Brindisi, 28/03/2004
Elio Galiano: basta divisioni nel centrosinistra
Non ho partecipato ai lavori della Commissione unitaria che avrebbe dovuto, secondo nuovi criteri, procedere all’individuazione del candidato a sindaco di Brindisi.
Mi chiedo se “il cambiare rotta” sia stato solo uno slogan che assiemava per una sola alba le varie e complesse anime dei “progressisti”.
Mi chiedo: “ in quella Commissione ciascuno è stato presente con umiltà di ascolto per costruire un dialogo “socratico”, cioè autentico e non di facciata, con spirito construens e non con sospetti, con arroganza intellettuale, con pregiudiziali, con spirito di rivincita, con la ferrea convinzione che i propri punti di vista sono i migliori?
Tutti i componenti sono stati “illuminati”, almeno per un momento, dal dubbio sulla validità delle proprie posizioni (perché il dubbio è costruttivo, la superbia intellettuale inconcludente)?
A qualcuno è venuto in mente che ciò che pensiamo non è frutto del nostro “io” ma del “noi”?
Se da tempo è stata destituita dalle fondamenta la certezza cartesiana “Penso dunque sono”, figuriamoci la presunzione “Penso dunque ho ragione, perché ciò che penso è vero”. Sin dal seicento è stata tracciata la profonda differenza tra verità di fatto e verità di ragione. La prima pondera tante variabili, la seconda ubbidisce ad una logica particolare, non sempre appropriata.
Nei giorni scorsi ho seguito i lavori di quella Commissione attraverso i quotidiani locali e attraverso trasmissioni televisive, che in verità non ho più seguito dopo aver sentito qualche membro della suddetta Commissione esprimere il proprio disappunto con parole che possono solo allargare il solco della divisione.
Giorno dopo giorno la speranza di un agire politico unitario mi lasciava e cresceva il senso di angoscia che mi prende nel constatare il disastro economico, l’incertezza del futuro cui ci espone la destra, intenzionata, fra l’altro, a sfilacciare la nostra Carta Costituzionale.
Penso che sia chiaro a tutti il progetto della destra: la distruzione dello Stato di diritto, lo smantellamento dello stato sociale, l’impianto di una società neoliberista che favorisce i ricchi e marginalizza sempre di più i poveri e i lavoratori.
Le malattie secolari della storia italiana: il particolarismo locale e corporativo, il diffuso clientelismo, la mancanza del senso dello Stato, brodo di cultura del fascismo e della mafia, insidiano oggi più che mai i diritti fondamentali sanciti dalla nostra Costituzione. La videocrazia e il personaggio Berlusconi, “dominato da un istinto patrimoniale accumulatorio, ispirato all’urgenza di essere ammirato, che richiama il rapporto patrono-cliente” (G. Ginsborg), hanno una forza calamitante e aggregante, difficile da contrastare.
Ricordiamoci che a nostra insaputa si insinua nella storia l’irrazionale (si pensi alle dittature che hanno insanguinato l’Europa nel Novecento), che porta a conseguenze tragiche ed irreparabili.
La prossima tornata elettorale costituisce un’occasione per ricacciare nei rifiuti della storia i mali che affliggono da secoli il nostro paese: il qualunquismo, il populismo mistificante, il pressappochismo amministrativo, l’attenzione ossessiva al proprio “particulare” a danno degli interessi collettivi.
Le elezioni rappresentano un appuntamento con la storia e ciascuno, al di là di “ciò che gli ditta il cuore” o la “propria logica” dovrebbe farsi carico responsabilmente del compito di osteggiare il disastroso disegno politico della destra: peggiorare le condizioni del Mezzogiorno, rendere ininfluente il ruolo dell’Italia in Europa, spezzare l’unità italiana, costruita faticosamente attraverso il Risorgimento e la Resistenza.
Da tutto ciò nasce la mia preghiera a far cessare le polemiche, infruttuoso e disorientante esercizio retorico e, poiché la scelta, operata dai partiti del centrosinistra ma rispondente anche alle esigenze della cosiddetta società civile, se è vero che, come ho letto ieri, anche i componenti della Commissione unitaria riconoscono a questa persona onestà e capacità, cioè le due doti fondamentali per amministrare un Comune, poiché la scelta – dicevo - è caduta su Vincenzo Guadalupi, uno dei pochi socialisti che anche in ossequio alla tradizione paterna non è transitato nella regione dell’opportunismo e non ha smarrito i principi fondanti del socialismo, a sostenere tale candidatura.
A tutti voglio ricordare che un alto Magistrato, Borrelli, il quale poteva cogliere, grazie ad un osservatorio più ampio del nostro, i pericoli di una situazione in degrado ebbe a sollevare un grido” Resistere, resistere, resistere”. Chi invece si incaponisce a “dividere, dividere, dividere” è schiavo di quella logica che contribuì a far crollare il governo Prodi con le gravissime conseguenze che sono davanti agli occhi di tutti. Perciò, come dicono i miei amici girotondini, “Non facciamoci del male”.
Voglio sperare che qualcuno, leggendo questa mia nota, non ripeta il luogo comune “ Tutto ciò è filosofia”, perché il negare la filosofia è di per sé filosofia.
Elio Galiano
Già presidente del Circolo "Tonino Di Giulio" di Legambiente
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