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Brindisi, Rigassificatore, Palma: La guerra dei NO e dei SI



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Brindisi, 01/08/2006

Rigassificatore, Palma: La guerra dei NO e dei SI

Noi non ci stiamo a questa guerra tra i diversi collage pseudo-ambientalisti e non, che vorrebbero o meno oggi il Rigassificatore, domani il Termovalorizzatore, gli impianti per la produzione di energia eolica e via discorrendo.
E’ preminente il fatto, che non può essere sottovalutato da nessuno, che Brindisi sta vivendo un momento di crisi profonda, per cui non si può trascurare nessuna occasione per recuperare almeno tutti quei posti di lavoro che in questi ultimi anni si sono persi.

A nostro modo di vedere, si è cavalcata sin qui una protesta sterile, perché abbiamo già in casa tanti concreti pericoli ben più gravi dei quali nessuno sembra si sia accorto, anche se sono stati portati a conoscenza dell’opinione pubblica e delle Istituzioni da più di qualche lustro: ciò significa professare la protesta per la protesta.
Certo le sigle che oggi si confrontano – quelle per il NO o per il SI al rigassificatore – si battono per avere la visibilità a costo zero e per questo ne sparano di cotte e di crude pur di attrarre l’attenzione.
Se quanto sopra può essere consentito a dei privati cittadini, che dietro una qualche sigla si appropriano della licenza di seminare faziosa intolleranza, ciò non può essere consentito alle Istituzioni ed ai loro rappresentanti, che avendone i mezzi, tecnici e giuridici, per capire, non dovrebbero schierarsi supinamente a favore o contro questo o quell’impianto.

Noi, poiché il profilo legale sulla questione Rigassificatore è stato superato dalla legge Dalema-Amato, mentre l’insediamento a Capo Bianco era previsto nel Piano Regolatore del Porto di Brindisi del 1975, abbiamo tentato di approfondire la questione sotto il profilo tecnico, attesa l'emergenza gas ed energia.
Oggi si sta rilanciando il trasporto di metano via mare: viaggia su navi a -163°C, in un volume 600 volte inferiore rispetto a quando è gassoso, evitando la dipendenza dai metanodotti. E quanto a sicurezza quando accendete il fuoco sotto la pen¬tola molto proba¬bilmente state bruciando gas naturale. Lo stesso che alimenta molte caldaie per il riscaldamento e che ser¬ve ad alcune centrali per pro¬durre energia elettrica.
Que¬sto gas (il metano, dal nome del suo componente prima¬rio) arriva in Italia principal¬mente da quattro condutture provenienti da Russia, Alge¬ria, Libia e Mare del Nord e viene distribuito attraverso una fittissima rete di condutture sulle quali viviamo.
All'inizio del 2006 il brac¬cio di ferro economico tra Russia e Ucraina, attraversa¬te da un metanodotto, ha por¬tato alla riduzione del flusso, obbligando gli italiani a mo¬derare i consumi e a ridurre la temperatura delle case a 19 cc.

