Brindisi, 09/02/2007
Giornata nazionale di Legambiente contro il Carbone
Il polo di Brindisi è sempre stato l’emblema di una politica energetica fallimentare dal punto di vista scientifico, ambientale, economico e democratico.
La stessa localizzazione in un raggio di 9 chilometri di 3 impianti di energia elettrica di potenza nominale complessiva di circa 5000 MW rappresenta la negazione di principi essenziali di termodinamica e di sostenibilità ambientale. La sola centrale ENEL di Cerano (4 gruppi da 640 MW per complessivi 2640 MW) produce in un anno 17 TWh, ossia miliardi di chilowattora, cifra quasi pari al consumo dell’intera Puglia, bruciando oltre 7 milioni di tonnellate di carbone a basso potere calorifico e con un rendimento del 30% circa, decisamente molto basso. In più l’Unione Europea l’ha collocata fra le centrali con le più alte emissioni di CO2. L’ENEL ricava quindi il massimo profitto a scapito dell’ambiente e della salute pubblica ma anche del concetto di buon rendimento, fatto proprio dal Governo Italiano.
In occasione della giornata nazionale di Legambiente contro il carbone, vogliamo richiamare la necessità – da parte della Regione Puglia – di programmare interventi più efficaci nel settore termoelettrico e in primo luogo nel territorio brindisino. I ritmi di crescita della domanda di energia in Puglia fanno ipotizzare che nel 2012 (anno di riferimento) si raggiunga il livello massimo di 22 TWh, dato che a quella data le emissioni dei gas serra e principalmente di CO2 dovranno essere ridotte del 6,5% rispetto a quelle del 1990. Se fossero realizzati i programmi previsti, in tale data la produzione termoelettrica pugliese potrebbe superare i 50 TWh, con buona pace dei proclami sull’efficienza del sistema energetico e della sua vulnerabilità, come dimostrato dai black-out del 2003 e del 2006, e sulla riduzione delle emissioni.
L’accordo interministeriale conseguente al “lodo Ronchi” e la convenzione sul polo energetico brindisino del 1996 prescrivevano che la potenza in esercizio negli insediamenti energetici di Brindisi non dovesse superare i 1980 MW e che il consumo di carbone non dovesse superare i 2 milioni di tonnellate/anno, da ridurre in proporzione all’apporto di metano. Il ministro dell’Ambiente Ronchi si impegnava a ridurre del 50% le emissioni di CO2. Oggi nel P.E.A.R. si prevede una riduzione della produzione elettrica, del consumo di carbone e delle emissioni di CO2 del 25% in 10 anni rispetto al 2004, anno in cui la situazione era totalmente fuori controllo. Ridurre in 10 anni il consumo di carbone a 5-6 milioni di tonnellate e la produzione di energia a 13,5 TWh non sono una grande conquista, tanto più che non si è imposto all’ENEL una drastica riduzione del carbone, visto che essa da sola è responsabile dell’emissione di 16 milioni di tonnellate di CO2 all’anno. A ciò si deve aggiungere l’entrata in esercizio della centrale a ciclo combinato Enipower con i suoi 1170 MW.
Quella contro il rigassificatore è per così dire la “madre di tutte le battaglie” ambientaliste a Brindisi, ma al modo con cui sarà risolto il nodo del polo energetico sono legate la credibilità del PEAR e i programmi di sviluppo sostenibile nel territorio. Non possono diventare paravento l’assurda ipotesi di un molo carbone a Cerano o convenzioni con le società elettriche, che siano un cedimento al loro strapotere. Legambiente chiede alla Regione di stabilire un tetto di produzione, da correlare ad un tetto della potenza nominale, non superiore a 30-32 TWh, da integrare con la produzione da fonti alternative e rinnovabili. La recente indicazione di 5000 MW come obiettivo da raggiungere con la fonte eolica, è francamente poco attuabile, ed in ogni caso dovrà essere sottratto al consueto assalto alla diligenza con una puntuale, capillare e condivisa pianificazione e una valutazione di incidenza ambientale. Legambiente ritiene giusto considerare i nuovi impianto a ciclo combinato sostitutivi di quelli monocombustibili esistenti, ma ciò nell’ambito di una effettiva razionalizzazione, che garantisca:
• il contenimento delle aree di servizio oggi concentrate a Brindisi e – in minor misura – a Taranto;
• la realizzazione degli impianti vicino ai carichi, coma la centrale a ciclo combinato di Modugno, vicino a Bari che ne utilizzerebbe l’energia;
l’alta efficienza complessiva del sistema di produzione, trasporto e distribuzione dell’energia elettrica.
Per Brindisi si ribadisce la necessità della chiusura dei gruppi funzionanti a carbone della vecchia centrale Br-nord, compensata dall’entrata in esercizio della centrale Enipower. Al posto dei gruppi, ad Edison si chiede che venga proposto un parco eolico nella stessa area ora occupata. Per Br-sud tre gruppi in esercizio ed uno in riserva tecnica, alimentati con carbone STZ o almeno con tenore di zolfo inferiore allo 0,5% e con elevato potere calorifico, e con un rendimento dell’impianto almeno del 45%. Tali condizioni sembrerebbero onerose, ma in realtà ridurrebbero l’impatto ambientale e le emissioni in atmosfera, garantirebbero un aumento della resa termica e della produzione di energia.
Non sarà inopportuno ricordare anche le emissioni di polveri sottili (PM10 e PM5) dovute alle centrali. Nel territorio di Torchiarolo, nel 2006, sono stati superati i 50 g di PM10 ben 93 volte, contro le 35 ammesse, e nel solo gennaio del 2007, 21 volte. Le affermazioni dell’ENEL che solo il 10% di tali emissioni sia dovuto alla centrale di Cerano, e il restante 90% agli impianti di riscaldamento ed al traffico autoveicolare, sono assolutamente ridicole.
In definitiva, rispetto ai 1980 MW previsti nel lodo Ronchi e nella convenzione del 1996, si dovrebbero avere:
• 1980 MW in esercizio nella centrale ENEL di BR-sud
• 460 MW a ciclo combinato nella centrale Edipower
• 780 MW nella centrale Enipower
• 45 MW nell’impianto solare di cui è stato presentato progetto
• 100 MW da pale eoliche, con le condizioni di cui si è detto.
Ciò rappresenterebbe ben più di quanto prospettato dall’Assessorato all’Ambiente della Regione, ma anche l’unico contributo sostenibile che il territorio possa offrire al PEAR.
Non va sottaciuta poi l‘importanza di instaurare programmi di ricerca applicata sull’utilizzo energetico dell’idrogeno, sulla produzione di energia dal moto ondoso, e di attivazione della filiera che porti alla produzione di biocombustibili, argomenti che richiedono ulteriori discussioni ed approfondimenti.
CIRCOLO LEGAMBIENTE “TONINO DI GIULIO” BRINDISI
Su Brundisium.net:
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