Sulle pagine della stampa locale è montato, nei giorni scorsi, il dibattito sul destino del capitello della Colonna romana,
essendo stato ultimato il restauro e posti, nell’ultima settimana, i vari elementi in bellavista alla fruizione della
comunità -sarebbe stato opportuno affiancare una mostra didattico-illustrativa di informazione storica e sulle fasi di
restauro; la qual cosa è ancora attuabile.
Le problematiche conservative di questo esemplare, unico, di scultura antica, stimabile per le qualità plastico-stilistiche
e per i valori simbolici assunti nel corso dei secoli, presentano complessità risolutive che sconsigliano di attestarsi
riduttivamente in pronunciamenti tra schieramenti: copia si, copia no. La coperta è comunque sempre troppo corta.
Mi pare, cioè, che le motivazioni che fanno protendere verso l’una o l’altra opzione, ancorché caute, debbano essere
determinate dall’effettiva consistenza di dati scientificamente acquisiti: tanto i presupposti dell’attuale stato di
conservazione della materia marmorea del capitello; quanto i requisiti ambientali relativi al contesto del sito di
collocazione. Si paventano, perciò, i rischi che possono arrecare al manufatto le varie forme d’inquinamento atmosferico,
piogge acide, gas di scarico delle auto e così via. Osservando che nel primo caso le argomentazioni attengono in modo
esclusivo a specialisti, nei ruoli o autorevoli; nel secondo, a parer mio, la questio si amplia socialmente nel sottolineare
l’urgenza di migliorare le qualità dell’ambiente entro cui devono sopravvivere non solo colonna e capitello ma anche i
cittadini e le future generazioni. Se lo smog e quant’altro sono nocivi al duro marmo del monumento-simbolo di Brindisi,
si provi a immaginare quale sarà il nostro destino, che respiriamo quotidianamente aria sempre più velenosa –basta sostare
alla sera del week-end ai tavolini di uno tra i bar o ristoranti o alle giostre del lungomare per inalare gas ammorbanti.
Non è forse vero?
Dunque la copia, perché no. A condizione che il soprintendente Andreassi, l’Istituto Centrale del restauro, il ministero per
i Beni Culturali e i tecnici dell’amministrazione comunale indichino, assumendosene la responsabilità, la necessaria
musealizzazione del capitello a causa della debolezza estrema del marmo e della minaccia di degrado irreversibile se
trattenuto nel suo sito originario, quello in cui si avvalora il suo essere monumento; sì da consigliare la rinuncia a
interventi manutentivi e il ricovero, estraniante, in un museo, concepito non come contenitore di proposte culturali ma nel
senso di ospizio di quegli oggetti da tutelare dal deterioramento ambientale. In tal caso è ineluttabile porre in essere la
copia, ma altrettanto irrinunciabile è avviare provvedimenti conseguenti alla sostituzione dell’originale, che riguardano
evidentemente la minaccia dell’inquinamento atmosferico per la vivibilità nel centro cittadino. Cioè porsi in una condizione
psicologica di emergenza ambientale; o le vite umane valgono meno del capitello?.
Diversamente, scegliendo la messa in opera dell’originale ci si pone metodologicamente in atteggiamento attivo e propositivo:
che è quello di restituire l’antica scultura ai suoi valori autentici, implicanti il luogo originario per cui è stata
concepita, a contatto con clima, stagioni, ore del giorno e della notte, e di ricomporre un’immagine reale e non virtuale
della colonna romana. Nel contempo, in tal caso, dovranno programmarsi tecnicamente il monitoraggio periodico, adeguate
misure conservative di prevenzione e quindi pratiche di manutenzione continua, che, se sono possibili per la pavimentazione
dei corsi, perché finanze e tecnologia non possono consentirle per capitello e colonna?
Non di meno questa seconda soluzione vale quale rifiuto di issare bandiera bianca innanzi alla prefigurazione della
definitiva sconfitta nella battaglia ambientale e, pertanto, impone di pianificare la riqualificazione e tutela non solo
del patrimonio dei beni culturali della città, tutti esposti a pari rischi di degrado atmosferico e non tutti musealizzabili,
ma soprattutto delle condizioni dell’ambiente nel territorio in cui vivremo per gli anni a venire.
Massimo Guastella
Docente Storia dell’arte e conservazione beni culturali
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