Brindisi, 31/08/2006
Tomaselli a Bersani: "nuove politiche per la Chimica"
In data odierna l’On.le Salvatore Tomaselli ha inviato al Ministro dello Sviluppo Economico On.le Pier Luigi Bersani una lettera con cui affronta la drammatica situazione in cui versa l’industria chimica in Italia.
Di seguito il testo integrale della missiva.
La recente decisione della DOW di procedere alla fermata degli impianti all’interno del petrolchimico di Porto Marghera riporta in tutta la sua drammaticità ed urgenza l’attenzione delle istituzioni, delle forze sociali e dell’opinione pubblica sullo stato di uno dei settori industriali più strategici del paese, la chimica.
La vicenda DOW di Porto Marghera viene a pochi anni di distanza da analoga vicenda consumatasi ad opera dello stesso gruppo americano nel sito industriale di Brindisi, uno dei maggiori siti dell’industria chimica del paese, nel corso di questi ultimi anni costretto ad un forte ridimensionamento da scelte industriali e politiche a dir poco errate e di corto respiro.
Tali si sono rivelate, infatti, le scelte operate dall’ENI dal 2001 in poi: la vendita alla DOW dell’impianto MDI di Brindisi, chiuso dopo solo sei mesi dall’acquisizione; la cessione, sempre alla DOW, dell’impianto TDI di Porto Marghera oggi in chiusura; il fallimento della trattativa per la vendita del ramo-chimica alla SABIC ed il successivo tentativo, anch’esso fallito, di vendere a pezzi l’intero settore, la famosa “operazione spezzatino”.
Queste scelte hanno causato la perdita di diverse migliaia di posti di lavoro diretti ed indiretti, considerando che, a valle di tali scelte, sono stati fermati anche impianti chimici di aziende medio-piccole.
Come detto in precedenza l’abbandono della chimica è iniziato a partire dal 2001. Di seguito si riporta una nota in cui si citano alcune fermate e dismissioni di impianti a solo titolo esemplificativo ma non esaustivo:
- L’impianto MDI con un fatturato di 150 Milioni di euro e 300 persone impiegate (dirette e indirette).
- Per la produzione di PVC con un fatturato di 200 milioni di euro e 280 persone impiegate.
- Per la produzione di Acrilonitrile di Gela, Cagliari, Priolo con un fatturato di200 milioni di euro e 300 persone impiegate.
- Per la produzione di Cloro-Soda, Dicloroetano di Gela,Porto Torres, Priolo con un fatturato di 250 milioni di euro e 500 persone impiegate.
- Per la produzione di Ossido di propilene e polioli con un fatturato di 100 milioni di euro e 200 persone impiegate.
- Per la produzione di intermedi acetici (S.I.S.A.S.) con un fatturato di 100 milioni di euro e 100 persone impiegate.
- Per la produzione di fibre Montefibre e Marlane con un fatturato di 200 milioni di euro e 200 persone impiegate.
- Per la produzione di Urea,ammoniaca,caprolattame etc. (Manfredonia,Porto Marghera etc.).
Con la fermata degli impianti Dow per la produzione di TDI saranno interessati alla fermata gli impianti della società Syndial (già EniChem):
- Per la produzione Cloro-Soda;
- Per la produzione di Dicloroetano.
Poiché Il dicloroetano viene trasferito alla soc. Ineos (già EVC) che in aggiunta a quello prodotto dalla stessa serve a produrre CVM mediante Steam-Cracking da cui ottiene PVC per polimerizzazione si ipotizza: difficoltà di approvvigionamento di 100.000 tonnellate di Dicloroetano da parte di Ineos e di collocare l’esubero di etilene prodotto dall’impianto di cracking. Tale ultimo aspetto potrebbe trovare soluzione trasferendo l’etilene verso il petrolchimico di Ferrara, previa verifica dell’etilenodotto che collega Marghera e Ferrara nonché della capacità di utilizzare tale etilene presso l’impianto di produzione di polietilene di Ferrara della Soc. Polimeri Europa.
Senza escludere il rischio della fermata di tutta la linea PVC da parte di Ineos si ipotizza: la perdita di 200 posti di lavoro per i diretti Dow, 150 per i diretti Syndial per un totale di 500 posti di lavoro considerando anche gli indiretti, e di 330 milioni di euro come fatturato.
Abbiamo assistito negli ultimi anni, insomma, alla scelta pervicace del management ENI di non perseguire alcuna reale e concreta strategia di sviluppo della chimica, limitandosi alla gestione dell’esistente, con l’attenzione volta ad ogni possibilità di dismissione degli impianti esistenti. Obiettivo perseguito in particolare nella gestione Mincato di diminuire la presenza ENI nella chimica, considerato settore dalla redditività molto inferiore a quello energetico.
Il risultato finale di questa strategia è stato il drammatico ridimensionamento ed impoverimento del sistema industriale nazionale, nonché dello stesso patrimonio di ricerca del Paese.
