Brindisi, 15/06/2007
Rigassificatore, Associazioni: si impone l'annullamento
Le Associazioni da tempo impegnato per il No all'impianto che la Brindisi Lng vuole insediare a Capobianco hanno inviato una lettera aperta al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro per lo Sviluppo Economico, al Ministro dell’Ambiente, al Ministro delle Infrastrutture, al Presidente della Regione Puglia, al Presidente della Provincia di Brindisi, al Sindaco di Brindisi, al Signor Presidente del Tribunale di Brindisi, al Signor Procuratore della Repubblica Presso il Tribunale di
Brindisi.
Di seguito ne riportiamo il testo integrale:
«Costruiremo comunque il rigassificatore»: questo è il senso, come hanno rilevato tutti gli organi locali di informazione, delle dichiarazioni rese il 12 di giugno scorso dall’Amministratore delegato della Brindisi LNG ing. Giorgio Battistini il quale ha affermato con accenti di marcata sicurezza che la società non ha alcuna intenzione di abbandonare il progetto secondo lui validamente autorizzato «al termine di un processo formale pienamente legittimo e basato su un valido studio d’impatto ambientale».
L’offensiva della LNG dopo il “terremoto” giudiziario
Il dirigente della LNG parte dunque all’attacco con una studiata conferenza stampa e, invece di chiedere a nome della sua società scusa alla comunità locale per i comportamenti di alcuni dirigenti della società medesima per come emersi dagli atti dell’inchiesta penale in corso, annuncia una vera e propria guerra giudiziaria contro l’avvio del procedimento di autotutela ostentando la stessa sicurezza che in passato era stata più volte manifestata con espliciti riferimenti a consensi ed appoggi di cui godrebbe in sede politica e persino governativa. Noi non sappiamo quale fondamento possano avere le sicurezze del signor Battistini ma rileviamo la carica di sprezzo che esse esprimono nei confronti della sensibilità e degli orientamenti delle istituzioni democratiche e dei cittadini interessati.
Le segnaliamo perciò all’attenzione delle competenti autorità e segnatamente dell’autorità giudiziaria perché esse sono un importante segno postumo rivelatore della cultura colonialistica che ha caratterizzato l’approccio della società inglese con la nostra comunità e del clima di arroganza e di prevaricazione nel quale sono maturati i fatti che hanno portato al provvedimento autorizzativo, fatti che oggi sono al centro dell’inchiesta penale sulla vicenda del rigassificatore con i connessi avvisi di garanzia, perquisizioni, arresti nonché col sequestro preventivo dell’intero cantiere.
Ed a tale riguardo vogliamo ricordare che con provvedimento in data 08.02.2007 il GIP del Tribunale di Brindisi ebbe a disporre la sottoposizione alle misure cautelari della custodia in carcere e degli arresti domiciliari, tra gli altri, della signora Barton Yvonne Olwen, del sig. Fassio Franco e del sig. Fontana Fabio, rispettivamente all’epoca dei fatti Presidente del consiglio di amministrazione della British Gas Italia, consigliere ed amministratore delegato del gruppo British Gas Italia e top manager della medesima società, ritenendo la sussistenza a loro carico di gravi indizi di reità per comportamenti di corruzione concernenti il provvedimento sfociato nell’autorizzazione per la costruzione dell’impianto. Ricordiamo inoltre che il sig. Fassio è indagato anche per concorso nel reato di falso previsto dall’art. 479 c.p.
