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Brindisi, Fotovoltaico, Marinazzo (Legambiente): "riprendere il controllo"



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Brindisi, 12/09/2010

Fotovoltaico, Marinazzo (Legambiente): "riprendere il controllo"

Da molti mesi Legambiente afferma che, oltre all’emissione del P.E.A.R. e di Leggi e regolamenti fondati sulla sostenibilità ambientale, la politica energetica in Puglia debba tradursi in atti comuni e coordinati fra Regione Puglia, Province e Comuni.
Le Leggi nazionali per la liberalizzazione dell’energia e le scellerate convenzioni del 2002 e del 2003 hanno purtroppo consentito l’incontrollato esercizio delle centrali termoelettriche brindisine, ma anche quello che abbiamo chiamato “assalto alla diligenza” nella realizzazione di impianti fotovoltaici ed eolici, tanto che esistono ben 450 richieste di tali impianti sul nostro territorio.
Abbiamo chiesto più volte che le Istituzioni si impegnino con atti formali a rispettare gli obiettivi dell’Unione Europea per il 2020 e cioè la riduzione di CO2 del 20% rispetto al 1990, la riduzione di consumi e produzioni di energia elettrica del 20% attraverso investimenti in favore dell’efficienza e del risparmio energetico e del raggiungimento della quota del 20% su tali produzioni, mediante fonti rinnovabili. Abbiamo anche indicato in un massimo di 40 Twh (miliardi di chilovattore) la produzione massima di energia elettrica che la Puglia dovrebbe assicurare ai consumi nazionali e, di consenguenza, in 8 Twh (20%) la produzione minima da fonti rinnovabili.

Siamo di fronte, invece, ad una profonda deregulation, e lo sviluppo delle fonti rinnovabili, che è assolutamente da incentivare, è oggi privo di controllo.
Legambiente ha sempre sostenuto che le energie rinnovabili debbano tradursi nel solare termico e fotovoltaico diffuso su edifici pubblici e privati, in impianti – anche eolici – che rendano autonomi borghi ed aree rurali ed installazioni in insediamenti in aree industriali degradate (è questa la ragione per cui Legambiente ha sostenuto la centrale fotovoltaica di Helios, sostitutiva del “mortifero” ciclo di produzione del PVC).
Oggi abbiamo una miriade di impianti in aree agricole, molti autorizzati con Dichiarazioni di Inizio Attività parcellizzate e poi accomunate in ben più consistenti parchi solari: apprezziamo quindi le dichiarazioni di quanti, quali il Presidente della Provincia ed alcuni Sindaci, preannunciano censimenti degli impianti ed il ricorso ad azioni amministrative di revisione degli iter autorizzativi passati e di blocco di quelli in corso, interessando anche l’Autorità giudiziaria, cosa che sosterremo con forza.
Nessuno degli impianti rispetta i principi indicati da Legambiente sia per quel che riguarda la scelta, assolutamente non condivisibile, di localizzarli in area agricola, sia per le procedure adottate.
Per di più, si è avuta la richiesta di realizzare tre grandi impianti fotovoltaici nel territorio di San Pancrazio (70 Mw), nell’area attraversata dal nastro trasportare del carbone (72 Mw) e in una zona limitrofa (200 Mw, espandibili fino a 500 Mw). In questo contesto è stata poi rilasciata l’autorizzazione, per la quale a livello locale si è chiesta soltanto la semplice presa d’atto, per la realizzazione di un elettrodotto ed il collegamento in rete di 1500 Mw equivalenti, provenienti dall’Albania.
Quanto sopra dimostra ulteriormente l’urgenza di azioni istituzionali incisive per riprendere, a tutti i livelli, il governo ed il controllo sulla politica energetica.
Ed è in questo senso che è fondamentale fissare i tetti di produzione indicati e, fino al raggiungimento di essi, distribuire nel territorio pugliese impianti fotovoltaici, purchè nel pieno rispetto dei principi già detti, e a condizione che siano le Istituzioni e non i privati a disporre programmazione, regole e loro concreta attuazione, ponendo decisamente fine ad una compravendita di suoli agricoli, fortemente speculativa.

Nel caso specifico di Brindisi, di fronte allo strapotere attuale delle grandi società elettriche e la “inquietante” proliferazione di impianti fotovoltaici, non bastano assolutamente i proclami, da qualunque parti essi vengano, ma occorrono interventi e soluzioni concrete.
In tal senso, come sempre, Legambiente ha precisato che non si può non ripartire dall’obiettivo di ridurre del 25%, la combustione del carbone, come previsto nel P.E.A.R. Ciò, concretamente e non a parole, si può raggiungere solamente nel pieno rispetto delle disposizioni europee, usando combustibile a più alto potere calorifero e senza tenore di zolfo (il che significherebbe meno carbone e decisamente minore inquinamento), migliorando sensibilmente l’efficienza degli impianti di combustione (aumentare l’efficienza del 10% significa ugualmente ridurre il carbone combusto ed il suo inquinamento).

Nessuno mai pensa di proporre la sostituzione di impianti termoelettrici con una equivalente potenza da fonti rinnovabili, dato che, ad esempio, sostituire l’inaccettabile centrale Brindisi nord con impianti fotovoltaici, richiederebbe circa 2000 ettari. La cosiddetta “compensazione”, di cui tanto si parla e che non corrisponde ad una automatica riduzione del carbone, può essere il mezzo attraverso il quale portare veramente l’Enel a discutere di concrete e non aleatorie riduzioni del carbone.
Alle Istituzioni, quindi, si chiede di ritrovare appieno il proprio ruolo di programmatore, gestore o effettivo controllore dell’uso sostenibile delle risorse del territorio, senza cedimenti, amnesie, vuoti di potere, ma anche mostrando la capacità, soprattutto nell’ambito delle convenzioni, di giungere a rispettare appieno gli obiettivi europei per il 2020, legando la discussione sulle compensazioni prodotte da fonti rinnovabili al contestuale e formale impegno a raggiungere una riduzione del carbone del 25%.

Doretto Marinazzo
Consigliere nazionale Legambiente


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