Brindisi, 06/09/2007
Partito Democratico: intervento di Giuseppe Romano (DS)
Il vicepresidente del gruppo consiliare dei Democratici di Sinistra, Giuseppe Romano, ha diffuso il seguente intervento:
Molti di noi, entrati nella cosiddetta seconda repubblica, percepirono le difficoltà dei meccanismi di selezione delle classi dirigenti da impegnare nelle istituzioni; l’egoismo identitario aveva una maggiore capacità attrattiva rispetto alle esigenze generali del progetto della coalizione.
Ricordo la fatica per chiudere le candidature della “gioiosa macchina da guerra”, fatica che è andata crescendo con l’aumentare dei soggetti politici in campo.
Le esperienze di governo di molte Amministrazioni locali nate dopo la introduzione della elezione diretta, se da un lato accentuarono i distinguo dentro le coalizioni, dall’altro, proprio sul governo concreto della “società complessa”, resero stringente la necessità di costruire un soggetto politico che si proponesse come casa comune dei riformisti che oggi militano in partiti diversi e non soltanto del centro-sinistra.
“Il sogno” della seconda metà del decennio passato incomincia a prendere corpo quando si abbandona l’idea del soggetto politico che annette e si intraprende la strada delle culture riformiste che si contaminano.
Il Partito Democratico diventa così progetto politico quando i due maggiori partiti del centro-sinistra, DS e Margherita, deliberano con la solennità congressuale il loro scioglimento.
Il perché del Partito Democratico è chiaro a tutti: dare senso ai continui richiami del Presidente Napolitano sul distacco dei cittadini non da questo o quel partito ma dalla politica, rispondere a tutte le rabbie sociali ed ai corporativismi con una politica che riparte ed impone l’interesse generale, la politica che ritorna a suscitare passioni, e risponde agli egoismi rimotivando un impegno sociale, la politica che tiene insieme due culture, quella della fratellanza e quella della solidarietà, la politica che rilancia il tema della laicità dello Stato come risposta alla complessità dei bisogni .
Il come riuscirci, ed è questo il tema di oggi, rischia di trasformare il sogno in un incubo, quello di un clamoroso fallimento che potrebbe sfasciare partiti ed Istituzioni e produrre, invece di contaminazione feconda fra culture, ulteriori divisioni e steccati.
Il non avere ancora sedi deputate alla discussione ed al confronto, ha reso la riflessione più difficile proprio perché le diverse visioni sono state proposte in modo eccessivamente radicale: dicotomia fra società civile e società politica, leaderismo, programma, rinnovamento delle classi dirigenti, democrazia e partecipazione.
Anche il tema della stabilità delle esperienze di governo del centro-sinistra a tutti i livelli a me pare una preoccupazione forzata atteso che il PD nasce anche per marcare meglio il profilo riformista delle attuali esperienze di governo e per assicurare maggiore stabilità politica.
Il confronto purtroppo, è quasi esclusivamente esterno e le regole che ci siamo date, più che aiutare, alla prova dei fatti si stanno rivelando un impiccio, una ulteriore ingessatura.
Ma “Pacta Sunt servanda” e cambiare regole nel corso d’opera può produrre danni.
Il PD nasce per dare nuovo senso alla partecipazione democratica ed allora le Assemblee costituenti che eleggeremo il 14 ottobre diventeranno le sedi deputate a decidere statuto, carta dei valori, programmi, regole di vita interna.
Per questo ritengo impropria la discussione sul PD partito del Leader e forzata la richiesta ai candidati segretari d’un compiuto merito programmatico.
Personalmente do molta importanza alle candidature per la Assemblea costituente; è lì che si vedrà plasticamente se la contaminazione, se l’incontro tra culture politiche, se la società civile sono state raggiunte ed hanno accolto la sfida del PD come nuovo soggetto politico.
Sento crescere una sorta di delusione mista a preoccupazione che potrebbe trasformare l’appuntamento del 14 ottobre in una legittimazione della somma di ciò che siamo oggi.
Sarebbe grave se anche questa fase si dovesse vivere con lo stato d’animo con cui i militanti e gli elettori dei soggetti costituenti il PD hanno vissuto i rispettivi congressi di scioglimento.
Soprattutto la militanza proprio perché vissuta da tanti dirigenti come una identità civile, come un impegno concreto e quotidiano, ha bisogni di rassicurazioni.
Ma anche i tanti elettori dell’Unione, i ragazzi e le ragazze che ci accusano di avere la testa troppo rivolta all’indietro e che guardano con fiducia al PD, chiedono identica rassicurazione.
Non è facile ma è possibile fare sintesi se diventa forte il messaggio che non si sta cambiando partito, che non si sta tradendo una storia importante ma che si sta tentando di costruire qualcosa di di importante ed utile per il futuro della nostra Democrazia.
La mia generazione dovrebbe ritrovare lo smalto e la passione che la coinvolse in modo totalizzante la fine degli anni sessanta.
Per parte mia ritengo un dovere rassicurare rapporti, relazioni, storie di vita vissuta che mi hanno dato fiducia in tutti questi anni di militanza politica.
Voglio convincervi che la sfida è costruire una grande forza politica della quale riconoscere le grandi culture riformiste del paese.
Queste riflessioni, oggi, mi portano ad aderire al programma di “A sinistra per Veltroni”, convinto che il 15 ottobre i primi vagiti del Pd daranno vita alla vera contaminazione tra riformismi di matrice culturale diversa.
Giuseppe Romano CONSIGLIERE REGIONALE DS
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