Nell’ordinanza datata 27.02.2007 e depositata il 02.03.2007del Tribunale Ordinario di Lecce – sezione del Riesame – si legge, tra l’altro, testualmente quanto segue: «i fatti … possono quindi ritenersi senz’altro provati in conformità ai parametri di gravità indiziaria previsti dall’art. 273 cpp, avendo l’Antonino (Sindaco dell’epoca n.d.r.) e lo Scagliarini quasi integralmente confermato l’impianto accusatorio e le ricostruzioni dell’acquisito materiale indiziario operate dal Gip con la motivata ordinanza». La stessa ordinanza contiene anche la seguente annotazione: «può osservarsi … che la riprova della sussistenza della illecita pattuizione tra la B. G. (in persona del Fassio) ed Antonino sia rinvenibile già nel singolarissimo contenuto dell’accordo sostitutivo della concessione demaniale che … riproduceva un contenuto che senz’altro era stato determinato dall’Antonino medesimo, come dallo stesso ammesso e come peraltro risultante in via logica. Ed invero … l’art. 3 punto 2 n. 12 di detto accordo prevedeva come causa di risoluzione la tenuta o l’indizione di qualsiasi referendum popolare consultivo … effettivamente nessun referendum venne tenuto, nonostante la legge lo prevedesse espressamente (in attuazione di direttive comunitarie, tra l’altro) ed una delibera del Consiglio comunale che impegnasse in tal senso il Sindaco … non venne nemmeno eseguita la procedura della verifica d’impatto ambientale, sebbene ritenuta necessaria, inizialmente, sia dall’AP che dal competente Ministero; e ciò, in ossequio ad una richiesta della BG».
Più avanti poi il citato provvedimento così si esprime: «i fatti sono di gravità tutt’altro che lieve, specie per quel che riguarda la posizione del Fassio che è il primo responsabile dei più gravi profili di illiceità della vicenda da identificarsi nell’elusione degli obblighi di VIA e di consultazione popolare».
Nell’ordinanza inoltre si afferma che: «la BG è legalmente responsabile della corruzione operata dai suoi amministratori e dal suo management, in forza di quanto previsto dal D. Lvo n. 231/01, che assoggetta a sanzioni amministrative le società per i delitti nel suo interesse commessi dagli amministratori delle stesse, nonché alla confisca del profitto del reato (che potrebbe bene identificarsi nel sito dell’impianto e nelle opere già realizzate in loco); di talché appare difficile ipotizzare che il legame perverso così di fatto esistente tra BG e indagati possa del tutto spezzarsi». E noi aggiungiamo che questo legame tra British Gas ed indagati non può certo spezzarsi nel procedimento di autotutela aperto dal Ministero dello Sviluppo Economico per pervenire all’annullamento dell’autorizzazione. Rileviamo infine che abbiamo citato solo alcuni passaggi significativamente allarmanti tra i tanti contenuti nei numerosi atti giudiziari relativi all’inchiesta penale.
Falsa prospettazione dei presupposti del provvedimento autorizzativo
determinata da comportamenti illegittimi
Abbiamo sostenuto e ribadiamo con la massima determinazione che lo sconcertante scenario emerso dall’inchiesta penale sulla vicenda del rigassificatore deve essere messo al centro, in tutte le competenti sedi, di ogni valutazione in ordine alla legittimità o meno del provvedimento con il quale è stata autorizzata la costruzione del rigassificatore a Brindisi. Questo per ora non è purtroppo adeguatamente avvenuto e perciò auspichiamo che, anche a seguito di quanto le Amministrazioni locali e la Regione Puglia hanno ribadito con le note memorie integrative, a siffatta inammissibile lacuna si voglia porre urgente e responsabile rimedio. La Magistratura ha invero disegnato un allarmante scenario di macchinazioni, loschi affari, scorrettezze, irregolarità, falsità ed abusi che hanno dato luogo alla cosiddetta “tangentopoli brindisina”. Ciò emerge da provvedimenti giudiziari, resoconti di intercettazioni telefoniche, verbali di interrogatori e di testimonianze e documenti acquisiti dagli inquirenti. Il contenuto di questi atti è stato spesso riportato integralmente dalla stampa locale dando luogo a “fatti notori” dai quali non è possibile in alcun modo prescindere.