Tali conseguenze erano state previste anche nel lavoro che la X Commissione “Attività Produttive” della Camera dei Deputati aveva realizzato nell’indagine sulla chimica in Italia condotta all’inizio della scorsa legislatura (2002), ove si denunciava l’assenza di strategia industriale da parte dell’ENICHEM, a cui, però, non ha fatto seguito alcun cambiamento di indirizzo né una adeguata iniziativa in tale direzione dell’allora Governo.
Che la chimica possa ancora comportare ricchezza e innovazione tecnologica lo dimostrano le continue performance positive in termini di fatturato e di quote di mercato di quasi tutte le aziende chimiche europee, per non parlare di quelle asiatiche.
Si fa un breve esempio: l’Italia importa circa 600.000 tonn/anno di polipropilene per un valore di 800 milioni di euro e svende l’esubero di propilene (monomero da cui si ottiene il polipropilene per polimerizzazione catalitica) prodotto dai propri impianti per circa 600.000 t/a ad un valore di 300 milioni di euro con una perdita secca di 500 milioni di euro.
Significativo è il caso di Polimeri Europa (100% ENI), che ha a Brindisi uno degli impianti più importanti con circa 1.000 tra addetti diretti e indiretti, che è rimasta oggi in Italia l’ultima Società di dimensioni consistenti, ancora di proprietà italiana, nel settore della Petrolchimica. Si tratta di una azienda che ha una situazione patrimoniale salda, è competitiva sui mercati internazionali in cui opera, con proprio know-how tecnologico ed impiantistico.
La sua attuale politica, però, ispirata dalla proprietà, è quella di non perseguire alcuna opportunità di sviluppo, limitandosi a gestire l’esistente, dismettendo rami di azienda alle prime difficoltà di mercato. Una politica che, se non immediatamente modificata, la porterebbe in non molti anni a chiudere la maggior parte degli attuali impianti produttivi in Italia.
La fermata di ulteriori attività produttive comporterebbe, inoltre, corrispondenti perdite nelle attività dell’indotto, che sono molto rilevanti nell’ambito dell’industria chimica.
Andrebbero, inoltre, compromesse le attività di molti trasformatori nazionali, attuali utilizzatori dei prodotti della società. Oltre tutto i costi da sostenere per chiudere uno stabilimento chimico, effettuando tutte le necessarie operazioni di bonifica delle aree, sono sempre elevatissimi.
Al contrario, in un mercato mondiale di forte crescita della domanda di produzioni chimiche, si tratta di rilanciare la presenza produttiva italiana verso mercati in forte espansione e sviluppo, condizione, peraltro, per ridare competitività all’industria chimica italiana e agli stessi siti produttivi nel nostro paese.
Si tratta, insomma, come più volte affermato da Lei, Signor Ministro, di ridare al Paese nuove politiche industriali, che consolidino la nostra presenza nei settori più strategici (la chimica, appunto, accanto all’aeronautica, alla siderurgia, all’energia, alla meccanica, etc) e consentano alle nostre imprese di competere adeguatamente nella sfida internazionale. A partire da politiche dinamiche, che vedano un ruolo attivo sia del Governo che dei grandi gruppi, a cominciare da ENI, così da anticipare le situazioni ricorrenti di crisi industriali che in questi ultimi anni si sono ripetute, investendo con maggiore forza sui fattori della ricerca, dell’innovazione, del trasferimento tecnologico e della flessibilità del lavoro.
Nel ribadire l’apprezzamento verso i primi atti della sua politica, Signor Ministro, mi permetto sottoporLe la presente riflessione, provenendo da un territorio come quello di Brindisi che da decenni è una delle aree strategiche di presenza dell’industria chimica dell’intero Paese, e che ha vissuto in questi ultimi anni il dramma delle dismissioni industriali e di centinaia di lavoratori che hanno perso il loro posto di lavoro.
Nel condividere la necessità di istituire un tavolo di lavoro a livello nazionale per esaminare in profondità la situazione delle Chimica Italiana e per sviluppare proposte che in prospettiva possano ridare una adeguata e moderna strategia industriale al nostro Paese, si rappresenta la opportunità di far “vivere” questo tavolo attraverso le seguenti iniziative:
- rilanciare l’Osservatorio nazionale per la Chimica, ridefinendone struttura, composizione e finalità, alla luce dei risultati non lusinghieri finora raggiunti in capacità di analisi e di inidirizzo per il settore;
- convocazione, su iniziativa del Ministero e di concerto con le competenti commissioni parlamentari, di una Conferenza nazionale per la Chimica, che possa riunire tutti i soggetti istituzionali, industriali e della ricerca operanti nel paese.
Nel manifestarLe la piena disponibilità ad ogni utile collaborazione, si inviano i più cordiali saluti.
On. Salvatore Tomaselli
www.salvatoretomaselli.it
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