di guerra.
Ancora: non vi è stata nessuna richiesta americana, ma soltanto l’insistenza fino al ridicolo, con cui il Governo ha elemosinato la partecipazione italiana, in forma diretta, alle azioni militari; con l’illusione di far parte attiva (ovviamente in posizione di seconda o terza fila) di quel gruppo di paesi che, con la guerra, sta disegnando le nuove coordinate del potere economico, politico e militare nel mondo! Un atteggiamento che ricorda un modo di fare politica e un pezzo di storia del nostro paese di cui io non mi sento di andare orgoglioso.
Inoltre, si tratta di una guerra che procede in maniera illegittima perché: 1) tradisce i principi della Costituzione della Repubblica Italiana; 2) non avviene sotto la responsabilità del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, nè sotto un comando internazionale che faccia capo allo stesso Consiglio (art. 42 della Carta delle Nazioni Unite); 3) contravviene allo stesso Patto Nato.
Infine, andiamo oggi a combattere con i mezzi più sofisticati, gli aerei più invisibili, i missili più lungimiranti e le bombe più devastanti e lo facciamo contro uno dei paesi più poveri e arretrati del mondo: perchè? Davvero per liberarci di bin Laden? Siamo certi che non sarebbe più utile un’azione coordinata di tutti i servizi segreti del mondo per catturarlo e smantellare la sua rete di collegamenti (per lo più nelle capitali dell’Occidente) senza distruggere un popolo? Siamo proprio certi che dietro questa operazione non vi siano i grandi interessi economici dei paesi industrializzati per un’area del mondo snodo di gasdotti? Siamo altrettanto sicuri che non vi siano le solite pressioni delle grandi industrie belliche?
Per concludere, voglio ricordare ai miei colleghi dell’Ulivo che non intendo esprimere alcuna critica nei confronti di chi ha appoggiato la partecipazione militare italiana alla guerra; so che per la gran parte di essi è stata una scelta dolorosa e sofferta, dettata da senso di responsabilità. Allo stesso modo, e con la stessa sofferenza, ho deciso di comportarmi diversamente, anche per non entrare in conflitto con le mie intime convinzioni e con il mio impegno di fede.
Per ribadire che non si tratta di un disimpegno, ho accettato di partire con una missione volontaria di assistenza medica, missione che lo stesso Governo italiano sta organizzando.
Latiano, li 9 novembre 2001
ANTONIO GAGLIONE

Per saperne di più.
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