Le responsabilità penali sono ovviamente tali solo a seguito di sentenza definitiva di condanna ma è di tutta evidenza che gli sviluppi dell’inchiesta clamorosamente riferititi – lo ribadiamo - dalla stampa locale (i cui resoconti sono certamente nella disponibilità di Codesto Ministero) mettono in rilievo fatti che per le dichiarazioni degli stessi indagati dimostrano, con la loro inconfutabile oggettività e con la loro palese pacificità, che il provvedimento autorizzativo è stato emesso sulla base di presupposti gravemente inficiati da una montagna di illeciti comportamenti. Una cosa è allora la eventuale responsabilità penale degli indagati che può essere affermata solo a seguito di un giudicato penale mentre altra cosa sono le illegittimità procedurali e gli abusi di potere che si possono cogliere a piene mani da quanto incontestabilmente è emerso dalla inchiesta giudiziaria. Diversamente opinando si finirebbe invero per sostenere l’assurdo e cioè che fatti gravissimi e tali da inficiare radicalmente l’intero procedimento amministrativo sfociato nell’autorizzazione alla costruzione dell’impianto non sarebbero valutabili in sede di autotutela per il solo fatto che essi, proprio per la loro idoneità a deviare la volontà della Pubblica Amministrazione, hanno determinato l’intervento della Giustizia Penale. Si tratta in sostanza di “fatti storici” che, per la loro valenza oggettiva, possono essere liberamente valutati dall’Autorità amministrativa nel corso del procedimento di autotutela per accertare che l’autorizzazione venne concessa con un atto della Pubblica Amministrazione viziato da errore (da qui l’“eccesso di potere”) nel quale la medesima Amministrazione era stata indotta da una non corretta rappresentazione dei presupposti richiesti per l’emissione del provvedimento.
A fronte di una tale situazione affermiamo che non avrebbe alcun senso una soluzione intesa a far effettuare una postuma procedura di VIA perché una tale scelta risulterebbe aperta ad una possibile convalida dell’autorizzazione. Ora, va detto chiaramente che una “VIA” postuma non appare praticabile perché, anche a voler prescindere dalla considerazione che l’incompatibilità ambientale dell’impianto emerge alla luce delle regole di comune esperienza con una evidenza tale da non richiedere alcuna verifica tecnica, un simile accertamento risulterebbe del tutto inutile perché non servirebbe ad emendare l’autorizzazione amministrativa dal vizio di “eccesso di potere” costituito appunto dall’errore nel quale la P. A. è stata indotta dalla falsa rappresentazione dei presupposti sulla base dei quali è stato emesso il suddetto provvedimento.
Ed a questo riguardo non è forse vano rammentare quanto è stato autorevolmente sostenuto in dottrina ed in giurisprudenza e cioè che l’eccesso di potere non è sempre l’effetto di una volontà coscientemente mossa da motivi diversi da quelli da cui il provvedimento dovrebbe essere determinato. Esso può invero concretarsi in qualsiasi scambio, anche non del tutto doloso, dei motivi o del fine. Ciò ha portato ad estendere l’eccesso di potere in modo da fare in esso rientrare altri vizi della volontà che, espressamente contemplati per gli atti di diritto privato, non trovano esplicita corrispondenza nel Diritto Amministrativo tra i quali è da annoverare l’errore. Vizio questo che consiste in una falsa conoscenza della realtà e cioè, nel caso in esame, dei presupposti giuridicamente necessari per l’emanazione dell’atto. Alle stesse conclusioni si è pervenuti per il caso di dolo il quale – come è noto – si caratterizza per il fatto che la falsa rappresentazione della realtà non è casuale ma l’effetto dell’inganno di terzi.
