Brindisi, 07/05/2007
Carbone e CO2: lettera aperta di Legambiente al Min. Pecoraro Scanio
Il rapporto dell’ONU sul clima ha confermato le più pessimistiche previsioni per il futuro del pianeta.
Gli obiettivi di riduzione del 6,5% dei gas serra entro il 2012 fissati nel protocollo di Kyoto rispetto al 1990, appaiono poco efficaci e gli stessi impegni dell’UE di –20% entro il 2020 probabilmente dovranno essere rivisti, tanto che si parla di spostare al 2030 l’obiettivo di riduzione del 60% inizialmente previsto per il 2050.
Drammaticamente facciamo i conti oggi con il fallimento dei modelli di sviluppo quantitativi e consumistici e delle visioni positivistiche che ciecamente o interessatamente hanno attribuito potere taumaturgico alle tecnologie.
Nei paesi in rapida crescita le emissioni di CO2 stanno aumentando velocemente a causa del proliferare di centrali termoelettriche – di vecchia generazione – alimentate a carbone; in queste condizioni i paesi occidentali non possono affidarsi alle speculazioni sull’acquisto dei crediti per bilanciare la sovrapproduzione di CO2, che in Italia è giunta a + 13%, ma occorre una svolta decisiva nella politica energetica internazionale. Con la legge finanziaria italiana del 2007, attraverso le disposizioni in materia di efficienza, risparmio, promozione del ricorso alle fonti rinnovabili, si tenta di colmare i propri ritardi. L’obiettivo prioritario deve essere la consistente riduzione dell’emissione di CO2 riducendo in pari misura la produzione di energia da fonti fossili. Un esempio di come ciò sia possibile viene dalla provincia di Trento, che ha ridotto di quasi due terzi i consumi energetici nelle abitazioni. Analogo sforzo deve essere fatto nel settore industriale, che oggi assorbe più del 45% dell’energia prodotta, ad es. sostituendo i motori elettrici con altri a maggior rendimento, e disincentivando gli usi impropri dell’energia. Oltre a ciò occorre revisionare e razionalizzare il sistema complessivo di produzione, trasferimento e distribuzione dell’energia.
Il caso di Brindisi è emblematico. Il polo energetico consta di:
• una centrale termoelettrica ENEL da 2640 MW di potenza nominale, 7 milioni di ton/anno di carbone bruciato, 15.341.552 ton/annodi CO2 prodotte (rispetto a 13.421.880 assegnate nel 2005), 17 TWh di energia prodotta pari quasi al consumo dell’intera Puglia
• una centrale EDIPOWER da 1280 MW installati, con due gruppi a ciclo combinato (di cui è chiesta l’autorizzazione), due a carbone, senza desolforatori, e mantenuta in esercizio dal decreto salvacentrali in deroga (o violazione) del DPR 203/88 e del DPCM del 12.7.1988
• una centrale ENIPOWER a ciclo combinato da 1170 MW ultimata e non ancora in esercizio
La potenza complessiva installata è quindi di 5100 MW, e se fossero realizzati i programmi delle società avremmo la combustione di più di 8 milioni di ton/anno di carbone e di 2,5 miliardi di mc di metano, e conseguentemente l’emissione di 20-21 milioni di ton/anno di CO2. Questo realistico scenario è allarmante, tanto più che per il 2012 è previsto per la sola centrale ENEL un quantitativo annuo di 10.169.341 ton di CO2, superiore a quanto complessivamente previsto nel “lodo Ronchi” recepito nel piano di risanamento per l’area ad elevato rischio di crisi ambientale.
Recentemente il Presidente della Giunta regionale, Vendola, ha affermato che la produzione di energia in Puglia è doppia di quella consumata, ha sottolineato che i gasdotti dalla Grecia e dall’Albania porteranno 22 miliardi di mc di gas e che si prevede una produzione più che tripla rispetto ai consumi. Il Presidente dell’Autorità per l’energia e il gas Ortis, ha osservato che l’Italia dipende per l’80% dalle fonti fossili contro una media europea del 62%.
La Regione sta incrementando la potenza eolica installata fino a 500 MW e si stanno incrementando gli impianti fotovoltaici. Abbiamo quindi effettivamente “i numeri” per chiedere una significativa e non simbolica riduzione del carbone come fonte energetica a Brindisi, come chiesto da Vendola.
Il Presidente dell’Amministrazione Provinciale Michele Errico ha giustamente sottolineato che il DPCM del 23.4 1998 è Legge dello Stato, a differenza di convenzioni fra enti locali e società elettriche, oggetto di inchieste e provvedimenti giudiziari, e ne ha chiesto il pieno rispetto.
Legambiente chiede al Ministro per l’Ambiente che tale DPCM sia pienamente attuato, e che nel territorio di Brindisi si crei un sano equilibrio fra produzione di energia da fonti rinnovabili e riduzione di quella da carbone.
COMUNICATO STAMPA
Legambiente - Direzione Nazionale
Comitato Regionale
Circolo “T.Di Giulio” – Brindisi
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