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Brindisi, Ricordando Palatucci, eroe della non violenza



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Brindisi, 09/02/2007

Ricordando Palatucci, eroe della non violenza

In questi giorni, presso la Questura di Brindisi, verrà ricordata la figura di Palatucci con l'inaugurazione di un busto commemorativo.
Ritengo che sia un onore che un luogo istituzionale come la questura di Brindisi, citta di confine ,come lo era quella di Trieste dove operò sino all'ultimo quell'eroe della non violenza, ne prenda il nome, come è anche doveroso ricordare il sacrificio di coloro che si adoperarono in tutti i modi nel salvare vite umane date in pasto alla follia della Guerra , del Terrore , dell’annullamento di ogni forma di umanità.
Tra essi appunto Palatucci, funzionario della questura di Trieste negli anni dell’occupazione nazifascista , che si adoperò nel salvataggio di numerosi ebrei , pagando in seguito, questa sua coraggiosa scelta,con la deportazione in campo di sterminio e la morte.
Per una di quelle strane coicidenze il fato vuole che la vicenda di Palatucci si intersechi con quelle pur avventurose della mia famiglia.
Si era nell’ ultima parte della Prima guerra Mondiale e fino all’ultimo giorno il Grande Macello, che aveva riempito le trincee del Carso di centinaia di migliaia di cadaveri, continuava a chiedere le sue vittime quotidiane. Tra i reparti dell’Esercito Regio vi era quello nel quale il padre di Palatucci aveva il ruolo di ufficiale e mio nonno di semplice fantaccino , entrambi dello stesso paesino dell’Irpinia , come anche lo erano la maggior parte dei soldati di quella compagnia.
La disfatta di Caporetto e le diserzioni di massa avevano spinto l‘alto comando dell’Esercito a favorire la costituzione di reparti di "paesani" poichè su di essi, in caso di diserzione o rifiuto a farsi ammazzare andando all assalto alla baionetta, era più facile usare la minaccia della decimazione con la fucilazione a caso tra gli elementi del reparto, dove convivevano paesani, parenti se non addirittura fratelli , padri e figli.
In uno di questi atroci assalti all arma bianca ,contro i nidi di mitragliatrici austriache, mio nonno vide cadere a terra il suo tenente Palatucci che , riconoscendolo lo pregò di non lasciarlo lì nella terra di nessuno .
Mio nonno, un montanaro dal fisico di un corazziere, dopo averlo rincuorato, se lo caricò sulle spalle e sotto i tiri del nemico lo riportò, prima fra le nostre linee , e poi all’ospedale da campo. Lì prima di lasciarlo lo rincuorò sulla sua ferita che, nonostante fosse all’addome non doveva essere grave, poichè il proiettile austriaco che lo aveva colpito, fortunosamente aveva avuto la corsa frenata dall’impatto col calamaio che l 'ufficiale aveva nella cintura e che gli serviva per scrivere i messaggi da inviare al Comando tramite il portaordini.
Questo è l' ultimo ricordo che mio nonno narrava di Palatucci padre che, sfortunatamente , nonostante che il proiettile fosse stato immediatamente estratto quasi a fior di pelle, morì di infezione per quella ferita.
Quella dolorosa vicenda contribuì in seguito alle scelte di vita di mio nonno e di Palatucci figlio.
Quest’ultimo, figlio di una buona famiglia borghese e possidente, fu allevato nel ricordo del sacrificio del padre e sotto la tutela di suo zio prelato che , divenuto poi vescovo, in seguito fu suo complice nel famoso salvataggio di ebrei inviati presso la sua diocesi, dal nipote questurino.
La morte assurda di suo padre per colpa della follia della Guerra e la sua profonda fede cristiana gli fecero da riferimento per la scelta coraggiosa, non imposta da nessuno, di anteporre il suo ruolo istituzionale di servitore dello stato a quello, invece, di essere umano , simile in tutto per tutto a coloro che decise di salvare fino al sacrificio estremo
Il mio augurio di cuore che i suoi colleghi della Questura di Brindisi, che hanno l'onore di avere intitolata alla sua memoria, ne siano degni, sapendo coniugare i doveri istuzionali alla necessaria umanità che è l'elemento fondante di ogni società civile e che deve accompagnare ogni atto quotidiano dei suoi rappresentanti.
Mio nonno dal grande macello della Prima guerra Mondiale ne uscì rafforzando la sua ferma convinzione sulla fratellanza di tutti i diseredati di questa terra o, come si diceva un tempo sull’internazionalismo proletario, pagando anche lui il suo antimilitarismo e la sua voglia di giustizia con il carcere, il confino, la fame.
Curiosamente , mentre il Palatucci si adoperava per salvare ebrei dai campi di sterminio , mio nonno operava nel nascondere soldati tedeschi disertori e paracadutisti americani piovutigli per sbaglio in testa durante il sanguinoso sbarco di Salerno. Entrambi, mio nonno e Palatucci, accomunati nel salvare vite umane dal sonno della ragione, provocato dall’Odio, la Guerra , l’Intolleranza.
Il miglior modo per ricordare questi eroi, spesso sconosciuti, a mio avviso sia quello di agire come loro , mettendo da parte ogni nostra diffidenza e vedendo nell’altro , anche colui che all' apparenza sembra un nemico, un compagno di viaggio in questo nostro percorso terreno.

ANTONIO CAMUSO

Osservatorio sui Balcani di Brindisi


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