Il ricorso della Brindisi LNG al TAR Lazio per l’annullamento dei verbali
delle Conferenze istruttorie dei Servizi
Abbiamo avuto, in particolare, notizia di un ricorso presentato dalla Brindisi LNG al Tar del Lazio con il quale viene chiesto «l’annullamento dei verbali delle Conferenze dei Servizi del 7 marzo e del 22 marzo indetta dal Ministero dello Sviluppo Economico aventi ad oggetto la decisione sulla riconvocazione della Conferenza dei Servizi relativa al procedimento ex art. 8 della Legge 24/11/2000 n. 340 … avente ad oggetto l’accertamento degli elementi sufficienti a determinare la riapertura del procedimento conclusosi con il rilascio … dell’autorizzazione n. 17032 del 21 gennaio 2003 per la realizzazione di un terminale di rigassificazione localizzato a Brindisi» nonché di ogni altro atto “presupposto”, “connesso” e “consequenziale” «con particolare riferimento alla nota del Ministero dello Sviluppo Economico del 9 maggio 2007 di convocazione della Conferenza dei Servizi per l’apertura di un procedimento di autotutela nella forma dell’annullamento di ufficio ai sensi dell’art. 21 nonies della Legge n. 241 del 1990». In merito a tale ricorso va osservato che i verbali impugnati sono ovviamente semplici atti di certificazione di quanto è avvenuto nelle suddette Conferenze dei Servizi sicché è arduo definirli provvedimenti, come fa la società, nella parte conclusiva del ricorso.
La LNG ha poi anche impugnato «ogni altro presupposto» ed ogni «altro atto consequenziale», compresa la convocazione datata 9 maggio della Conferenza decisoria. E si è inoltre riservata di proporre «motivi aggiuntivi allorché determinazioni conclusive dovessero in concreto e compiutamente essere formulate dal Ministero dello Sviluppo Economico». Siamo quindi di fronte ad un singolare ricorso che, per un verso, viene proposto nei confronti di provvedimenti che in sostanza non sono tali (trattandosi invece di attività preparatorie o, tutt’al più, di atti endoprocedimentali privi perciò di determinazioni conclusive) e, per altro verso, rivolto a contestare ogni atto “presupposto” o “consequenziale” rispetto a qualcosa che atto in senso proprio non è e cioè i verbali delle citate conferenze. Un ricorso avente anche ad oggetto pretesi atti antecedenti genericamente indicati e addirittura futuri, una istanza giudiziaria a “formazione progressiva” dal momento che contiene la riserva di proporre motivi aggiuntivi per il caso che dovessero intervenire “determinazioni conclusive” e cioè i soli atti validamente impugnabili. Un ricorso quindi che per la sua stessa impostazione formale ingenera il fondato sospetto che si tratti di una manovra rivolta a bloccare o, quanto meno a ritardare, le determinazioni conclusive che la società paventa essendo ben consapevole della illegittimità del provvedimento che si ostina con pervicacia a difendere.
Confidiamo perciò che in sede ministeriale, dove la LNG ha in passato trovato improprie sponde, si voglia vanificare il disegno dilatorio di tale società rendendo giustizia alla martoriata terra di Brindisi ed alle sue istituzioni. Il ricorso della LNG al TAR del Lazio, che ricalca lo stesso iter argomentativo della memoria presentata dalla società del 24 maggio 2007, è destituito di qualsiasi fondamento come abbiamo cercato in qualche modo di dimostrare con la nostra precedente “Nota di Appunti per il Ministro dello Sviluppo Economico” e come avranno modo organicamente e compiutamente di dimostrare nella competente sede le Amministrazioni controinteressate le quali daranno certamente, come hanno già fatto con le recenti note integrative, il giusto e decisivo rilievo ai gravissimi fatti emersi dalle risultanze della già ricordata inchiesta penale.