Per non dipendere unica¬mente dal metano che arriva (allo stato gassoso) dai meta¬nodotti, lo si può acquistare liquido da altri Paesi. Ma pri¬ma di immetterlo nella rete di distribuzione, bisogna ritrasformarlo in gas: proprio a questo servono i rigassifica¬tori.
Come funzionano? Il gas naturale diventa liquido a -162°C, alla normale pressione: per farlo, si realizzano grandi "frigori¬feri" nella vicinanza dei gia¬cimenti. Una volta liquido, si carica su speciali navi gassiere (o metaniere) e, rag¬giunta la destinazione, viene stoccato liquido in ser¬batoi a pressione ambiente e bassa temperatura, per essere poi immesso nella rete di distribuzione attraverso un vaporizzatore dove il calore rilasciato dall’acqua di mare lo rigassifica.
Nel mondo esistono 49 impianti di rigassifica¬zione. L’Italia ne ha uno a Panigallia (Sp), gestito dall'E¬ni. Un altro é in costruzione al largo di Rovigo e due sono in arrivo, a Livorno e a Brindisi: ma gli abitanti delle zone si oppongono ai progetti (già approvati) contestando l'im¬patto ambientale e temendo esplosioni. In realtà, questi impianti hanno gli stessi stan¬dard delle raffinerie: le misu¬re di sicurezza sono elevate e gli incidenti hanno bassa pro¬babilità di verificarsi. Il me¬tano non è mantenuto in pressione (quindi non PUO’ de¬flagrare come una bomba), non è tossico se si disperde nell'ambiente, è insolubile in acqua (se ne va sotto forma di bolle) e ha una temperatura di accensione di circa 530°C. Per incendiarlo servirebbe una fiamma molto più calda di quella che incendierebbe la benzina o la legna, che bru¬ciano già a 250°C.
Il Paese con il maggior numero di impianti per rigassificare il metano è il Giappone, che ne conta ben 24, dei 32 di tutta l'Asia. L’Europa ne ha 11, il Nord America 4 e il Sud America 2. Leader nella Ue è la Spagna, con 4 impianti. L’ltalia (per ora) ne ha uno solo funzio¬nante, come s’è detto a Panigaglia (Sp).
Abbiamo visto che il metano liquido viaggia su navi gassiere, grandi bombole galleggianti, che sono più resistenti e più ecologiche delle petroliere. I loro motori vanno a metano, usando la parte di gas trasportato che si rigassifica naturalmente

Ad Algesiras, in Spagna, l’Edison sta assemblando il primo rigassificatore al mondo in mare aperto, come una piattaforma petrolifera: quando entrerà in funzione, allargo dell’Italia, potrà ricevere navi metaniere con capacità fino a 152.000 m3, grande come 4 campi da calcio (180x88 m) e potrà ospi¬tare 60 persone 24 ore su 24.
Il tema sul quale bisognerebbe spendere qualche riflessione è quello del confronto e della discussione, esercitare cioé le basi profonde della democra¬zia. Non possiamo stare al gioco di parte con af¬fermazioni illogiche e pura¬mènte propagandistiche? Alcuni esempi?
• la Tav, per la quale sedicenti esperti hanno spiegato che era tutto sbagliato, che bisogna invece far marcia¬re i treni dei pendolari;
• con il rischio dei black out elettrico viene subito fuori un ministro che dice che il problema è investire sulle fonti di energia rinnovabile, quando i paesi che ci vendono ener¬gia lo hanno fatto per lo più col nucleare;
• si vuole libe¬ralizzare questa o quella attività e subito scattano gli scioperi.
E' chiaro che aprire dei tavoli di trattativa in queste condizioni è semplicemen¬te impossibile, a meno che non li si interpreti come puri bracci di ferro per vede¬re sino a che punto una parte riesce ad imporsi sull' altra.

Siamo in presenza di sviluppi economici, tecnologici e sociali che ridisegneranno l’ordine mondiale, ma continuiamo ad arroccarci sulle nostre idee.

L’aspra concorrenza per guadagnare i mercati, le risorse e le tecnologie renderà sempre più ardua la sopravvivenza delle nostre industrie, per cui a questi cambiamenti radicali noi dovremmo contrapporre una politica intelligente, dotandoci di moderne infrastrutture, cercando l’indipendenza energetica che, purtroppo, non abbiamo, ed avviando le riforme indispensabili ad assicurare la concorrenzialità al nostro Paese, nonché creando una base solida al nostro sistema di sicurezza sociale.

Pensiamo, perciò, che sia giunto il momento di superare certi antagonismi preconcetti e, attraverso un ampio dibattito, trovare un’intesa sugli obiettivi che vogliamo raggiungere per non sprofondare nel “Quarto mondo”.

Franco Palma
Presidente di Brindisi Prodest


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