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Brindisi, Rigassificatore: Legambiente nazionale in vista della conferenza dei servizi



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Brindisi, 06/03/2007

Rigassificatore: Legambiente nazionale in vista della conferenza dei servizi

La direzione nazionale di Legambiente ha fatto sua la nota del circolo di Brindisi sulla conferenza di servizi sul rigassificatore del 7 marzo e l'ha inviata ai Ministri dell'Ambiente e dello Sviluppo, di seguito il testo:

Egregi Ministri,
è di grandissima importanza la decisione di convocare la conferenza dei servizi sul terminal di rigassificazione nel porto di Brindisi.

E’ necessario prendere atto dei gravissimi errori, abusi , omissioni che hanno consentito l’emissione del decreto di autorizzazione dell’impianto n. 17032 del 21/1/2003 del Ministero per le Attività Produttive (oggi per lo sviluppo) ed è indispensabile nella conferenza dei servizi disporre l’azione di autotutela ed annullare, quindi, il decreto.
Le motivazioni a sostegno di una tale decisione trovano fondamento nelle violazioni delle direttive 85/337 CEE e 96/82/CE che la Commissione Europea collega al mancato svolgimento preventivo della corretta procedura di V.I.A. e della consultazione popolare, ma anche in quanto contenuto nelle ordinanze di custodia cautelare e di sequestro del cantiere di costruzione della colmata di 25 ettari di mare e dell’impianto che si vorrebbe far sorgere su essa: il mancato rispetto delle direttive europee, delle leggi nazionali di loro recepimento e, perfino, dello stesso D.L. 340 del 2000 e della L. 241 del 1990, su cui si basa il procedimento autorizzativo, ha risvolti penali, che saranno i Magistrati a disvelare pienamente, ma impone l’annullamento di azioni ed atti illegittimi o illegali, come Legambiente sostiene da anni ed oggi lo stesso Direttore dei servizi V.I.A. del Ministero per l’Ambiente e la Tutela del Territorio ritiene necessari.
Che la colmata dovesse essere sottoposta a procedura VIA congiuntamente all’impianto era ritenuto indispensabile dalla dott.ssa Vittadini dirigente del settore VIA del Ministero per l’ambiente e la tutela del territorio, ma nella conferenza dei servizi del 16/1/2002 e negli atti successivi risulta – e ciò è, quanto meno, inquietante – che si è accolta come “verbo” una relazione “pilotata” dell’Autorità Portuale per escludere la procedura prescritta, malgrado che, come Legambiente ha fatto puntualmente presente, la sentenza della Corte di Giustizia Europea (procedimento C81/96 della VI sezione del 18/6/1998) disponga la V.I.A. per tutte le opere, anche previste da strumenti urbanistici precedenti, realizzate dopo la promulgazione della Direttiva 85/337 CEE.

Nella conferenza dei servizi del 16/1/2002 il rappresentante dell’Ufficio RIBO (Risanamento e Bonifiche) del Ministero per l’Ambiente e la Tutela del Territorio fece inutilmente presente che, soltanto dopo la caratterizzazione e la bonifica del sito, si poteva decidere se e quale impianto industriale fosse possibile realizzare. E’ forse un caso che la falda freatica sfociante nello specchio di mare interessato oggi risulti gravemente inquinata?

La Conferenza dei servizi del 16/1/2002 è stata assolutamente interlocutoria e non ha predisposto l’iter di conseguimento degli “atti di consenso” (art. 14 bis della L. 241/1990, così come riscritto nell’art. 10 del D.L. 340/2000). Il V comma dell’art. 14 bis della L. 241/1990 attribuisce al responsabile del provvedimento il compito,disatteso di raccogliere le indicazioni sul progetto preliminare e, sulla base di esse, chiedere la formazione del progetto definitivo, da trasmettere alle Amministrazioni interessate per poter convocare la Conferenza dei Servizi tra 30 e 60 giorni dalla data di trasmissione del progetto.
Al responsabile del procedimento competeva (comma IV) consentire “osservazioni di privati sul progetto definitivo”.
Niente di tutto questo è avvenuto e, in assenza di un progetto definitivo, il 15/11/2002 è stata convocata “la seconda e conclusiva riunione della conferenza dei servizi”, attribuendo a pareri, nulla osta, intese sul progetto preliminare il potere di “atti di consenso”, da esprimere soltanto sull’inesistente progetto definitivo. Il NOF (Nulla Osta di Fattibilità) su un impianto a rischio di incidente rilevante è stato espresso (incredibilmente in assenza di piani di sicurezza definitivi sugli impianti preesistenti) sul progetto preliminare così come il nulla osta sostitutivo del giudizio di compatibilità ambientale (con la prescrizione di non avere in un anno più di 50 gasiere da 130 –140 mila tonnellate ed una produzione di 4 miliardi di metri cubi di metano). Il Dirigente del settore V.I.A. del Ministero per l’Ambiente e la Tutela del Territorio, dopo – e non durante – la Conferenza dei Servizi, ha corretto (sulla base di quale istruttoria tecnica?) il nullaosta del Ministero e le prescrizioni, senza mai aver avuto ed esaminato un progetto definitivo su cui fondare la V.I.A. ed il NOF sulle condizioni d’esercizio irate fuori dal cilindro della Conferenza del 16/11/2002 (100 navi da 130-140 mila tonnellate e 8 miliardi di metri cubi di metano prodotti nell’anno)

Da ultimo, va ricordato che, con l’ambigua dizione “ adeguamento tecnico funzionale del piano regolatore del porto al nuovo molo”, è stato approvato un progetto del molo, decisamente diverso da quello iniziale e quasi certamente da sottoporre a procedura, ben più lunga ed approfondita, di esame ed approvazione di una variante al piano regolatore del porto.
Con tale artificio e nell’arco di tre giorni, la variazione di progetto è stata approvata in Giunta Comunale (e non nel competente Consiglio) , in Autorità Portuale dal Comando in capo del dipartimento militare marittimo dello Jonio e del canale d’Otranto e da Mariport Taranto .
Gli “atti di consenso” sulla variazione progettuale erano condicio sine qua non per il via libera al rilascio del decreto di autorizzazione dell’impianto.
Quanto sopra riportato individua molti, ma non tutti, vizi formali (chiamiamoli eufemisticamente così) presenti nel procedimento e le ragioni per cui nella Conferenza dei Servizi del 7 marzo si debba avviare l’azione di autotutela e procedere all’annullamento del decreto del 21/1/2003. L’attendismo risulterebbe inaccettabile ed estremamente riduttiva sarebbe una procedura VIA ordinaria che, peraltro, apparirebbe giustificativa del sito prescelto e riparatoria, per quanto possibile, di errori, omissioni, abusi commessi.

La Pubblica Amministrazione ha il dovere di garantire diritti inalienabili dei cittadini e la trasparenza degli atti che assume, anche, come in questo caso, agendo in autotutela, a cominciare dalla immediata disposizione di sospensione dei lavori, prevista dalla L. 241/90.

COMUNICATO STAMPA LEGAMBIENTE

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