Brindisi, 23/07/2008
L'industrialismo secondo Leo Caroli (CGIL)
Col dibattito provocato da “Il Quotidiano di Brindisi”, si riaccende la discussione sul futuro di Brindisi. Io non credo che il vero tema sia: “grande industria si, grande industria no”.
Anzi, vedo nella strategia di chi si agita per dimostrare l’esistenza di un presunto partito degli anti-industrialisti il tentativo di (ri)alimentare un clima di contrapposizione radicale nella società brindisina per trarne i maggiori vantaggi possibili. Magari politici o, più semplicemente, di lobby. Nella accezione più “americana” del termine. E cioè, quella di “gruppo potente di pressione” che, sebbene estraneo al potere politico agisce trasversalmente e ne influenza le scelte in funzione di precisi interessi di parte. Tutto sta a vedere se, poi, quegli interessi coincidono con quelli più complessivi di Brindisi.
La verità è che la contrapposizione non avrebbe ragione di esistere. Mi domando se sostenere che la grande industria debba necessariamente fare i conti con l’impatto ambientale ed attrezzarsi di conseguenza con importanti interventi per l’ambientalizzazione degli impianti significhi essere antindustrialisti? Semmai, è vero il contrario!
Evidenziare che le emissioni climalteranti impongano provvedimenti di abbattimento della produzione di co2 non serve forse a ridurre le quantità di carbone bruciato nelle centrali, adottare contemporaneamente combustibili alternativi, far realizzare dispositivi tecnologici d’avanguardia per contenere tutte le emissioni nocive, determinare ingenti investimenti privati e pubblici per l’ambientalizzazione, l’innovazione e la ricerca, a rendere sostenibili le attività industriali e, quindi, a sostenere la grande industria? Non significa aumentare l’occupazione? Renderla stabile e sicura?
Infine, spendersi perché le bonifiche e la messa in sicurezza del sito d’interesse nazionale (che è tale perché qualcuno ha pur provocato un grave inquinamento ed il conseguente danno ambientale) si realizzino concretamente, non vuol dire difendere la sostenibilità “chimica, la petrolchimica, la produzione d’energia” ed i grandi insediamenti?
Ciò che fa male a Brindisi ed alla grande industria è la cultura della negazione. Anche dell’evidenza.
Tra le cose evidenti c’è la rinascita di Brindisi che vuole affermare il proprio modello di autorevolezza territoriale ed istituzionale, che vuole “presentare i progetti” a Roma e non semplicemente subirli, uscire da ogni soggezione culturale nei confronti di qualsivoglia soggetto (politico, industriale, economico) per realizzare uno sviluppo sostenibile e solidale capace di far superare gli errori del passato: abbandono del porto al suo destino, crisi ignorata dell’agroalimentare e del sistema della piccole e medie imprese, questione legalità e trasparenza negli appalti, nella pubblica amministrazione e negli organismi sociali intermedi, dramma della precarietà del lavoro.
In questo senso, il territorio sconta ancora un ritardo sulla capacità di fare sistema. Ma se mettiamo da parte i pregiudizi e proviamo ad andare oltre i condizionamenti dettati dalla strumentale faziosità, è del tutto evidente che “una svolta determinante è in corso grazie alla scelta della classe dirigente” di aderire alla richiesta di cambiamento avanzata dal mondo del lavoro e dalla stragrande maggioranza della comunità.
Ora, se non ci si identifica in questo virtuoso processo di transizione (che la CGIL ha fortemente sostenuto) dalla condizione di emergenza continua istituzionale, politica, occupazionale, ambientale… a quello della “normalità” – ancora non realizzata a causa delle troppe residue resistenze – è chiaro che si finisce col non comprendere il perché di alcuni “no” e dei tanti altri “si” che si pronunciano in occasione di nuove iniziative imprenditoriali, progetti industriali etc.
Allora, il tema è: qual è il progetto condiviso in funzione del quale esprimiamo un parere su di un nuovo insediamento?
Come cambia la grande industria affinché sia funzionale allo sviluppo sostenibile della città e venga definitivamente riconosciuta da essa come una grande risorsa?
Come le eccellenze esistenti si integrano armonicamente con gli altri fattori indispensabili dello sviluppo, dalle vocazioni territoriali allo stato sociale, dalle politiche per i saperi e la conoscenza all’ambiente?
Un’ulteriore positiva risposta alle domande che pongo potrebbe rivenire dalla conclusione del confronto per la pianificazione strategica di “Area Vasta”. Si tratta di un’importante occasione per realizzare quello che la CGIL di Brindisi rivendica ed ha chiamato il “Piano regolatore dello sviluppo”. Abbiamo partecipato con le Istituzioni Locali alla discussione, alla elaborazione ed alla presentazione di proposte ai diversi tavoli tematici: economia e sviluppo, territorio ed ambiente, mobilità e trasporti, cultura e welfare, enti locali.
Devo però dire che, curiosamente, a fronte dell’esigenza di concorrere ad una progettazione che potrebbe avvalersi di ben 7 miliardi di euro nei prossimi 7 anni (altro che chiacchiere!) ed alla concreta possibilità di compiere scelte determinanti ed incisive per il futuro di Brindisi e della sua provincia, proprio coloro che ora più si agitano per le sorti della grande industria (come se non fossimo tutti preoccupati dell’assenza di politiche industriali e per il sud nell’ultimo decreto L.vo 112 e nella manovra economica triennale del governo centrale) , si sono caratterizzati per la mancanza di proposte e, addirittura, per la totale assenza ai tavoli della programmazione!
Fortunatamente, siamo ancora in tempo per recuperare il contributo utile di tutti visto che il termine temporale per l’adozione del piano strategico è stato prorogato al mese di settembre prossimo venturo. Ma anche Area Vasta rischierà di fallire se, nel frattempo, non avremo definitivamente accantonato ogni deriva demonizzatrice del lavoro pubblico per scegliere, invece, chiaramente di valorizzare, formare e specializzare le tante professionalità interne per rendere le pubbliche amministrazioni all’altezza delle sfide di efficienza, celerità, puntualità, trasparenza che il cambiamento impone.
Infine, una cosa è certa. Brindisi ha bisogno di un patto di legalità quale pilone portante di ogni progettazione e programmazione. Lo proponiamo da tempo, abbiamo totali e positivi riscontri ufficiosi. Ma nessun tavolo di merito viene ancora ufficialmente aperto. Che si aspetta? Sarà una discussione da affrontare esclusivamente sui giornali più sensibili al tema? Allora, lo sviluppo, nel suo significato più completo, sarà ancora lontano dall’essere realizzato!
Leo Caroli
Segretario Generale CGIL Brindisi
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L'industrialismo secondo Antonio Licchello (Uil)
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