Annotazione conclusive
Sentiamo di dover esprimere piena fiducia nell’operato della locale Magistratura che ha finora svolto e certamente continuerà a svolgere un appropriato ed approfondito controllo di legalità sugli aspetti dell’annosa vicenda suscettibili di attenzioni penali. E lo ha meritoriamente fatto, a fronte di tante devianze ed anche di tante latitanze e titubanze, svolgendo una fondamentale funzione di garanzia a tutela di diritti essenziali riconosciuti dalla Costituzione e dalla Legge. Una Magistratura che ha sequestrato il cantiere della LNG per impedire il protrarsi e l’aggravarsi dei reati contestati e per prevenire la commissione di altri reati. Un sequestro al quale potrebbero un giorno fare seguito, qualora in sede di sentenza si ritenesse che ne ricorrono le condizioni, i provvedimenti di confisca previsti dalla legge.
Per le ragioni esposte nella presente “Lettera Aperta” e nelle precedenti note, facciamo appello al Ministro dello Sviluppo Economico perché voglia rapidamente emettere il provvedimento conclusivo della procedura di autotutela annullando l’autorizzazione a suo tempo concessa. Ci sono le ripetute e chiarissime prese di posizione dei vertici delle Amministrazioni locali e della Regione Puglia, in perfetta sintonia con le deliberazioni assunte all’unanimità dai rispettivi Consigli; ci sono le richieste democraticamente avanzate dalle popolazioni locali con massicce manifestazioni popolari; ci sono gli atti di indirizzo del Governo resi di pubblica ragione e le risposte del Governo medesimo ad alcune interrogazioni parlamentari; ci sono le risultanze dell’inchiesta penale che ha messo a nudo fatti che hanno sviato in radice la volontà della Pubblica Amministrazione; c’è la sentenza del Consiglio di Stato – sezione VI n. 10023 del 2006 – che affidava al Ministero dello Sviluppo la responsabilità di pervenire ad un procedimento di autotutela e c’è la pronuncia del TAR di Puglia – sezione di Lecce – n. 1628/2007 che ha ritenuto illegittimo il provvedimento autorizzativo; c’è l’apertura di una procedura di infrazione da parte della Commissione europea nei confronti della Repubblica italiana per violazione delle direttive 85/337 C.E.E. e 96/82 C.E.; ci sono i lavori di ben tre Conferenze dei Servizi (due istruttorie ed una decisoria) a conclusione delle quali tutti i partecipanti (con l’ovvia esclusione della British LNG) hanno concordemente chiesto, come risulta incontestabilmente dal verbale della Conferenza Decisoria, l’immediato annullamento dell’autorizzazione a fronte anche del rifiuto da parte della società di chiedere una VIA postuma, rifiuto questo che ha avuto definitiva ed inequivocabile conferma dalla proposizione del citato ricorso al TAR Lazio; ci sono le note integrative della Regione Puglia e delle Amministrazioni locali le quali, con l’ovvia diversità espositiva dei diversi redattori, hanno inconfutabilmente chiesto l’annullamento dell’atto amministrativo in questione. Ci sono allora tutti i presupposti perché il provvedimento conclusivo venga emesso mentre non c’è spazio alcuno per sofismi, ricerche del “pelo nell’uovo”, superflui approfondimenti e defatiganti rinvii.
Il Governo ed in particolare il Ministro dello Sviluppo Economico sanno benissimo che l’autorizzazione è illegittima e che sussiste un interesse pubblico all’annullamento, attuale e concreto, sorretto da mille ragioni. Se una comunità subisce pesanti ingiustizie con violazioni di diritti fondamentali, siamo di fronte ad un problema di estrema gravità che il Governo deve affrontare e comunque risolvere senza fermarsi di fronte a strumentali offensive giudiziarie e di fronte ai poteri forti che sono dietro di esse.
Italia Nostra, Legambiente, WWF, Coldiretti – Terra Nostra, Fondazione “Dott. Antonio Di Giulio”, Fondazione “Prof. Franco Rubino”, A.I.C.S., ARCI, Circolo ACLI Brindisi, Forum ambiente salute e sviluppo, Medicina Democratica, Comitato per la Tutela dell’Ambiente e della Salute del Cittadino Comitato cittadino “Mo’ Basta!”, Comitato Brindisi Porta d’Oriente.
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