Brindisi, 23/08/2004
Verdi: urgente un nuovo ciclo virtuoso
“Pare che sia tecnicamente possibile far rimangiare il fumo a chi lo produce. Costa: e perciò acciaierie e cementerie preferiscono non pagare il costo e accollarlo al pubblico, ossia agli innocenti”.
Non è questa una frase pronunciata da un “ambientalista massimalista” ad una mani-festazione di “no global”, ma è una osservazione che Luigi Einaudi, economista liberale e Presidente della Repubblica, faceva, cinquanta anni fa, in epoca certamente preecologista in riferimento agli impianti industriali ad ovest di Napoli.
Einaudi, da buon esperto di economia liberale, non dubitava che le sorti della Rivoluzione Industriale potessero continuare ad essere “magnifiche e progressive”, ma non ignorava i punti oscuri dello sviluppo e soprattutto il difficile rapporto dell’industria con l’ambiente. Dalle sue parole si evinceva che in teoria il comportamento inquinante dell’attività industriale non è scontato e ineluttabile, ma che sono piuttosto i modi di produzione, regolati dal desiderio di massimizzare i profitti nel più breve tempo possibile, a determinare l’impatto negativo sull’ambiente: in termini di inquinamento dell’aria, dell’acqua e del suolo e in termini di produzione di rifiuti spesso altamente tossici e nocivi. In termini di occupazione quasi abusiva di grandi estensioni di territorio ameno senza alcuna valutazione di impatto ambientale.
Impatto che diventa deleterio e pericoloso se ad essere coinvolto è l’ambiente urbano: si parla allora di grave rischio industriale e di pericolo immediato per i cittadini in caso di incidente. E’ ciò che si è verificato a Brindisi con l’incendio dell’Alfa Edile, che ha determi-nato disagio, inquietudine e rabbia nella popolazione che disorientata e impotente è portata a criminalizzare l’industria in quanto elemento deprimente della qualità della vita.
Così facendo però si butta via il bambino con l’acqua sporca, dimentichi che l’industria ha avuto anche effetti positivi: ha permesso una più rapida urbanizzazione fornendo i mezzi tecnici per acquisire altre aree abitabili, ha determinato la necessità della democrazia moderna e l’avanzamento della scienza e infine ha liberato attraverso il lavoro l’uomo occidentale dai bisogni primari.
A questo punto la questione sembra di difficile soluzione perché sottintende il principio secondo il quale se si vuole mantenere il lavoro bisogna tenersi l’industria col suo carico inquinante. Questa operazione di comodo realizzata sotto il ricatto occupazionale è il pila-stro portante del vigente modello di sviluppo responsabile del depauperamento di risorse non rinnovabili, incurante di sconvolgimenti ambientali e sociali che segnano negativamente la qualità della vita di grandi masse di individui.
Una generica condanna, a questo punto, dello sviluppo e del progresso tecnologico non servirebbe a migliorare la situazione, è più costruttivo invece obbligare chi ha respon-sabilità del progressivo degrado dell’ambiente, a risanare le ferite e a non provocarne altre. Già 50 anni fa ai tempi di Einaudi era tecnicamente possibile produrre senza inquinare; oggi, con migliori mezzi tecnici disponibili, bisogna chiedere all’industria di porre rimedio alle emergenze lamentate. Occorre farlo per tempo. L’”uomo industriale” deve fare appello alla propria intelligenza e responsabilità per capire dove e quando fermarsi, per non agire contro se stesso mantenendo un comportamento avido e distruttivo nei confronti del-la natura.
A sostegno di questo cambio di mentalità delle imprese devono agire di concerto tutti gli attori sociali coinvolti dagli stessi problemi ambientali: amministratori, associazioni, liberi cittadini per individuare gli strumenti e le modalità più idonee a ricostruire l’ambiente degradato e il territorio distrutto. L’opera di sagace e attenta ricostruzione darà lavoro e lavoro socialmente utile; risanare l’ambiente costa, ma produce occupazione e reddito.
Per il futuro occorrerà attenersi rigorosamente al IV Principio della dichiarazione di Rio de Janeiro del giugno del 1992 che recita: “nel quadro della realizzazione dello sviluppo sostenibile, la tutela ambientale costituirà parte integrante del processo di sviluppo e non potrà essere considerata separatamente da questo”.
A questo punto il problema sembrerebbe risolto anche se nel tempo; ma come mai a 12 anni dalla conferenza mondiale sull’ambiente di Rio de Janeiro e a 10 dalla Carta di Aalborg delle città europee sostenibili in provincia di Brindisi la politica dell’ambiente segna il passo? A questo proposito non possiamo che condividere appieno ciò che il Dott. Maurizio Portaluri, primario oncologo di radioterapia dell’ospedale “Perrino” di Brindisi, denuncia con preoccupazione: manca un aggiornamento epidemiologico dei dati già allarmanti pub-blicati nel 1995 dall’O.M.S. riguardo alla mortalità per tumori ambientali a Brindisi.
Da allora non essendo stato fatto nulla per contenere l’inquinamento, si teme che gli effetti nella salute dei residenti nell’area industriale e dei lavoratori risulteranno ancora più negativi. Ben venga, continua l’illustre medico, la nascita di una struttura sanitaria oncologica a Brindisi, organica nelle sue discipline fondamentali chirurgico-medico-diagnostici, in grado di collegare le professionalità già esistenti sul territorio ionico-salentino; articolata nelle tre attività di ricerca, prevenzione e cura, ma la vera prevenzione si ottiene disinquinando l’ambiente, perché quella dell’ospedale è solo la diagnosi precoce.
COMUNICATO STAMPA ESECUTIVO PROVINCIALE DEI VERDI
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