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Brindisi, Incidenti ZI: il parere di tre ricercatori del CNR



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Brindisi, 05/09/2008

Incidenti ZI: il parere di tre ricercatori del CNR

Di seguito un intervento di tre ricercatori del CNR in merito agli incidenti accaduti nella zona industriale di Brindisi lo scorso 18 agosto.

Il 18 agosto 2008, nella zona industriale di Brindisi, presso il deposito di materiale plastico (Polietilene) dell’azienda “Adriatica Maceri” si è sviluppato un incendio. Tra le 11,30 e le 11,50 il fumo che si sprigionava dalla combustione era visibile anche da notevole distanza.

Nella stessa giornata e nella stessa zona, ulteriori emissioni in atmosfera sono state provocate dall'attivazione - a seguito di un black-out nell’erogazione di energia elettrica e quale meccanismo di protezione degli impianti, delle torce della “Basell” e della “Polimeri Europa” poste a sud-est del complesso petrolchimico.

Per nessuno dei due eventi è stata allertata l’Arpa.
La lettura delle notizie riportate dalla stampa e la lettura del rapporto di ARPA Puglia sulle attività del 18 agosto 2008 suscitano alcune brevi considerazioni.

1) Il primo elemento logico di un sistema di prevenzione e tutela per il rischio industriale è la vigilanza e la comunicazione. Ci appaiono, pertanto, gravi, sia il fatto che le imprese coinvolte negli eventi del 18 agosto abbiano mancato di segnalare tale "disfunzione" alle autorità preposte, sia che le istituzioni incaricate non abbiano ad oggi ancora provveduto a distribuire alla cittadinanza il piano di emergenza messo a punto dalla prefettura di Brindisi.

2) Il secondo elemento logico di un sistema di prevenzione e tutela per il rischio industriale è una classificazione e quantificazione delle sostanze che possono essere emesse in atmosfera durante episodi come quelli descritti. Sulla base di questa conoscenza, si dovrebbe utilizzare una strumentazione adeguata ai controlli necessari per quantificare e descrivere il danno eventualmente provocato. In questo senso il sistema delle centraline fisse di monitoraggio, pensato per la valutazione routinaria della qualità dell'aria, sebbene indispensabile, può a nostro avviso risultare insufficiente a descrivere eventi singolari come quello in esame. Insufficiente sia per individuare con precisione la vastità delle zone di ricadute al suolo, sia perché in grado di monitorare unicamente le sostanze che descrivono la qualità dell'aria ai sensi di una protezione della salute generale.
Il sistema di centraline potrebbe registrare una "falsa normalità" a fronte di un inquinamento più subdolo. Inquinamento che andrebbe dunque caratterizzato con strumenti celeri ed efficaci, dedicati, come pare di capire anche nelle intenzioni di ARPA che ha disposto ulteriori analisi anche nel caso in esame, ma i cui risultati rischierebbero di arrivare tardi.

3) Per mettere a frutto la lezione imparata dalle "disfunzioni" occorse, a nostro parere è necessario:

- Fare chiarezza e dare massima pubblicità alle procedure di segnalazione e comunicazione e alle contromisure che si devono mettere in atto in casi di incidente e malfunzionamento come quelli occorsi.

- Fare un censimento degli strumenti, e delle modalità di misura (quali sostanze ricercare, in quali matrici ambientali?) e campionamento per tutte le classi di evenienze, e implementare con urgenza ciò che risultasse mancante.

- Rivedere, alla luce di quanto accaduto, i possibili scenari di contaminazione derivanti da incendi ai depositi e dal funzionamento occasionale delle torce di sicurezza.

Affinché non si ripeta, nel XXI secolo, che solo dopo la registrazione, a babbo morto, delle conseguenze sulla salute delle persone, si possa comprendere e conoscere la vastità e la natura della contaminazione susseguente ad un incidente od a un rilascio straordinario.

Marco Cervino, Cristina Mangia
ricercatori al CNR-ISAC, Istituto di Scienze dell'Atmosfera e del Clima

Emilio A.L. Gianicolo
ricercatore al CNR-IFC, Istituto di Fisiologia Clinica


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